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Copia originale - Recensione

La storia di una falsaria letteraria in un film estremamente godibile che trova nella interpretazione di Melissa McCarthy il suo punto di forza

L’ultimo giorno dei press screenings del Festival di Londra lo scorso settembre, mi stavo preparando per entrare in sala a vedere La favorita, il film favorito (!) della giornata e che aspettavo con ansia, quando ho notato che si sovrapponeva ad un titolo di cui non avevo sentito nulla ma che stranamente ha attirato la mia attenzione. Sarà stato il presentimento che i canini di Yorgos Lanthimos stessero cominciando a perdere affilatura, sarà che tra una regina cinquantenne e una fallita cinquantenne mi sentivo più vicina alla seconda... fatto sta che in un impeto trasgressivo sono rimasta sulla scala mobile del Picturehouse, ho superato il piano gremito de La favorita e sono andata in piccionaia a vedere Copia originale (titolo internazionale Can You Ever Forgive Me?), un film diretto da Marielle Heller, basato sul libro autobiografico omonimo di Lee Israel, dove l’autrice racconta le vicende che portarono a renderla famosa come falsaria letteraria.
Siamo a New York nel 1991. Lee Israel (Melissa McCarthy) è una talentuosa scrittrice di biografie di personaggi femminili che ha avuto un discreto successo in passato, ma il genere della biografia è decisamente in declino e non vende più così bene. Poco importa quanto brava e accurata sia la scrittrice e quanto si ritenga superiore in termini di coerenza alla sua nemesi Tom Clancy, il mercato è mercato. Incattivita dalla mancanza di successo e denaro, abbandonata dalla compagna e dagli amici per colpa del suo caratteraccio, Lee si è lasciata andare ad una vita solitaria nel suo sporco appartamento newyorkese condiviso con un gatto e ad una pericolosa deriva verso l’alcoolismo. Il suo ultimo progetto, una biografia della cantante comica Fanny Brice, si trascina da un po’, tra un blocco dello scrittore e l’altro e anche la sua agente, esasperata dai modi indisponenti della sua poco remunerativa cliente, le consiglia di trovarsi un altro lavoro. Un giorno tra le carte di Fanny Brice, Lee trova una breve lettera autografa e basandosi sulla sua conoscenza dell’artista vi aggiunge un poscritto per renderla più spiritosa. Così, quasi per caso, scopre che questo genere di memorabilia è molto richiesto da collezionisti disposti a pagare bene e Lee non resiste alla tentazione di mettere a 'buon' uso il suo cinico senso dell’umorismo e la sua cultura letteraria.
Comincia così l’avventura criminale di Lee, che per la prima volta dopo molto tempo si sente gratificata e in qualche modo voluta per il suo talento e diventa abilissima a creare e vendere false lettere e note di artisti del calibro di Noel Coward, Marlene Dietrich e Dorothy Parker. Quando comincia a diventare un po’ troppo conosciuta nel giro dei compratori, la falsaria coinvolge Jack Hock (Richard E. Grant), un dandy britannico, compagno di bevute conosciuto in un bar, uno spirito festaiolo e scanzonato che spacciandosi per un ingenuo nipote che vuole disfarsi di vecchie cartacce ereditate dalla nonna, comincia a vendere con talento la produzione di Lee. Finché un bel giorno però non interviene l’FBI.
Copia originale è co-scritto da Nicole Holofcener che inizialmente era stata appuntata per dirigerlo e il ruolo di Lee era destinato a Julianne Moore. In seguito la regia è stata affidata a Marielle Heller e il cast è stato ripensato. A cose fatte sembra impossibile immaginare una diversa attrice (tanto meno la Moore!) nel ruolo di Lee che sembra cucito addosso a Melissa McCarthy. Ho sempre pensato che fosse una brava attrice e questa parte ne evidenzia il grande talento a volte mortificato da sceneggiature mediocri. Il film si affida pesantemente a lei ovviamente e la McCarthy costruisce con grande professionalità una donna tutt’altro che amabile. Caustica, ossessiva, sporca, maleducata e rabbiosa, Lee nasconde una gran paura del fallimento e dell’incapacità di costruire qualcosa di stabile nella sua vita, ma nonostante questo c’è una simpatia intrinseca che ci impedisce di detestarla e ci fa quasi credere con lei che il suo sia un vero e proprio talento letterario piuttosto che una mera truffa.
Gran parte del film inoltre vede Lee alle prese con Jack e i loro dialoghi, supportati da una innegabile alchimia tra i due interpreti, sono una continua valanga di battibecchi tra il comico e il caustico. Compagni di bevute, compagni di 'bischerate' e partner nel crimine, Lee e Jack si usano a vicenda e il loro rapporto è parassitico e opportunista, più complesso e interessante di una semplice complicità. La fotografia di Brandon Trost ci riporta ad un’affascinante New York invernale di un passato non troppo remoto ma ormai distante, con i suoi bar grigi, lontani dal glamour più stereotipico, le rumorose macchine da scrivere e le belle librerie polverose, calde e disordinate; sembra quasi di sentirne l’odore.

Copia originale è un film estremamente godibile, non un capolavoro ma un'opera indipendente e originale (mi si consenta il gioco) ben scritta e interpretata, che mantiene una leggerezza di tocco senza scadere nel superficiale e che cattura l’attenzione nonostante sembri sfidare, con due interpreti di mezza età e un colpo grosso in biblioteca, ogni canone hollywoodiano di interesse e popolarità.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3.5

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Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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