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Men and Chicken - Recensione (London Film Festival 2015)

Valori e affetti famigliari come non li avete mai visti, in questo film danese eccentrico, grottesco e divertente

La squadra già collaudata formata dal regista e prolifico scrittore Anders Thomas Jensen e un gruppo di attori presenti regolarmente nei suoi film porta sullo schermo Men and Chicken, un’altra eccentricità che induce dilemmi di ordine etico.
Il film inizia come una favola: “Questa è la storia di...”. Elias (Mads Mikkelsen) e Gabriel (David Dencik) sono due fratelli bizzarri con pochi punti in comune, solo un brutto labbro leporino e un aspetto, come dire, non particolarmente piacevole.
I due si attraggono e si respingono. Elias è piuttosto grezzo, vive una vita governata dai suoi istinti più basici e ha un’attrazione inquietante per l’altro sesso, mentre Gabriel è un accademico un po’ nevrotico, intelligente e colto, spesso contrariato dai modi del fratello che con la sua fastidiosa presenza gli impedisce di crearsi una vita sua e delle relazioni 'normali'.
Quando il padre di Elias e Gabriel muore, lascia loro un video testamento in cui, da una esilarante inquadratura, il vecchio rivela che non è il loro vero padre ma che in realtà sono figli di un uomo dall’evocativo nome di Evelio Thanatos. Inoltre sono anche figli di diverse madri. Passato lo shock iniziale, Elias e Gabriel si mettono in azione e scoprono che Thanatos è uno scienziato ancora vivo, di 99 anni, che ha una casa sulla remota isola di Ork. I due decidono di partire per cercare il loro padre naturale, fare luce sul loro passato e magari trovare anche le madri.
Detto fatto, si imbarcano e approdano sull’isola che appare semi-deserta, solo una quarantina di abitanti e un sindaco con la costante paranoia che qualcuno muoia o lasci l’isola e che quindi non resti nulla del suo villaggio.
La casa dove vive Evelio, misteriosamente chiuso nelle sue stanze, convalescente da una malattia, è un vecchio sanatorio (un setting veramente impressionante), mandato avanti, si fa per dire, da altri tre suoi figli, Franz (Soren Malling, un bravo attore apparso in ottimi serial danesi come The Killing e Borgen), Gregor (Nikolaj Lie Kaas) e Josef (Nicolas Bro).
Nonostante un iniziale rifiuto dei tre fratelli isolani, che menano gran mazzate a colpi di animali impagliati, mattarelli ed enormi calderoni, c’è poco da negare che i cinque siano tutti fratelli. Stesso labbro leporino, stesso aspetto fisico repellente e stessa vena di pazzia. L’istinto famigliare infine calma le acque e i due nuovi arrivati vengono accolti ed ospitati.
Qui, tra stanze occupate da oche e galline, formaggi a maturare, tori da monta e campetti di volano indoor, deve trovarsi anche Evelio, ma i tre fratelli residenti fanno di tutto per ostacolare i tentativi di Elias e Gabriel di incontrare il padre.
Se questo può sembrare bizzarro, si sappia che è solo l’inizio! I personaggi vi porteranno in gita per territori molto paludosi e il tono del film discenderà nell’humour nero, nel grottesco e inquietante, a tratti horror, ma con momenti di pura comicità. Memorabili i piatti con gli animali, la serale lettura interpretata del Vecchio Testamento e la gita all’ospizio.
Visualmente è una festa di piccoli e grandi stranezze, a partire dall’affascinante e vasta costruzione dove vivono i fratelli, e la palette di colori beige e fangosi che esalta la sensazione di “fuori dal mondo e fuori dal tempo”. Trucco e parrucco sono da Oscar, gli attori sono letteralmente irriconoscibili, anche Mads Mikkelsen, si fa veramente fatica a re-immaginarlo come il mellifluo e affascinante Hannibal.
Il film è scanzonato come uno sketch dei Monty Python e raffinato come Delicatessen, ma in modo totalmente originale.
Volendo trovare una pecca, la densità di particolari e di stranezze tende a far perdere un po’ il filo della storia e fa dubitare dove stia andando a parare, ma il finale riacchiappa la maggioranza dei fili sparsi precedentemente ed è inaspettatamente edificante.
Questo film può essere preso come un pastiche stravagante e si può vedere a cuor leggero, ma in realtà nasconde anche una presa di posizione sulla problematica etica del significato della famiglia, un tema che di solito è affrontato con gravità plutonica e qui invece con allegra sfrontatezza.

Sta a noi cogliere gli spunti lanciati dalla storia o farceli passare sopra la testa. In entrambi i casi è un’esperienza originale, 'oscena', repellente, volgare. Un vero piacere insomma!


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3.5

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Video

Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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