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Mr. Holmes - Il mistero del caso irrisolto - Recensione

Sherlock Holmes torna sul grande schermo con un film che lo vede alle prese con il rarefarsi di quel suo guizzante ingegno deduttivo

Proprio quando sembrava che Sherlock Holmes fosse stato riproposto fino al limite del riproponibile ecco arrivare nei cinema un’altra interpretazione dell’amato detective.
E proprio quando pensavi che avresti odiato quest’ultima versione ecco che devi ricrederti a denti stretti.
Mr. Holmes di Bill Condon è un racconto della senilità di Sherlock Holmes alle prese con il rarefarsi di quel guizzante ingegno deduttivo che lo ha reso uno dei personaggi della letteratura più resilienti e adattabili ai viaggi temporali dando il via ad un esercito di cloni e all’onnipresente sub-genere anatomopatologico.
A vestire i panni dell’istrionico personaggio è questa volta l’attore britannico Ian McKellen, che all’età di 76 anni interpreta con altrettanta istrionicità le duplici stagioni di Holmes rappresentate nel film, i 93 anni del presente e una mezza età indistinta nei ricordi.
Il film infatti ricorre alla tecnica dei flashback per la narrazione, una scelta che a volte lascia un’ombra di mal di testa ma che a pensarci si sposa bene con il tema della senilità, del rincorrere i ricordi e della graduale e inarrestabile perdita della memoria.
Nel 1947 Holmes ha 93 anni e vive ritirato nella bella campagna del Sussex dove si dedica all’apicoltura ed è aiutato in casa da una governante (Laura Linney) e il di lei figlio, un bambino curioso e intelligente con il quale Holmes si trova molto più a suo agio che con gli altri adulti che lo circondano e ai quali non risparmia i suoi capricci di vecchio brontolone. Nonostante l’età ha appena intrapreso un faticoso viaggio in Giappone per cercare una rara pianta che pare aiuti e rigeneri le funzioni del cervello, accompagnato in loco da Umezaki, un amico apicoltore (Hiroyuki Sanada).
Holmes ora, in Sussex sta scrivendo una storia basata sull’ultimo caso di cui si è occupato. Questa volta è lui che scrive, non Watson. Holmes è infastidito dalla versione folkloristica con pipa e Deer Stalker (l’iconico cappello) che il suo aiutante ha creato suo malgrado e vuole disperatamente che il suo racconto sia vivido e reale.
Tutto era cominciato quando un uomo preoccupato per la moglie lo aveva interpellato. Nei flashback vediamo Sherlock Holmes elegantissimo seguire la donna misteriosa nelle vie di Londra, negozi e parchi ed eventualmente confrontarla esibendo i suoi ben noti giochi di prestigio deduttivo. Ma Holmes fa fatica a ricordare i dettagli e soprattutto non ricorda perché questo caso lo segnò così profondamente e personalmente lasciando una profonda cicatrice di dolore.
È questo il vero ultimo caso di Sherlock Holmes, cercare indizi nella memoria, interrogare la sua anima, seguire le tracce di ciò che rimane di sé.
Ian McKellen potrebbe essere da solo un buon motivo per vedere questo film, guardarlo recitare è puro piacere anche se purtroppo il doppiaggio, per quanto possa essere ben fatto, priverà il pubblico Italiano della magnifica recitazione sottotono, la bella voce autoritaria leggermente impastata e un accento britannico che difficilmente si ascolta più nemmeno in Gran Bretagna.
Laura Linney nel ruolo della governante è strepitosa ed è un peccato che sia una di quelle attrici bravissime che sono però rimaste sempre in un purgatorio pre-stellare.
Hiroyuki Sanada è bravo come al solito, ma una scelta decisamente banale visto che sembra essere diventato il solito sospetto giapponese dei film occidentali.

C’è da dire che la doppia serie di flashback, quelli che raccontano il caso di parecchi anni prima e quelli del più recente viaggio in Giappone, rendono la storia troppo fumosa e rischiano di strapazzare il film. In più, un terzo piccolo mistero casalingo da risolvere sembra buttato nella mischia senza troppa considerazione e sinceramente si poteva evitare.
Ma in generale il film è molto piacevole e contiene tutti gli elementi della britannicità che piacciono molto non solo al continente ma anche ai britannici stessi, senza mai scadere nello stereotipo banale.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

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Video

Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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