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Too Late to Die Young - Recensione

Premiato a Locarno col Pardo d'oro, Too Late to Die Young della regista cilena Dominga Sotomayor è un delicato racconto che, attraverso le esperienze di tre giovani ragazzi, indaga sulla trasformazione della società cilena dopo la caduta del regime di Pinochet

Dopo aver vinto il prestigioso Tiger Award al Festival di Rotterdam nel 2012 con la sua opera prima De jueves a domingo, la regista cilena trentatreenne Dominga Sotomayor riceve a Locarno il Pardo d’oro per la regia con il suo secondo lavoro, Too Late to Die Young (Tarde para morir joven).
Il film, sostenuto da una prepotente nota autobiografica, è ambientato all’inizio degli Anni '90, subito dopo la riacquistata democrazia in Cile, ed è focalizzato su una comunità che vive lontano dalla città, a contatto con la natura. La storia si sviluppa soprattutto intorno tre figure, due adolescenziali (Sofia e Lucas) e un’altra ragazzina ancora più giovane (Clara).
In un'atmosfera da estate piena assolata e rilassata seguiamo i turbamenti che scuotono i tre protagonisti: l’amore e la scoperta della sessualità per Sofia, la gelosia e il senso di amore non ripagato per Lucas, l’affannosa ricerca del cane scomparso per la piccola Clara. Soprattutto il personaggio di Sofia sembra essere quello che la regista ama di più, delineandole i tratti in maniera molto marcata e descrivendo la sua insoddisfazione per la mancanza della madre che è rimasta in città. Siamo intorno alle festività di Capodanno e la comunità si anima per organizzare la festa. Sofia però attende solo che venga la madre a prenderla e sottrarla alla convivenza obbligata con un padre con cui è in aperto conflitto, nel frattempo scopre l’attrazione per un ragazzo più grande di lei che si trasforma ben presto in vero e proprio turbamento amoroso.
Questa è la facciata di Too Late to Die Young, un film che potremmo definire in maniera frettolosa un coming of age, ma nella pellicola non sono solo gli adolescenti a cambiare, probabile metafora: quello che la regista descrive è il cambiamento di un Paese intero, anestetizzato dai lunghi anni del regime di Pinochet e quindi reso timoroso per il futuro, incerto sulla strada da intraprendere. Va detto che la lettura politica è molto delicata, sotto metafora appunto, dai toni rilassati e quasi da racconto fantastico, anche perché la regista di fatto ha vissuto, in età tenerissima, sotto gli ultimi brandelli della dittatura.
Nel descrivere con molto garbo e leggerezza l’evoluzione dell’adolescenza e le scelte isolazioniste ma non settarie degli appartenenti alla comunità, Dominga Sotomayor costruisce un racconto delicato, pacato, privo di scelte estreme che guarda al futuro e alle difficoltà a sapersi adeguare di chi cerca un rifugio dalle incertezze ma che scopre a proprie spese che nessun luogo è libero da pericoli. L’atmosfera che deriva dalle scelte di regia di Dominga Sotomayor è pervasa di nostalgia, da un senso di sospensione del tempo, da una semplicità di sentimenti e di emozioni che, tranne in qualche occasione, mantengono un equilibrio che evita al film di avventurarsi in pericolosi percorsi ovvi e facili. In tal senso la scelta del premio assegnato al film per la regia è il riconoscimento dello sforzo da parte di Dominga Sotomayor di confezionare un lavoro che abbia proprio nella direzione il suo punto forte e che si esprime in un equilibrio narrativo, nella giusta costruzione delle atmosfere, nell’attento utilizzo delle metafore e nel fluire placido dei sentimenti.

Sebbene nel cast siano presenti attori professionisti con alle spalle diversi lavori, Too Late to Die Young si affida pesantemente a tre giovanissimi attori esordienti: Demian Hernandez (straordinario nel ruolo di Sofia, il personaggio più complesso e tormentato), Antar Machado ( Lucas) e Magdalena Totoro ( Clara) offrono una prova ricca di spontaneità e di bravura.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3.5

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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