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Train to Busan - Recensione

Train to Busan - Film - 2016 - Yeon Sang-ho - RecensioneGrazie al Frightfest, un ricco festival londinese dedicato al genere horror, siamo riusciti a vedere il film sudcoreano che era apparso in prima mondiale al Festival di Cannes 2016 e che sta collezionando record di incassi in patria, a Hong Kong e in molti botteghini in giro per il mondo

Train to Busan è l’esordio 'live action' del regista Yeon Sang-ho, che finora aveva portato sugli schermi dei film di animazione come The King of Pigs che si erano distinti per il sapore noir, molto adulto e soprattutto molto legato alla cultura della Corea del Sud. Il regista, inoltre, non contento di aver realizzato il più originale esempio di blockbuster-zombie-thriller coreano, completa il pacchetto con l’uscita quasi contemporanea del prequel animato, Seoul Station, che getta le basi della storia ripresa poi in Train to Busan.
Seok-woo (Gong Yoo) è un giovane fund manager, impiego diventato ormai sinonimo di arrivismo, avidità ed egoismo, che è troppo immerso nel suo lavoro per prendersi cura della sua vita personale. Poche scene iniziali, senza entrare in dettagli ci fanno capire che Seok-woo è divorziato, con una bambina e quando è il suo turno di stare con la figlia Soo-an (la piccola e bravissima Kim Soo-ahn) difficilmente riesce a ritagliarsi del tempo per qualche momento di dedizione e affetto per la bimba che è invece lasciata alle cure della nonna. Quando Soo-an, delusa e in lacrime, esprime il desiderio di tornare dalla mamma a Busan il giorno del suo compleanno il padre, oberato dal senso di colpa per averla trascurata, decide di accantonare il lavoro per un giorno e di accompagnarla in treno.
La linea Seoul-Busan è una linea ad alta velocità che impiega circa tre ore per unire le due città più importanti della Corea del Sud (un po’ come un Frecciarossa Roma-Milano) ed è sempre pieno di pendolari assonnati e conformi, quasi degli zombie romeriani. Sul treno cominciamo a conoscere quelli che, oltre a Seok-woo e la figlia, saranno i personaggi in evidenza nella storia: c’è un gruppo di ragazzi di una squadra di baseball e la loro cheerleader; due anziane sorelle; un uomo d’affari di mezza età, tipico personaggio invischiato nella politica, arrogante ed egoista; ed una coppia formata da moglie incinta con marito (Ma Dong-seok) sempliciotto ma affettuoso che subito incarna l’opposto sociale e morale di Seok-woo. Ma piccoli dettagli ci fanno capire che qualcosa di molto strano sta succedendo a Seoul, mentre i passeggeri ignari si apprestano ad iniziare il loro viaggio di mattina presto. Una perdita di materiale tossico ha scatenato un’epidemia di zombismo che sta velocemente dilagando per il Paese e presto i passeggeri ne avranno un assaggio.
La storia di Train to Busan attinge a piene mani ai classici plot di film d’azione e horror, di sotto-genere epidemie, zombie, disastri ferroviari e come molti film di zombie è anche una metafora più o meno sottile di qualche aspetto malato della società. L’accento qui è sulla piaga dell’opportunismo e dell’avidità e il film sottolinea l’urgenza di collaborare e di non dimenticare il bene comune nei momenti di crisi, quando solo la compassione può salvarci. L’orrido personaggio dell’avido businessman è lì a mostrarci le miserie dell’animo umano e a quali bassezze si possa arrivare quando si pensa solo a se stessi, mentre la bambina è ovviamente l’istinto innocente all’altruismo, scevro da sovrastrutture legate al denaro e al potere.
Il ritmo del film è serratissimo e non molla mai la tensione. Il treno è un ottimo vettore di claustrofobia per la sua ovvia struttura; per andare da A a C bisogna passare inevitabilmente per B e da questa premessa si sviluppa il grosso dell’azione, con qualche rimando alla famosa scena del corridoio di Old Boy e al più ovvio Snowpiercer. Gli zombie sono cattivissimi, non i sonnolenti manichini di molti altri film di questo genere, ma delle marionette impazzite e rabbiose. Sono veloci, spietati e soprattutto tantissimi. Non manca, come in ogni buon film coreano, l’attimo delle lacrime verso la fine, ma il film è alleggerito anche da genuini e catartici momenti comici.

Nonostante la conformità ad un genere ultimamente molto abusato, il film non scade mai nel trito e non lascia nessun retrogusto stantio di 'già visto'. Train to Busan non delude e consegna esattamente ciò che promette, un viaggio mozzafiato e memorabile, in prima classe.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3.5

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Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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