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11 minutes - Recensione (Venezia 72 - In concorso)

11 minutes porta a Venezia un complesso mosaico di coincidenze e fatalismo dai risvolti quasi metafisici. Molte ingenuità ma anche un fascino innegabile

Jerzy Skolimowski torna in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia esattamente cinque anni dopo il Premio Speciale della Giuria ottenuto con Essential Killing. Questa volta il celebre autore polacco presenta una pellicola per certi versi sperimentale, che affronta con disturbante ed enigmatico fatalismo l’idea di destino all’interno delle nostre esistenze.
La storia di 11 minutes si concentra su pochi minuti (quelli del titolo) della vita di alcune persone, esplodendoli in un articolato arco narrativo fatto di linee temporali sovrapposte e intrecciate. Le vicende dei protagonisti non sono singolarmente interessanti o particolarmente originali, ma traggono forza dalla loro giustapposizione. In una rapida carrellata vengono presentati i principali personaggi, fra cui troviamo un marito geloso e possessivo, sua moglie aspirante attrice alle prese con un provino poco ortodosso, un regista non proprio professionale e un pedofilo tornato in libertà che ora fa il venditore di hot dog. Sembra non ci sia alcun nesso fra questi individui apparentemente estranei e distanti, ma nel breve intervallo che intercorre fra le 17.00 e le 17.11 qualcosa di tragico e inaspettato li unirà tutti improvvisamente.
Jerzy Skolimowski ha dichiarato di aver concepito il suo film a partire dal finale, procedendo a ritroso per dare spessore e profondità alla trama. Questo processo di astrazione si nota per via delle evidenti reticenze e lacune nella sceneggiatura, disseminata di elementi già abbondantemente visti in pellicole che affrontano il tema della moltiplicazione dei punti di vista. Anche la caratterizzazione dei personaggi è spesso approssimativa e carica di cliché, ma non costituisce l’elemento discriminante del lungometraggio. Quello che contraddistingue 11 minutes è invece un processo continuo di iterazione, che dona al film una struttura simile ad un frattale in cui ogni frammento racchiude in sé l’intera vicenda, mettendo in scena una vertigine cinematografica in cui tutti i percorsi intrapresi dallo spettatore sono autosomiglianti. L’argomento nel suo insieme non è particolarmente innovativo, ma l’alone trascendente di imperscrutabile inevitabilità che permea l’intera opera crea un’atmosfera sospesa di indubbio fascino.
Tecnicamente Skolimowski fornisce una robusta prova di regia, sostenuta nel suo elaborato gioco di composizione da una fotografia spesso abbacinante. Vengono alternati con una certa abilità e un efficace senso estetico inquadrature inaspettate, virtuosi movimenti di camera e un uso del rallentatore che sembra giocare con l’idea di causalità. A settantasette anni compiuti, infatti, il regista dimostra di essere ancora in grado di sperimentare indagando gli aspetti caotici dell’esistenza: lo fa cambiando il mezzo (come per le immagini acquisite da diversi dispositivi video all’inizio del film), esasperando in maniera crescente la colonna sonora di Pawel Mykietyn e amplificando gli effetti acustici fino a ottenere un risultato straniante e disturbante. Nell’universo meccanicistico riprodotto da Skolimowski le coincidenze ineffabili della vita si mescolano ad interpretazioni metafisiche che si insinuano di sfuggita fra i fotogrammi, suggerendo che il solo deus ex machina (da presa) accettabile sia lo schermo, su cui ogni cosa è contemporanea.
Sostanzialmente ininfluenti e poco incisive le interpretazioni degli attori, che si limitano a mettersi al servizio del gioco di incastri concepito dall’autore.

Pur nella sua scarsa originalità 11 minutes offre momenti di Cinema rigorosamente schierato, forse non sempre pienamente riusciti, ma in grado comunque di colpire lo spettatore attraverso una potente esperienza sensoriale. 


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

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Simone Tricarico

Pensieri sparsi di un amante della Settima Arte, che si limita a constatare come il vero Cinema sia integrale riproduzione dell’irriproducibile.

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