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Venezia 81: giorno 5. Cronache di cinema e molto altro

Un resoconto fatto di news, rumors, eventi, volti, chiacchiere, battute, dichiarazioni e ovviamente cinema per spiegarvi bene cosa significa vivere ogni giorno la 81a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Oggi parliamo del film in concorso di Walter Salles, di alcune conferenze stampa e di un delirio visivo

La Mostra del Cinema da diversi anni si presenta agli occhi dei suoi avventori con la stessa proposta di sale e strutture ricettive. Oltre al sontuoso ingresso del Palazzo del Cinema e al tappeto rosso, risistemato dal caro ex presidente de La Biennale, Paolo Baratta, oltre al Palazzo del Casinò (sempre in attesa di restauro seppur abbellito, da alcune edizioni, dallo splendido caffè, posto al piano terra, riportato al suo originale stile liberty), oltre al cubo rosso detto anche Sala Giardino, non ci sono grandi novità, in termini di infrastrutture. L’Hotel Excelsior accoglie sempre le delegazioni e i cast oltre a raccogliere la visita dei curiosi di scoprire questo scrigno d’architettura. Il PalaBiennale si erge nella sua tensostruttura lungo il Lungomare Marconi sempre assediata dall’aria condizionata gelida e dalle sue scomode poltroncine, mai quanto quelle della Sala Corinto che gli sta a fianco (l’altro cubo rosso). In questa Venezia81 una novità tra le sale c’è ed è il Cinema Astra, il cinema del Lido, che ospita alcune repliche dei film selezionati. Martedì ne verifico l’efficacia, in termini di comodità, suono e visione, perché qui andrò a vedere Phantosmia di Lav Diaz. Passando alla ricezione, bar, ristoranti e quant’altro sono sempre là. A fianco della Sala Giardino si distende il grande prato in cui gli alberi offrono un sicuro riparo dal sole, mentre più a fianco è sempre collocata l’area di ristorazione. Non so dirvi se il cibo che offra sia migliorato o peggiorato rispetto almeno a quattro anni fa, in quanto per la salute del mio stomaco all’epoca decisi di non frequentare più né il self service, né tantomeno la pizzeria. Mi auguro che un minimo di maggiore rigore culinario nei sapori e nelle presentazioni dei cibi ci sia stata, anche se il dubbio mi rimane. Se sapete qualcosa e se volete darci il vostro giudizio, scriveteci alla nostra mail. In merito a bar e offerta culinaria, resiste l’antico Bar al Leone d’oro che, a parte i prezzi esagerati, offre una discreta possibilità di ristoro. Altrimenti per i palati più sopraffini c’è la terrazza dell’Hotel Excelsior dove il ristorante/bar propone un buon menù a un prezzo davvero sostenuto, anche se la magia del luogo non vale nessun prezzo. La terrazza Biennale, infine, si estende di fronte al Palazzo del Casinò con la sua offerta gastronomica, la possibilità di fare incontri tra la stampa e registi e attori e la sua proiezione visiva verso il mare.

Poi c’è la sala stampa. Inossidabile, è come sempre al terzo piano del Palazzo del Casinò avvolta dai lunghi drappi di velluto e pervasa dall’odore inconfondibile di legno laccato. Da un po’ di anni, come vi ho già detto, i fotografi sono stati spostati in un’altra area che ancor oggi non ho capito quale sia. La sala conferenze stampa e la Sala Casinò sono anch’esse, come nei precedenti anni, al terzo piano. Insomma, l’offerta della Mostra si consolida nelle sue strutture. Una novità, però, l’ho letta, più che vista. Sapete ormai che da alcuni anni il Lido non ospita più le super feste delle produzioni che si sono spostante verso Venezia, verso i suoi lussuosi alberghi lungo la Riva degli Schiavoni o in altri hotel della stessa caratura come il Cipriani alla Giudecca o nei palazzi di Venezia. Per ovviare alla presenza di gabbiani e piccioni che disturbano aperitivi, cene e balli sfrenati da quest’anno pare che siano stati assunti dei falconieri per far volare falchi o altri uccelli predatori e tenere lontani gli altri pennuti. Quante premure per i nostri divi!

E il cinema? Eccolo! Oggi vi racconto di Ainda Estou Aqui (I’m Still Here) di Walter Salles, Concorso-Venezia81. Ci siamo lasciati nella puntata 35 del nostro podcast La Luce del Cinema (cliccate qui per recuperarla) con l’analisi del suo cinema che parlava di viaggi e di crescita interiore. Questo suo nuovo film a 14 anni dall’ultimo, On the Road, parla ancora di questo. Lo spunto è la storia vera della famiglia Paiva che durante la dittatura in Brasile negli anni Sessanta fu colpita dalla sua furia repressiva. Rubéns Paiva, ex deputato socialista, un giorno di gennaio fu prelevato da casa sua, incarcerato, probabilmente torturato e scomparve, finendo nelle file dei desaparecidos ossia i prigionieri politici dei vari governi militari e fascisti che in quegli anni perpetrarono le loro dittature in diversi Paesi dell’America Latina. Il film di Salles racconta esattamente questo passaggio, ritraendo come una ricca famiglia borghese si trasformi in una famiglia privata del padre e di come il peso di tutto ciò ricada nelle mani della madre, Eunice Paiva, interpretata dalla straordinaria Fernanda Torres. Qui sta il nodo del film e il concetto di viaggio di crescita che si stringe sulla donna e sulle sue scelte compiute per proteggere la famiglia. Eunice, infatti, quando ha avuto la quasi certezza che il marito fosse morto (il corpo non è mai stato trovato), decide di trasferirsi da Rio de Janeiro e Sao Paulo do Brasil dai suoi genitori per ricostruire la sua vita e dare una certezza di futuro ai suoi figli. E questo momento di riflessione, questa decisione sofferta, questa presa di coscienza la compie in silenzio senza perdersi in scene madri, patetismi, lacrime facili. La donna si mette un sorriso che sa di coraggio e cerca di inventarsi un nuovo presente. Salles nel dire tutto questo stringe l’obiettivo sul volto della donna e lascia che i suoi gesti misurati e pacati si prendano la scena e raccontino. Il regista fornisce a chi guarda la possibilità di spiare l’evoluzione coscienziosa della donna attraverso i suoi occhi e la sua fermezza d’animo. Nella seconda parte del film poi l’azione si sposta al 1997 e poi al 2014 per mostrare come si è evoluta la vita di Eurice Paiva. Lei, infatti, è stata una grande donna che ha fatto del bene al suo Brasile, divenendo avvocato, combattendo per le popolazioni indigene e per l’Amazzonia e in altre battaglie. Salles, però, non mostra direttamente tutto questo, ma lascia che si intuisca dalla voce degli altri protagonisti in occasione della consegna a Eurice del certificato di morte del marito, e poi, negli anni Duemila, della tanto sperata giustizia. Il personaggio interpretato da Torres è quindi pensato come pervaso da una grande forza e determinazione e da una resistenza incredibile ai drammatici eventi storici. In conclusione, in questo magro panorama del Concorso della Mostra, I’m Still Here convince, per quanto Salles poteva insistere meno sull’uso dei violini in alcune scene. In sala durante la proiezione ho sentito molti nasi soffiarsi e singhiozzi, quindi quando andrete a vederlo al cinema a inizio 2025, preparate i fazzoletti. 

La voce della sala stampa. Non contento di aver visto il film, sono anche andato a seguire la conferenza stampa ufficiale di I’m Still Here. Erano presenti il regista Salles, Fernanda Torres, Selton Mello che interpreta Rubéns e Marcelo Rubens Paiva, figlio di Rubéns e Eunice, che ha scritto il libro da cui è tratto il film. Le domande e le conseguenti risposte si sono concentrate sul valore politico della pellicola oltre che su quello storico. Salles, infatti, ha affermato che ha conosciuto davvero la famiglia Paiva e che raccontare del rapimento di Rubéns e della vita di Eunice è stato un atto straordinario e dovuto. Quest’ultima è una donna che subisce un grave atto di violenza, ma si risolleva, reagisce, con un grande cuore. Il cinema, prosegue il regista, è lo strumento fondamentale per raccontare questa storia perché non rimanga nell’oblio. Passando ai riferimenti con il presente, il regista brasiliano ha detto che non si aspettava che la sua generazione (lui è nato nel 1956) potesse assistere nuovamente al ritorno oggi dell’estrema destra in molti governi del mondo. A queste parole fanno eco quelle di Marcelo Paiva il quale ha sottolineato come con questi estremismi la democrazia, tanto agognata nel Novecento, sia a rischio e che, inoltre, i governi più autoritari non concedono di vivere in pace. 

Subito dopo la conferenza stampa di I’m Still Here, la sala conferenza stampa ha accolto i due grandi divi di questa Mostra del Cinema, Brad Pitt e George Clooney, attori di Wolfs - Lupi solitari diretto da John Watts che non era presente, causa Covid-19. A fianco degli attori, quindi c’erano uno dei produttori del film, Jeremy Kleiner, e gli altri due attori Amy Ryan e Austin Abrams. La conferenza stampa si è svolta nel clima che tutti si aspettavano ossia con un grande show della coppia Pitt-Clooney, i loro scherzi, le loro battutine e il loro modo gigione di punzecchiarsi. Tra uno scherzo e l’altro hanno detto qualcosa di interessante ossia che sono molto legati al cinema statunitense degli anni Settanta a cui il film, per ambientazioni, richiami e stile, richiama. Entrambi hanno affermato che fortunatamente continuano a fare quello che gli piace, ossia il cinema, sia in veste di attori, che di produttori e Clooney di regista. Alla domanda in merito a quale sia meglio fare come mestiere, i due hanno risposto che si tratta di giocare comunque nello stesso gioco, solo che con pitture diverse e quindi fanno volentieri sia i produttori che gli attori. Poi si sono soffermati, invitati da alcune domande, a parlare dell’industria cinematografica di oggi. Hanno dichiarato che rispetto agli anni Novanta quando hanno esordito, l’industria è molto cambiata e lo streaming non è il così grande male per il cinema come viene dipinto. Anzi hanno detto che è necessario, e che offre molte occasioni a tanti attori e registri di potersi far vedere e affermarsi. Poi, infine, con George Clooney presente non si può non parlare anche di politica, considerando il suo grande impegno nell’ambito dei diritti umani e come sostenitore del Partito Democratico negli Stati Uniti. Alla domanda se la sua lettera apparsa sul New York Times in cui chiedeva al Presidente Biden di ritirarsi come candidato alle prossime elezioni di novembre 2024, lo abbia davvero convinto a lasciare, l’attore ha risposto che il suo atto di sfilarsi e così di anteporre il bene degli Stati Uniti al suo interesse personale, è un gesto da ricordare nella storia del suo Paese (risposta furbetta!). In risposta, invece, a chi gli abbia domandato come mai ci siano così tanti film presenti alla Mostra di quest’anno che parlino del pericoloso affermarsi degli estremismi di destra, Clooney ha risposto dicendo che è molto importante che il cinema rifletta su questi eventi. Il cinema, ha proseguito, non è un telegiornale dove le notizie appena date sono già vecchie. La settima arte concede ai registi e produttori il tempo di riflettere sul presente e su cosa vogliamo essere in futuro. Poi Clooney ha dato per l’ennesima volta del vecchio a Pitt e la conferenza stampa è finita. 

Altro ancora (più brevemente)

  • Un piccolo punto sul pagellino dei critici (?) italiani e internazionali dopo la presentazione di 7 film del Concorso (Maria, El Jockey, Babygirl, Trois Amies, Leurs enfants après eux, Campo di battaglia e The Order). Per la stampa internazionale, il film più apprezzato è Maria tallonato nei giudizi da The Order, per quanto anche Babygirl, con mio grande stupore, abbia riscosso buone votazioni (che ricordo si esprimono con le stelle da 1 a 5). Anche la stampa tricolore premia The Order e Maria a cui si associa il film argentino El Jockey. Il film meno apprezzato, invece, al momento è quello dei fratelli Boukherma che non trova molti consensi nemmeno tra la stampa internazionale. Peccato, considerando che il direttore Barbera ha presentato il loro film, Leurs enfants après eux, con grandi parole di encomio. 
  • Solitamente la domenica corrisponde alla conclusione del primo fine settimana e anche alla scelta di molti giornalisti, soprattutto stranieri, di lasciare il Lido per veleggiare verso il Festival di Toronto oppure semplicemente perché la maggior parte del Concorso è già stato mostrato. Quest’anno, complice anche il ritardo con cui inizia il Festival canadese (-statunitense), venerdì 6 settembre, al posto del solito mercoledì, i film più grossi devono ancora essere presentati e quindi domani vedrò se il Lido, oltre che dalla folla immane degli accrediti culturali e del pubblico, vedrà ancora la presenza degli addetti al settore. 
  • Ieri sera a mezzanotte è stato proiettato il nuovo delirio visivo di Harmony Korine (nostra Luce del Cinema, numero dieci), Baby Invasion. Pare che sia successo il disastro. A enfatizzare il delirio delle immagini di questo film che è in realtà un videogioco live in cui chi gioca ruba nelle case dei ricchi, ci sono delle musiche ad altissimo volume che hanno trascinato il pubblico in sala in balli senza contegno. Sembra, ma non ne ho la certezza, che Korine stesso si sia scatenato in una folle danza con Gaspar Noè sul tappeto rosso. Informazione da verificare.

Per oggi è tutto. Domani, tocca a Vermiglio di Maura Delpero (Concorso) e Phantosmia di Lav Diaz che da alcuni giorni si sta aggirando per il Lido. 

Crediti fotografici

Foto 1 PHOTOCALL-BABY INVASION-Gaspar Noè - Harmony Korine e Joao Rosa - Credits Giorgio Zucchiatti La Biennale di Venezia-Foto ASAC

Foto 2 AINDA ESTOU AQUI - I’M STILL HERE - Official still - Credits Alile Onawale - 1

Foto 3 PRESS_CONFERENCE - AINDA ESTOU AQUI - Film Delegation - Credits Giorgio Zucchiatti La Biennale di Venezia-Foto ASAC-3

Foto 4 PRESS CONFERENCE - WOLFS - Film Delegation-Credits - Giorgio Zucchiatti La Biennale di Venezia-Foto ASAC-2

Foto 5 BABY INVASION - Official still


 
Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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