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Il Club - Recensione

Il Club - 2015 - Film - RecensioneBenvenuti nel club degli uomini sporchi, mantenuti in una purgatoriale salamoia lontano dagli occhi e dal cuore della Chiesa Madre, nell’ultimo film del regista cileno Pablo Larrain

Pablo Larrain, dopo la cosiddetta Trilogia di Pinochet (Tony Manero, Post Mortem e No), torna ad usare il suo tono originale e pungente per esplorare il territorio difficile e sfocato degli abusi della Chiesa Cattolica ne Il Club, un film che potrebbe anche essere letto come allegoria di una società tarata da omertà, inganno e menzogna.
Sabbia nera, cieli neri, mare nero ed una casa gialla vicino al mare freddo della costa cilena.
Quattro uomini non più giovani ed una donna che si prende cura di loro. Mangiano insieme, passeggiano, allenano alla corsa Rayo, il loro bel greyhound purosangue e partecipano alle gare canine.
Ma questo è ben altro che un club di gentiluomini e la breve illusione viene sfatata molto presto nel film dall’arrivo di un quinto uomo. Scopriamo allora che la casa gialla è un luogo di penitenza ed espiazione per preti che hanno commesso degli abusi o delle azioni ritenute riprovevoli dalla Chiesa e la donna è una suora, compassionevole carceriera, anch’essa con una ombra nera nel passato.
Il nuovo ospite del club ben presto diventa la miccia per un'esplosione che sconvolge l’apparente tranquillità del gruppo che improvvisamente si trova scrutinato da Padre Garcia, un prete gesuita moderno e di bella presenza, mandato dalla Chiesa come ispettore per fare chiarezza ed eventualmente chiudere 'la casa'.
Tuttavia le cose potrebbero anche rimanere così come sono sempre state in questo immobile Purgatorio, se non fosse per la fastidiosa presenza in paese del pescatore Sandokan, una vittima profondamente danneggiata dagli abusi, che non vuole tacere e che vaga sciorinando come un rosario indecente tutti gli atti vergognosi che ha dovuto subire da bambino.
Come bestie nel fango che dibattendosi continuano ad infangarsi, i personaggi non riescono a venirne fuori e la ferocia dell’ultimo disperato espediente tramuterà beffardamente il Purgatorio in Inferno.
Larrain ci regala una panoramica sulle tante sfaccettature del marcio e grandi momenti di viscidume, come le dita di Padre Garcia che carezzano l’orecchio di Sandokan consolandolo. I dialoghi sono densi e affilati anche se sparsi e la sua tipica vena di umore nero anche  stavolta è presente all’inizio del film ma si va attenuando verso la fine. Il Club è rabbioso ed inquietante soprattutto perché non salva nessuno, tutti sono colpevoli e allo stesso tempo meno colpevoli di altri, un’ambiguità che rende difficile aggrapparsi a qualche saldo appiglio morale.
Larrain che con Il Club ha vinto il Gran Premio della Giuria al Festival di Berlino 2015, dirige nel suo stile ben consolidato gli attori, tutti bravissimi e intensi. Anche in questo film c’è il suo attore feticcio Alfredo Castro nel ruolo più loquace e tormentato di Padre Vidal, mentre la suora, ambigua e angelica, è una fantastica Antonia Zegers, moglie del regista.

La malinconica fotografia convoglia perfettamente l’atmosfera sinistra e algida del paesaggio e della cittadina costiera dimenticata dagli uomini e (soprattutto) da Dio.
Il Club è un film asciutto come una frustata ben assestata e che coglie nel segno. Eccellente!


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 4

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Video

Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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