News, recensioni, approfondimenti sul cinema asiatico

Ti trovi qui:HomeCinema e dintorniAsiaHeart Attack - Recensione

Heart Attack - Recensione

Heart Attack - 2015 - Film - RecensioneLavoro fra i più sorprendenti del Far East Film Festival 18, Heart Attack è film che scandaglia il frenetico mondo del lavoro dei freelance ma, estrapolando, è anche una riflessione sul ruolo del lavoro nella vita dell'uomo

Nell’intervista concessa da Sabrina Baracetti, direttrice del Far East Film Festival, a LinkinMovies.it pochi giorni prima dell’inizio della kermesse udinese, alla domanda su quale film avrebbe potuto essere la sorpresa del festival, rispose Heart Attack del thailandese Nawapol Thamrongrattanarit: in effetti mai previsione fu più azzeccata, perché la pellicola, seppur non la più bella in assoluto della rassegna, è sicuramente la più sorprendente.
La sparuta pattuglia thailandese al FEFF, dove solitamente lascia sempre il segno, era appunto guidata da questo lavoro che si trascinava dietro una lunga scia di critiche positive e una messe sterminata di premi, non solo in patria; inoltre il regista è di quelli che nell’ambiente internazionale è già conosciuto avendo calcato niente meno che il red carpet della Mostra Cinematografica di Venezia nel 2013 e avendo alle spalle una buona carriera di regista soprattutto di cortometraggi e di tre lungometraggi.
Autore tra i più seguiti in patria grazie alla sua capacità di coniugare il cinema di qualità a quello più orientato al mainstream, Thamro (chiamiamolo così da ora, altrimenti la tastiera impazzisce) compie una operazione tanto semplice quanto intelligente: raccontare la vita di un grafico freelance in una realtà iperdinamica come quella thailandese, dove il tempo è sempre poco e dove se non rispetti gli impegni presi sei fatto fuori.
Ed ecco allora che vediamo Yoon alle prese con imprese estreme: battere il record di giorni rimasto sveglio per concludere un lavoro. Intorno a lui una vita frenetica, dove però non c’è spazio per hobby, amici, previdenza sociale e neppure per i soldi, visto che lo sfruttamento è pratica trasversale, presente anche negli ambienti più qualificati. Quando però sul suo corpo Yoon vede comparire delle strane lesioni cutanee e si reca da una giovane e carina dermatologa, qualcosa inizia ad incepparsi in lui. La dottoressa mostra un crescente interesse per lui che si manifesta con la particolare accuratezza con cui segue il caso clinico e poi quelle macchie sono figlie dello stress, quindi il consiglio medico è semplice: vita più regolata, dormire un numero di ore congruo, alimentarsi bene. Le medicine che Yoon dovrà prendere prima che sul corpo debbono agire sul suo spirito ormai ridotto a brandelli. Il rapporto con la dottoressa fa scoprire al giovane qualcosa di cui aveva perso il ricordo, cioè il calore umano e l’empatia: finalmente qualcuno si occupa di lui a prescindere da disegni, progetti e grafici. La scelta per Yoon sarà difficile, ma la strada non può che essere una sola.
Heart Attack è lavoro che conquista per il suo ritmo, per la scelta tecnica di racconto (spesso sono i pensieri del protagonista gli unici protagonisti), per l’uso frequentissimo dei primi piani quasi ad escludere il mondo esterno, ma soprattutto, sebbene concepito all’interno di una cultura e di una realtà lavorativa ben precisa, quella thailandese appunto, la pellicola è capace di far centro anche presso molte società occidentali, tra cui la nostra, in cui troppo spesso lavoro è sinonimo di sofferenza. In tal senso il messaggio del film non solo è da abbracciare in pieno, ma persino da diffondere, se ancora si crede in quanto beffardamente e tragicamente riportato sui cancelli di molti lager nazisti e cioè che "il lavoro rende liberi".
L’unico vero grande difetto di Heart Attack sta in quella tendenza tipica del cinema orientale a costruire finali su finali, dilatando a dismisura la durata del film senza che ciò conduca ad un risultato migliore: fosse durato venti minuti di meno (e chi vedrà il film capirà perfettamente dove poteva finire senza togliere nulla alla qualità della pellicola) il lavoro thailandese sarebbe di sicuro entrato di diritto tra i tre o quattro lavori migliori della rassegna di Udine.

Di certo Thamro è regista capace, nonché sceneggiatore, sa tenere bene in mano le storie e sa costruirle con il giusto equilibrio tra autorialità e spirito più popolare, doti che fanno di lui una delle figure di punta del cinema thailandese. Bravi, belli e convincenti i due protagonisti: Sunny Suwanmethanont e Davika Hoorne regalano la giusta intensità e genuinità ai due personaggi principali.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3.5

  Vai alla scheda del film
  Trailer del film


Video

Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.

Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi avere maggiori informazioni, leggi la Cookies policy.