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La delgada línea amarilla - Recensione (Festa del Cinema di Roma 2015)

La delgada línea amarilla - Celsio Garcia - 2015Prodotto da Guillermo del Toro arriva dal Messico un road movie ingenuo e retorico, che analizza in maniera imperfetta il tema della solitudine e del riscatto. Un’opera prima interessante, ma poco efficace

Cinque perfetti estranei in difficoltà economica accettano di partecipare alla realizzazione della segnaletica di un manto stradale messicano lungo circa 217 chilometri. Fra di loro c’è Toño (Damián Alcázar), caposquadra disilluso e segnato dai rimorsi, che cerca di guidare con fermezza il gruppo per portare a termine il lavoro. Ma il compito è arduo: mancano solo due settimane all’arrivo della stagione delle piogge, e la marcia contro il tempo procede lenta fra inaspettate difficoltà. Isolati dal resto mondo e asserviti ai ritmi della natura che scandiscono il trascorrere dei giorni, i cinque impareranno a conoscersi e a superare l’iniziale diffidenza, scoprendo come resistere ai colpi inferti dalla vita e trovando il coraggio di reagire, per poter ancora sperare di ottenere quel po’ di felicità che finora gli è stata negata.
La delgada línea amarilla è un film di formazione on the road molto ordinario e scolastico, che racconta in maniera spesso ingenua una trama indebolita da numerosi cliché e da un uso eccessivo della retorica dei buoni sentimenti. Il regista e sceneggiatore Celso R. García si ispira quasi sfacciatamente al lungometraggio islandese Either Way (di Hafsteinn Gunnar Sigurðsson, 2011) e al suo remake americano Prince Avalanche (di David Gordon Green, 2013), le cui affinità sono palesi sia nella storia che nella caratterizzazione dei personaggi principali, perdendo così spesso in originalità e inventiva. Si tratta di una debolezza narrativa fondamentale, soprattutto per un’opera prima che mostra limiti essenziali nell’efficacia degli argomenti trattati e nel modo convenzionale con cui questi sono messi in scena. Infatti, nonostante alcuni spunti siano interessanti e ricchi di fascino, García tende a rimarcare con estrema evidenza e ovvietà la valenza simbolica delle situazioni in cui immerge i suoi protagonisti, diminuendone conseguentemente la carica emotiva e l’autenticità. La sottile linea gialla del titolo non è solo quella che dipingono i cinque operai, ma è il tracciante che guida le loro fragili esistenze e li aiuta a separare nettamente il bene dal male, la vita dalla morte. Una guida in grado di fornire uno scopo a questi infelici lavoratori messicani, riconciliandoli con il proprio passato e proiettandoli verso un futuro in cui è ancora lecito coltivare la speranza. Tuttavia, la metafora diventa spesso troppo esibita per poter colpire veramente lo spettatore, anche a causa di improvvisi cali di ritmo dovuti a sentimentalismi esagerati, scene fuori contesto e a una colonna sonora in generale poco riuscita.
García dimostra una certa sicurezza nel gestire la coralità dei personaggi, ma è abile soprattutto a sfruttare l’ambientazione, dando vita ad alcune sequenze molto suggestive e di discreto impatto visivo, supportato anche dalla fotografia nitida e pulita di Emiliano Villanueva (premiato per il precedente La Zona nel 2007). Discreta la prova del cast, su cui spicca in particolare l’interpretazione di Damián Alcázar, attore feticcio del regista Luis Estrada, già apprezzato in pellicole di successo come El infierno.

La delgada línea amarilla
 è un’opera prima acerba che fallisce nel delineare una propria poetica, limitandosi a riproporre elementi narrativi stereotipati e cedendo spesso alla retorica e all’enfasi emotiva. Un film interessante le cui potenzialità, purtroppo, rimangono inespresse.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 2.5

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Video

Simone Tricarico

Pensieri sparsi di un amante della Settima Arte, che si limita a constatare come il vero Cinema sia integrale riproduzione dell’irriproducibile.

1 commento

  • Al
    Al Sabato, 03 Novembre 2018 03:19 Link al commento Rapporto

    L'unica cosa sicura in questa recensione è ché l'autore non conosce il Messico pertanto spara cose "scene fuori contesto e a una colonna sonora in generale poco riuscita". In Messico queste scene sono ordinarie.

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