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Ted 2 - Recensione

Seth MacFarlane firma un sequel sboccato e irriverente che gioca con gli stereotipi della cultura americana. Citazionista, volgare, sgangherato e molto meno pungente di quanto voglia sembrare

A circa tre anni di distanza dal primo capitolo torna in sala Ted, l’orsetto che ha preso miracolosamente vita acquisendo però anche il peggio della natura umana (vizi, eccessi e cattive abitudini). Questa volta il piccolo protagonista decide di adottare un bambino per rinsaldare il matrimonio in crisi con la compagna appena sposata. La richiesta inusuale innesca una serie di procedimenti burocratici che portano alla negazione dello status di persona all’orsacchiotto, che vede così improvvisamente negati tutti i suoi diritti e sogni di integrazione. Con l’aiuto dell’amico John (Mark Wahlberg) e dell’inesperta avvocatessa Samantha (Amanda Seyfried), Ted intenta causa allo stato del Massachusetts per vedere riconosciuta la sua identità ed essere finalmente trattato con dignità e non come un mero oggetto.
Seth MacFarlane parte da uno spunto molto esile per mettere in piedi una sequenza disarticolata di situazioni surreali altamente volgari e politicamente scorrette. La sceneggiatura affronta tutti i cliché del cinema di genere per poi demolirli uno ad uno, passando dal legal drama alla commedia romantica e alternando momenti di continuità narrativa ad altri di puro delirio farsesco. Rispetto alla prima pellicola si avverte molto di più l’influenza dell’esperienza televisiva (da I Griffin ad American Dad!), con un uso frequente dei salti temporali e una tendenza marcata alla frammentazione (flashback, inserti musicali, cambi rapidi di registro). Tuttavia non c’è un vero spirito dissacrante ed anarchico nella mescolanza (spesso indigesta) di scene e situazioni al limite del buon gusto che si susseguono, ma piuttosto una certa furbizia nel voler trattare argomenti sensibili con una impertinenza volutamente ostentata.
Paradossalmente, il film si prende troppo sul serio nel voler smontare alcuni luoghi comuni del Cinema americano, così come nell’affrontare tematiche delicate ed attuali con una superficialità mascherata da presunta irriverenza canzonatoria. Alcune trovate sono indubbiamente riuscite, e l’intera storia mostra un ritmo più sostenuto del primo episodio. Nonostante tutto, però, il ricorrere ancora ad espedienti ignobili e stomachevoli per innescare l’effetto comico evidenzia una debolezza sostanziale nello stile di MacFarlane. Non è un caso che per ovviare a tali limiti si ricorra spesso ad un citazionismo ridondante che strizza l’occhio ad una fetta di pubblico ben precisa: molti archetipi dell’immaginario di massa vengono proposti con sfacciata insistenza, attraverso un approccio che tramuta l’omaggio affettuoso in uno scaltro mezzo per attirare le simpatie degli spettatori più nostalgici. Ecco quindi che si moltiplicano i cameo (Jay Leno, Liam Neeson, Sam J. Jones e molti altri), i riferimenti seriali e i richiami espliciti alla cultura nerd recente.
Certe gag risultano poi talmente inerti da bloccare ogni effetto esilarante, accompagnate da scelte visive altrettanto incomprensibili e da una regia anonima. Gli unici spunti interessanti si hanno nei momenti grotteschi di pura contaminazione, in cui si gioca con il mezzo cinematografico mescolando gli stili e oltrepassando i canoni classici dei generi.
Deludente la prova del ricchissimo cast: se Seth MacFarlane presta la voce all’orsetto Ted con abilità consolidata, gli altri attori offrono invece interpretazioni assai modeste. L’inserimento di Amanda Seyfried è poco riuscito, e la presenza di Morgan FreemanGiovanni Ribisi non riscatta una recitazione complessiva in cui il personaggio più espressivo risulta, alla fine, proprio il peluche protagonista.

Ted 2 è un seguito sguaiato che strappa risate per sfinimento, un prodotto che spaccia comicità grossolana per satira corrosiva e politicamente scorretta, ma finisce per essere vittima proprio dei cliché che vuole dissacrare.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 1.5

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Simone Tricarico

Pensieri sparsi di un amante della Settima Arte, che si limita a constatare come il vero Cinema sia integrale riproduzione dell’irriproducibile.

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