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Tre manifesti a Ebbing, Missouri - Recensione

Martin McDonagh si conferma un regista talentuoso per la sua capacità di studiare l'animo umano. In questo suo ultimo film inventa un quadro narrativo variabile che gioca con lo spettatore, per insegnargli una profonda verità

Troppi mesi sono passati dalla violenta morte della figlia e ancora non si è trovato un colpevole. Mildred Hayes decide pertanto di compiere un gesto forte. Prende in noleggio tre cartelloni posti all'ingresso della città di Ebbing, per rivolgere un messaggio polemico e crudo allo sceriffo, Bill Willoughby, reo, secondo la donna, di non aver condotto a fondo le indagini. Ciò scatena l'indignazione degli abitanti della città che si schierano contro la donna e a favore dello stimato poliziotto, il quale è per giunta malato terminale. Nella battaglia prende posizione anche l'agente Dixon, credulone, sempliciotto, che vive ancora con la madre. Quando lo sceriffo muore, la rabbia dell'agente come anche quella della comunità si scatena e Mildred reagisce come meglio può. La violenza sembra richiamare altra violenza, ma in fondo il cuore della comunità pulsa vitale.
Il presupposto di Martin McDonagh nel girare e scrivere il film è che non bisogna giudicare le persone dalla prima apparenza, né sulla base delle loro azioni. È necessario al contrario comprendere chiunque in una visione più completa, considerando che l'animo umano è mutevole e vario. Questa tesi trova forma ed espressione soprattutto nel personaggio dell'agente Dixon (Sam Rockwell). È un credulone, bonaccione, istintivo, con la fama di picchiatore. Vive con la madre che lo fomenta nella sua violenza da buona donna del Sud, razzista e radicale. Quando, quindi, Dixon apprende del suicidio del suo amato superiore, si scioglie in un lungo pianto sentito e vero, per poi dirigersi verso Red (Caled Landry Jones), il proprietario dell'agenzia che ha concesso l'affissione dei cartelloni a Mildred (Frances McDormand), e lo defenestra. In questo momento del film il pubblico scopre il suo cattivo: è Dixon. Nella definizione di questa cattiveria Rockwell appare molto convincente. L'attore si mette sul volto, infatti, uno sguardo vuoto e pervaso da una buffa incapacità nel capire che lo conduce alla malvagità e, paradossalmente all'infantilismo, suscitando, così, compassione. Tornando al film per questa azione violenta Dixon è destituito e mentre si consola a birra e fumetti nella sua casa, giunge una lettera del defunto sceriffo, scrittagli prima della morte. L'uomo esorta il poliziotto a essere coscienzioso, ad ascoltare di più il suo cuore e a non farsi soccombere delle pressione sociale. Bastano queste poche parole al bonaccione Dixon per cambiare e nonostante sia vittima inconsapevole dell'incendio della stazione di polizia ad opera di Mildred capisce che l'odio non è utile. Si pone, invece, l'obiettivo di scoprire chi ha ucciso la figlia della donna. Il prosieguo del film insegna al pubblico che non è importante il risultato, ma il modo in cui si arriva a questo.
McDonagh declina questa architettura per ogni personaggio del film. Mildred in particolare sviluppa la sua conversione con più lentezza, perché la vicenda richiede da lei fino all'ultimo fermezza e durezza. Anche la donna però, al termine è costretta a interagire con il mondo attorno a sé e uscire dall'isolamento della sua casa posta fuori Ebbing. Dà quindi, ascolto alla comunità che si dimostra più comprensiva e altruista di quanto pensasse, chiedendole, nonostante tutto, di avere un po' di pietà per la morte dello sceriffo. La storia, scritta e diretta da McDonagh, appare, quindi, cangiante. All'inizio Tre manifesti a Ebbing, Missouri è ironico, pungente e molte scene conducono alla risata, mostrando l'essere bonaccioni degli abitanti di Ebbing. Successivamente la pellicola si trasforma nel logico pensiero dell'inutilità della violenza, scaturito dal suicidio dello sceriffo. Willoughby (Woody Harrelson) può apparire un bastardo, ma è un buono che ama la sua famiglia e la sua comunità tanto da sacrificarsi. L'uomo si rende conto, poco prima di morire, che la necessità di verità di Mildred è naturale e sacrosanta e così paga lui stesso, in forma anonima, l'affitto per l'affissione dei manifesti. Questo è lo snodo narrativo utilizzato dal regista inglese, per non permettere alla violenza di salire e al contrario, fare leva sulla semplice bontà e altruismo degli abitati. La seconda parte del film così appare bilanciata in un equilibrio tra gesti di avversione a profonda umanità. 

Tre manifesti a Ebbing, Missouri non è un assolutamente lastricato di buoni sentimenti. È un film crudo, graffiante, caustico e semplice come l'umanità che vive il centro America, come indica specificamente il titolo. L'essere umano di McDonagh è, soprattutto, mutevole e per questo affascinante.  




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3.5

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Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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