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Signal Rock - Recensione (Far East Film Festival 2019)

Un film pensato per piacere e catturare l’attenzione di un pubblico ampio, ma anche una storia un po’ diversa dai canoni del cinema popolare filippino 'mainstream'

Signal Rock è il lavoro del regista filippino Chito S. Roño che è stato selezionato per rappresentare il proprio paese nella corsa alle selezioni degli Oscar per il film straniero di quest’anno. Nonostante Roño sia un noto regista dalla lunga carriera commerciale, Signal Rock narra una storia dolceamara, un po’ diversa dai generi del cinema popolare filippino 'mainstream'.
Il titolo Signal Rock si riferisce a delle formazioni rocciose vulcaniche particolari, dei picchi neri erosi dai secoli dall’aspetto minaccioso e quasi primordiale che si stagliano sul mare nel piccolo arcipelago filippino di Biri. Sono l’unico punto nell’isola su cui vive Intoy Abakan (Christian Bables) dove si riesca ad 'afferrare' il segnale per poter usare il cellulare. Il film si apre con una curiosa panoramica su questi scogli frustati dalle onde e puntellati di utenti telefonici, anime in pena con le braccia alzate in cerca si segnale e gli occhi imploranti, quasi in adorazione mistica. Stretto nella mano di Intoy un vecchio Nokia con una forchetta incollata per estendere l’antenna. Sempre lo stesso rituale, Intoy fa uno squillo e aspetta che la sorella Vicky lo richiami. Vicky, come tante ragazze dell’isola è emigrata in cerca di lavoro, nel suo caso nella lontana Finlandia ed è stata fortunata abbastanza da sposare un uomo finlandese da cui ha una figlia. Come tutte, Vicky manda parte del suo guadagno a casa, una pratica così comune che la famiglia dà per scontato quel mensile dalla Finlandia come se fosse una pensione statale. Ma un giorno da quel cellulare rabberciato arrivano cattive notizie. Vicky se n’è andata da casa e vuole lasciare il marito, rivela che l’uomo è violento e la tradisce e le vuole portare via la bambina. L’unica possibilità che Vicky ha di vincere la custodia della figlia è quella di dimostrare al giudice di essere autosufficiente e in grado di mantenere la bambina. Intoy è sconvolto, servono prove, cifre e conti bancari, ma i loro genitori sono anziani e nessuno della loro famiglia ha un lavoro vero e proprio, perché, in fondo, sull’isola si era riusciti a tirare avanti dignitosamente con i pochi soldi che mandava Vicky. Intoy, dal canto suo, si barcamena tra lavoretti di DJ e tuttofare e di certo non può aiutarla materialmente, possiede però una simpatia, un carattere accattivante che lo aiuteranno a orchestrare un piano e una collezione di favori dagli isolani per mettere in scena una facciata benestante e cercare di salvare sorella e nipote.
Signal Rock è senza dubbio un film pensato per piacere e catturare l’attenzione di una fascia di pubblico estesa sia in verticale che in orizzontale, non per niente era stato presentato alla categoria film stranieri degli Academy Awards. Detto questo, il film riesce però a mantenersi a galla più che dignitosamente, senza scivolare in eccessivo sentimentalismo. Il buon cuore degli isolani è sicuramente un viatico per sottolineare l’importanza della comunità e delle relazioni umane ed è divertente il contrasto di questo fitto tessuto connettivo con la volatile connessione telefonica sull’isola che ha quasi più a che fare con la stregoneria che con la tecnologia. Ma le motivazioni che portano gli isolani ad aiutare la famiglia Abakan sono anche basate su una certa dose di opportunismo che provvede il lato comico e smaliziato della narrazione. Una delle cose migliori di Signal Rock è infatti quella di osservare con grande ampiezza di vedute i propri personaggi. Come nell’hongkonghese Still Human, l’emigrazione delle ragazze filippine verso un sogno di lavoro e gratificazione economica è un punto chiave. Qui però siamo dalla parte di quelli che rimangono ed è in qualche modo un punto di vista nuovo che spesso non si considera. Roño ha invece voluto narrare anche la rabbia rassegnata e la frustrazione dei ragazzi che restano e la connivenza delle famiglie che spingono le ragazze e le incoraggiano a matrimoni di convenienza. Intoy stesso vede sfuggirsi tra le mani la ragazza Rachel (Flora Espano), spinta dal padre verso questo ipocrita mercato. Sono proprio questo sapore dolceamaro, questo punto di vista diagonale e una fine non troppo prevedibile che sollevano di un gradino Signal Rock dalla laguna spesso stagnante dei 'film da Oscar'.
Le due ore di durata non pesano perché i personaggi sono tanti e non ci sono grosse cadute di ritmo, ma una sfoltita qui e là non avrebbe danneggiato la narrazione, piuttosto l'avrebbe resa più agile. Infatti un paio di storie accennate e lasciate irrisolte confondono un po’ e sinceramente non se ne sarebbe sentita la mancanza se fossero rimaste in sala montaggio.
Come per il piano ambizioso di Intoy, anche il film è fortemente facilitato dal 'charm' benevolo del ragazzo e del suo interprete. Intoy mi ha ricordato lo Yonosuke del film di Okita del 2012, entrambi dotati di un fascino semplice e un carattere accattivante ma con anche un risvolto oscuro, come una nota di dolore. L’attore Christian Bables, ospite al Far East Film Festival 2019, sembra avere un talento fresco e naturale e, nonostante la giovane età, è già una celebrità in patria.

Signal Rock è un film piacevole, ben recitato, girato in una natura meravigliosa e con buoni spunti di riflessione misti a qualche risata.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

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Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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