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Canola (Gyechoonhalmang) - Recensione

Terzo premio del pubblico al Far East Film Festival 2017, Canola affronta molte tematiche tipiche del melodramma, sfiorandole con mano leggera e lasciandole un po’ evanescenti e sullo sfondo

Il terzo premio del pubblico del Far East Film Festival 2017 è andato a Canola del regista sud-coreano Chang (pseudonimo di Yoon Hong-seung) che, dopo due film di genere thriller/action, si cimenta qui in un un classico melodramma coreano che mette insieme una moltitudine di tematiche impegnative e drammatiche.
Il titolo originale si traduce "Nonna Gye-choon" ed è forse più appropriato del poetico Canola che richiama l’impatto visivo dei giallissimi campi di colza (canola) in fiore. La storia e i personaggi infatti gravitano tutti intorno a Gye-choon (Youn Yuh-jung), una 'nonna single' che si prende cura della nipotina Hye-ji (Kim Go-eun nella versione cresciuta). Il prologo che ambienta e introduce la storia, ci mostra che Gye-choon è una haenyeo, una pescatrice in apnea della comunità che vive nell’isola/provincia di Jeju. La stessa comunità che appare nel bel documentario Breathing Underwater. Hye-ji è orfana di padre (il figlio di Gye-choon) e la madre l’ha abbandonata. Con la nonna formano un affettuoso microcosmo famigliare, nella cornice di questa bella isola dove mare e cielo si fondono e che offre alle due di che sopravvivere, con la pesca e con gli sterminati campi di colza. La bimba ha uno spiccato talento artistico e ama ritrarre la nonna e i paesaggi che la circondano. Un giorno, però, camminando insieme in un affollato mercato, le due si separano per pochi secondi e Hye-ji scompare. Inizia così un doloroso calvario della nonna che per anni cercherà la bambina senza successo ma senza rassegnarsi.
Dopo questo prologo, il film riprende 10 anni dopo. Hye-ji è una ragazza che vive di espedienti nelle strade di Seoul e la sua unica 'famiglia' sono due o tre coetanei con cui organizza piccole truffe. Quando un giorno finisce in guai più seri, viene arrestata e per forza di cose la sua svelata identità la ricongiunge alla nonna. Gye-cho, che non aveva mai perso la speranza, la riprende con sé e le due cominciano un nuovo percorso di vita insieme. Non sarà facile per Hye-ji che, abituata alle strade di città e in un'età difficile, si chiude a riccio. L’aiuteranno un po’ il suo professore di Arte Choong-Seob (Yang Ik-june), con cui riscoprirà l’amore per il disegno, e il compagno di scuola Han-Yi (Minho, idol del gruppo K-pop SHINee). Il disagio di Hye-ji però nasconde un segreto ben più oscuro e radicato.
Canola affronta molte tematiche tipiche del melodramma: i legami famigliari, il disagio giovanile e adolescenziale, l’abbandono, la povertà delle comunità rurali, e anche un accenno di amore acerbo. Le sfiora con mano leggera lasciandole un po’ evanescenti e sullo sfondo. La forza del film è in realtà lo sviluppo e l’osservazione dei due personaggi, Hye-ji e la nonna, e del loro interagire. Le due attrici, una novellina e una gran dama del cinema coreano (recente protagonista dell’interessante black comedy The Bacchus Lady) duettano in una routine che le avvicina e allontana. Lo fanno con grazia e sentimento, in uno sfondo naturale che, oltre ad essere esteticamente radiante, è anche diventato, per via della stoica comunità isolana, un simbolo di quel valore molto coreano di resilienza alle avversità e capacità di superare le difficoltà della vita con energia e vitalità, senza soccombere.

Canola è insomma un’ode ai valori della vita semplice e alla solidarietà che va oltre i legami di sangue, e una riflessione sul significato più profondo di famiglia. Come molti melodrammi coreani, ha la tendenza ad essere un po’ più lungo del necessario e si ha sempre l’impressione che quei minuti supplementari siano sfruttati per incoraggiare una lacrima in più.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 2.5

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Adriana Rosati

Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.

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