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Last Flag Flying - Recensione (London Film Festival 2017)

Ricordi, rimpianti, rimorsi e parecchi momenti comici nel doloroso viaggio di Bryan Cranston, Steve Carell e Laurence Fishburne con cui Richard Linklater affronta le ferite delle guerre di ieri e di oggi

Il regista statunitense Richard Linklater è presente al London Film Festival 2017, fuori concorso, con un film per il quale ha lasciato da parte la sua 'comfort zone'. Last Flag Flying, che ha aperto il New York Film Festival pochi giorni fa, è un film prodotto da Amazon Studios ed è basato su un romanzo di Darryl Ponicsan che Linklater ha adattato riscrivendolo insieme all’autore, una specie di seguito ideale della pellicola di Hal Ashby del 1973, L’ultima corvè (anch’esso da un romanzo di Ponicsan), dove i giovani ed energetici Jack Nicholson e Otis Young scortano un marinaio destinato al carcere. Sebbene i nomi siano cambiati, si intravedono i tre protagonisti dell’epoca, i loro caratteri e peculiarità.
È il 2003, Sal (Bryan Cranston) è un veterano del Vietnam e gestisce con poca cura un caotico bar in Virginia. Quando una sera si vede arrivare il suo vecchio compagno d’armi Larry, detto Doc (Steve Carell), subito pensa ad una rimpatriata goliardica per rinvangare 'i bei vecchi tempi', e ancor più quando Doc lo porta in una chiesa vicina dove scopre che un altro vecchio commilitone Mueller (Laurence Fishburne), detto Mad Dog, è ora diventato un predicatore. Questo scatena l’ilarità dissacrante di Sal mentre i tre si riconnettono durante la cena, ma l’atmosfera goliardica è ben presto raffreddata dalla rivelazione del vero scopo della visita di Doc. L’uomo che ha già perso recentemente la moglie, ha appena ricevuto la notizia che il figlio è stato ucciso in Iraq mentre serviva il Paese ed è in procinto di recarsi alla base di Arlington per vedere il corpo del figlio. Doc chiede aiuto ai suoi vecchi compagni per assisterlo in questo doloroso viaggio e i tre, che non si vedono da una trentina di anni, iniziano quindi un 'road trip' in cui si snoccioleranno ricordi, rimpianti, rimorsi e parecchi momenti comici. Una volta alla base militare di Arlington però, scoprono che il ragazzo è morto in una situazione molto meno eroica di quella raccontata dalle autorità e con risentimento decidono di portar via la bara e dare al ragazzo un funerale civile (non militare) e una sepoltura a casa.
La storia, come in molti film di Linklater, è un pretesto per far dialogare i personaggi. C’è un accenno di drammatizzazione narrativa quando il Colonnello della base, con ira caricaturale, ordina al soldato Washington, che scorta la bara verso casa, di riportarla alla base a qualsiasi costo, il che sembra anticipare una qualche azione, soprattutto quando i tre vecchi compagni si allontanano per una notte dalla bara, ma in realtà nulla ne segue e tutto cade nel vuoto, in modo totalmente inspiegato.
I tre personaggi principali sono interpretati da un trio di grandi attori. Carell è molto a suo agio nel ruolo del timido e malinconico Doc, una parte che l‘attore si è cucito addosso, perfezionandola in tutta la sua carriera e che quindi interpreta in automatico con gran facilità, senza nulla togliere all’efficacia. Cranston è istrionico nei panni del veterano che ne ha fatte di tutti i colori e che è costantemente polemico e dissacrante ma con il cuore grande, ed è il fulcro comico del film, ma a volte esagera un po’ rendendo certe scenette più simili ad un serial televisivo che non ad un film di LinklaterFishburne invece ha una più sottile comicità che nasce da un atteggiamento alla Dr. Jekill e Mr. Hyde, il rifiuto di un passato da Mad Dog e l’impossibilità di reprimerne totalmente il riaffiorare.
I rimuginamenti dei personaggi lungo il viaggio avanti e indietro, vanno dalle considerazioni sul conflitto del Vietnam, ai ricordi di goliardia marines, al dolore di un’intera vita segnata da quell’esperienza, il tutto con il comune denominatore del contrasto di sentimenti riguardo alla guerra, la patria, il corpo dei Marines e soprattutto il ruolo delle istituzioni.

Non si può certo dire che Last Flag Flying brilli per originalità: guardandolo si ha l’impressione di ripercorrere tanti topos di vecchi film statunitensi, un po’ come fosse una top ten dei temi più amati dal pubblico: i buddy movies, i veterani goliardici, gli amici invecchiati che si rivedono per una qualche missione, i viaggi sull’Amtrak con improbabili compagni di viaggio, e via dicendo. Tutto ciò rende il film guardabile e anche godibile, è molto ruffiano e due risate si fanno, ma sinceramente ci si può aspettare di meglio da Linklater. Soprattutto mancano quei dialoghi e quelle situazioni così naturali dove il regista, in passato, ci ha fatto sentire come fossimo una presenza invisibile nella vita dei protagonisti e che sembrano essere la sua specialità. Dispiace dirlo, ma Last Flag Flying non è un film memorabile.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 2.5

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Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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