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Lean on Pete - Recensione (Venezia 74 - In concorso)

Andrew Haigh porta sullo schermo la realtà di una vita ai margini di un’adolescenza senza punti di riferimento

Charley è un quattordicenne giunto da poco a Portland. Non ha una vita da adolescente come i suoi coetanei: la madre lo ha abbandonato, il padre è un donnaiolo impenitente e girovago senza un lavoro stabile, a casa il cibo scarseggia e la scuola non è tra le sue attività quotidiane. Dopo che il padre muore a causa di un’aggressione per mano del marito della sua ultima fiamma, il ragazzino intraprende un viaggio da solo per raggiungere l’unica persona che potrebbe aiutarlo a evitare l’affidamento ai servizi sociali: una zia che vive nel Wyoming. Ad accompagnare Charley c’è Lean on Pete, un cavallo a cui il giovane si è affezionato mentre lavorava in nero per conto di un vecchio allevatore di cavalli.
Andrew Haigh porta sullo schermo la realtà di una vita ai margini di un’adolescenza senza punti di riferimento, abbandonata a se stessa, con un film a tema impeccabile nel suo svolgimento tanto quanto avaro di emozioni. Cinema di scrittura più che di immagini: un bel compitino, svolto con mestiere, privo però di un guizzo cinematografico in grado di dare profondità alle emozioni.



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