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Black Mass - Recensione

Scott Cooper torna sul grande schermo con un gangster movie accademico e privo di personalità. Cast stellare e buon ritmo, ma il risultato finale è poco convincente

Arrivato alla sua terza regia Scott Cooper sembra già esser rimasto vittima di un preoccupante manierismo ruffiano e compiacente, che aveva destato qualche perplessità anche nel precedente Il fuoco della vendetta. Il percorso del giovane autore statunitense ha seguito un’involuzione inaspettata, che ha portato ad una visione sempre meno personale e più allineata, invece, a modelli cinematografici già visti e consolidati.
La storia di Black Mass ripercorre le reali vicende di Whitey Bulger (Johnny Depp), un gangster violento e sanguinario che agli inizi degli anni Settanta divenne uno dei più temibili criminali di Boston, operando all’interno di una confederazione di balordi nota come Winter Hill Gang. La pellicola segue l’ascesa e la caduta di Bulger lungo un vasto intervallo temporale di quasi quarant’anni, dagli inizi sanguinosi nel racket del gioco d’azzardo fino alla latitanza terminata nel secondo decennio degli anni duemila. La trama esplora nel dettaglio le modalità con cui il protagonista decide di diventare un informatore dell’FBI grazie alla compiacenza dell’agente John Connolly (Joel Edgerton), suo amico d’infanzia. La collaborazione deviata con la polizia federale gli fornirà la copertura necessaria per eliminare le famiglie malavitose rivali e affermare definitivamente il suo predominio sugli affari loschi della città.
La sceneggiatura di Mark Mallouk e Jez Butterworth si basa sul libro di Dick Lehr effettuando un buon lavoro di indagine e ricostruzione storica. Tuttavia, nonostante i molti riferimenti e gli spunti interessanti introdotti, lo sviluppo narrativo non va oltre una sterile cronaca (nera) dei fatti. Il personaggio di Bulger viene reso in tutta la sua dirompente schizofrenia comportamentale, sottolineando i momenti di follia e quelli più intimi di vita privata. Questa dissociazione è rimarcata anche dall’alternanza dei piani del racconto, che oscillano mescolando la dimensione corale e quella più personale. Nonostante l’abbondanza di elementi con cui arricchire potenzialmente la vicenda, non si va mai oltre la riproposizione di soluzioni già codificate e ampiamente sfruttate in innumerevoli lungometraggi dello stesso genere. Si nota quindi una certa furbizia nel volere mettere in scena con scaltrezza tutta una serie di scelte visive e formali che ricalcano in maniera sfacciata pellicole note, senza dare nessun nuovo contributo creativo.
La regia di Scott Cooper è priva di elementi realmente originali, e si limita a scimmiottare i grandi autori senza mai prendere una posizione stilistica definitiva. Si giunge al paradosso per cui i singoli aspetti della produzione sono tutti tecnicamente molto curati, ma il loro l’insieme non giunge mai ad una sintesi efficace e definitiva. Cooper dimostra una certa abilità nel dirigere (grazie anche alla fotografia pulita e funzionale di Masanobu Takayanagi), ma questa solidità è avvilita da una sensazione terribile di déjà-vu, riverberata dalla colonna sonora ricalcata su suggestioni già abbondantemente utilizzate in altri film.
Discreta la prova del cast, privo tuttavia di interpretazioni realmente significative: se per Dakota Johnson non c’erano grandi aspettative, deludono invece i ruoli in parte marginali e poco valorizzati di Benedict CumberbatchKevin BaconJohnny Depp abbandona finalmente gli eccessi burtoniani e il travestitismo fantasy per tornare a misurarsi con un personaggio intenso e sfaccettato. Forse il peso di questo confronto paralizza in parte la sua recitazione, filtrata anche dal pesantissimo trucco che più di una volta appare innaturale, creando un effetto straniante per lo spettatore.

Black Mass
 è una pellicola sostanzialmente inconcludente che, pur mostrando una confezione curata e fin troppo ricercata nel suo impianto stilistico, non offre alcuna nuova soluzione interpretativa ad un genere che si limita a sfruttare e riprodurre in maniera sterile e passiva.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 2.5

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Video

Simone Tricarico

Pensieri sparsi di un amante della Settima Arte, che si limita a constatare come il vero Cinema sia integrale riproduzione dell’irriproducibile.

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