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Little Forest - Recensione (Far East Film Festival 2018)

Con tocco lieve e tono misurato, la regista Yim Soon-rye imbastisce una lenta ma riuscita osservazione del potere calmante della vita naturale

Little Forest è un film con un certo pedigree. La fonte originale è un manga giapponese del 2002 dallo stesso titolo, scritto e illustrato da Daisuke Igarashi e in seguito adattato in un film live action in due parti nel 2014. Ora è stato preso e riposizionato in Corea dalla regista Yim Soon-rye, una delle più importanti donne nel cinema sud-coreano e figura leader della New Wave Coreana. Little Forest è stato distribuito dalla Megabox a fine Febbraio e ha totalizzato 5 milioni di dollari solo nei primi 5 giorni. È parte della programmazione del Far East Film Festival di Udine come anteprima europea.
Il film è la semplice storia di una ragazza affamata. Affamata di cibo reale e genuino, di cibo per l’anima e di risposte che non riesce a trovare. Questa giovane donna è Hye Won (Kim Tae-ri). Cresciuta con la madre vedova (la grande attrice coreana Moon So-ri) nel villaggio rurale del padre, Hye Won una volta finite le scuole lascia la campagna per andare a vivere e studiare a Seoul. La sua partenza è aiutata (se non forzata) anche dalla improvvisa decisione della madre di scappare per andare a cercare ciò che i duri anni come madre singola le avevano negato.
La vita in Seul per Hye Won però non va secondo i piani. Il lavoro, il ragazzo, gli esami... tutto si sta sgretolando intorno alla ragazza e c’è bisogno di fermarsi a riflettere prima di continuare. Così, in un giorno nevoso d’inverno, per una decisione improvvisa, Hye Won ritorna nella casa, ora deserta, dove è cresciuta. “Solo per qualche giorno” continua a ripetere, ma noi già sappiamo che così non sarà.
Nel villaggio, ritrova i suoi due amici d’infanzia che anche loro si portano dietro una valigia piena di sogni, difficoltà e speranze. Jae Ha (Ryu Jun-yeol) è quella che non ha mai lasciato il villaggio, ha un noioso lavoro in banca che odia e sogna di andarsene, mentre Eun Sook (Jin Ki-joo) dopo un tentativo di vita e lavoro nella grande metropoli ha preso la ferma decisione di tornare e costruirsi un futuro come agricoltore. Sono le due facce e le due opposte reazioni alle radici rurali e Hye Won vi si colloca più o meno nel mezzo.
Hye Won sa cucinare bene, è qualcosa in cui la madre era molto brava e lentamente si costruisce la sua vita semplice e autosufficiente insieme ad un simpatico cane di nome Fivo, coltivando l’orto, cucinando e mangiando. Questa routine essenziale e in un certo senso ancestrale, regolata dall’alternarsi delle stagioni la aiuteranno a rimettere in linea la sua vita.
I meriti principali di questo film sono il tocco lieve e il tono misurato. In tempi in cui cibo, cucinare, mangiare sono ovunque, ultra-metaforizzati e pompati fuori proporzione, spesso usati come facile scorciatoia verso il cuore degli spettatori, è una vera sorpresa vedere come la regia e il testo siano stati cauti e sobri, soprattutto considerando che la materia prima, il manga, era fortemente basato sulle ricette. Il lavoro di sottrazione ha veramente dato i suoi frutti qui. La preparazione dei pasti è incorporata in maniera del tutto organica e semplice, mantenendo solo il suo ruolo di nutrimento e legame con il ricordo materno.
I personaggi sono ben delineati, mentre i vari livelli di narrazione sono un po’ lasciati nell’aria. C’è un accenno di conflitto madre-figlia, un sospetto di interesse amoroso, qualche accenno alla vita di Hye Won a Seoul, ma in realtà sono poco importanti. Il fuoco resta fermo su Hye Won e il suo dialogo e interazione con la sua 'piccola foresta', la natura e le stagioni della semina e del raccolto. Nello stesso modo pacato il film (fortunatamente) non predica, né spinge un ideale di nirvana bucolico. È un’esperienza gentile che si concentra sulla fuga sabbatica di Hye Wo dalla confusione della sua testa e sulla lenta rivalutazione delle priorità, dei bisogni e del suo appetito.
La bellissima fotografia è ovviamente una parte importante di questa lenta osservazione del potere calmante della vita naturale e insieme alla colonna sonora giocosa creano una 'levitas' e un tono allegro che dà il buon umore mentre il sound design esalta le caratteristiche del cibo (specialmente la croccantezza) in un modo che fa venire l’acquolina in bocca.
Gli attori sono tutti bravi ma Kim Tae-ri brilla in questo ruolo dove la sua bravura è arricchita da una bellezza incredibilmente naturale. Moon So-ri ha un piccolo ma importante ruolo come mamma di Hye Wo nei suoi ricordi di cucina.

In un modo che nel cinema contemporaneo coreano è sempre più insolito Little Forest riesce a stare alla larga dal romanticismo eccessivo e dal melodramma lacrimoso e in più, incredibilmente, riesce a fare tutto ciò nella tradizionale (e ora rara) durata di un’ora e 40 minuti ed è stata una delle belle sorprese del Far East Film Festival 2018.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

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Video

Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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