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Madonna - Recensione (London Film Festival 2015)

Madonna è l'ultimo film della regista coreana Shin Su-won, presentato con buon successo a Cannes nella sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes 2015. E' un film realizzato con fondi limitati che racconta una storia molto intima su uno sfondo di tematiche sociali che pesano sulla coscienza comune della Corea del Sud

Hae-rim (Seo Young-hee) è un’infermiera di 35 anni che lavora in una clinica privata, nell'ala VIP, dove pazienti molto ricchi pagano cifre da capogiro per essere curati e ospitati in stanze degne del Grand Hotel. Ad un paziente in particolare viene riservato un trattamento speciale: un anziano imprenditore e maggiore azionista della clinica, completamente paralizzato da un infarto ed in uno stato vegetativo da 10 anni. Il magnate viene tenuto in vita in tutti i modi dal figlio Sang-woo (Kim Young-min) che paga una fortuna per le cure e il 'mantenimento'. Le ragioni dietro questo attaccamento di Sang-woo alla vita del padre sono meno nobili di quanto si possa immaginare. Il padre infatti ha già disposto nel testamento di donare tutto il suo patrimonio in beneficenza e di conseguenza alla sua morte per Sang-woo la festa sarà finita.
Il vecchio ha già avuto svariati trapianti di cuore, che continuano a fallire, e trovare donatori per questa inutile operazione diventa sempre più difficile per vie lecite. I medici della clinica sono complici di tutto ciò, forzati dall’arrogante Sang-woo e dalla pratica considerazione che in fondo è proprio il vecchio che paga i loro lauti stipendi.
Ma ecco che arriva in clinica un candidato ideale per il trapianto, qualcuno che forse nessuno reclamerà, una prostituta, Mi-na, soprannominata Madonna per il seno ampio e l’aspetto matronale, malmenata al punto da essere ridotta in coma e per di più in stato di avanzata gravidanza. Sang-woo manda Hae-rim sulle tracce di Madonna, per scoprire se abbia legami famigliari che possano impedire lo sciacallaggio pianificato sul suo cuore e soprattutto se ci sia un padre del bambino che la ragazza porta in grembo.
Hae-rim ha solo il cellulare di Mi-na e comincia a contattare le poche persone le cui vite hanno incrociato quella della ragazza: la nonna, unico vero affetto ma ormai malata di demenza e qualche collega di buon cuore nei precedenti lavori di Mi-na. Con l’aiuto di flashback noi e Hae-rim mettiamo insieme come in un puzzle la vita di Mi-na, una ragazza sola a cui la vita ha dato molto poco e a cui Hae-rim comincia ad attaccarsi ossessivamente, forse nel tentativo di riconciliarsi con il proprio passato macchiato da un gesto atroce.
Madonna procede con passo lento e inesorabile verso una fine un po’ troppo strappalacrime, cosa piuttosto frequente nei film coreani e che sicuramente risponde ad un bisogno nazionale. Ma lacrime a parte, il film mette molta carne al fuoco, troppe tematiche si sovrappongono, il mercato di organi, la prostituzione, il fallimento del sistema scolastico, il problema del lavoro temporaneo (quasi tutto femminile), la bestialità contro le donne, la disparità sociale, l’eutanasia, le molestie sessuali nei posti di lavoro... insomma alla fine tutto appare appena sfiorato, solo uno sfondo confuso in cui si muove Hae-rim.
Seo Young-hee con tenacia ci mostra la stessa espressione per tutto il film, ovvero quella di una persona a cui sia appena morto il gatto, e anche Kim Young-min e Byun Yo-han, nel ruolo dell’unico medico giovane e con un briciolo di coscienza, sono blandi a dir poco. La vera star del film è Kwon So-hyun il cui ritratto di Mi-na, una ragazza sola, sovrappeso, emarginata che riesce a trovare un poco di falsa ma confortante accettazione nel sesso fugace con qualche maiale di turno, è veramente coinvolgente e convincente. L’attrice, che aveva solo interpretato ruoli comici minori e mai nel cinema, ha davvero tirato fuori le unghie questa volta - a partire dal mettere su peso, una cosa, a detta della regista, improponibile alla maggioranza delle attrici coreane - e merita di continuare ad avere ruoli consistenti.

L’impegno di Kwon So-hyun non basta però a salvare un film a cui manca uno scheletro solido di sceneggiatura e la cui storia fa acqua qui e lì. Un peccato perché vi si legge un onesto impegno e determinazione della regista Shin Su-won, ma dopo i titoli di coda si esce dalla sala pensando che la sfortunata Mi-na/Madonna avrebbe meritato una vita migliore ma anche un film che le rendesse miglior giustizia.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 2

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Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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