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Festival di Cannes 2024: riflessioni finali

Cosa ha funzionato e cosa no della 77esima edizione della rassegna francese, che ha visto trionfare Anora di Sean Baker sancendo la vitalità del cinema indie statunitense

Anche se non abbiamo potuto vedere Anora di Sean Baker, vincitore della Palma d’Oro, per il demenziale sistema di prenotazione dei biglietti che esclude alcune fasce di accreditati, costringendoli, anche in sala, a proiezioni in corso, a continui refresh sulla pagina web delle prenotazioni, il verdetto della giuria guidata da Greta Gerwig, è uno dei più equilibrati degli ultimi anni. Gli Stati Uniti non vincevano dal 2011 (anno di Three of Life di Terrence Malick) e in un concorso senza capolavori come La zona di interesse o May December (presentati nel 2023), il premio a Sean Baker sancisce la vitalità del cinema indie statunitense, che trova nel Sundance le sue radici e ancora la sua vitalità. Giusto il premio a Miguel Gomes per Grand Tour, prova d’autore, di regia, per un regista ancora troppo sconosciuto, di talento cristallino. Meritati i premi a Jessie Pietons per Kind of Kindness di Lanthimos, in un festival con poche interpretazioni maschili “forti” e con pochi personaggi maschili di rilievo, e corretto il premio collettivo al cast di Emilia Perez di Jacques Audiard, forse il film meno riuscito della splendida carriera del cineasta francese ma che proprio nelle appassionate interpretazioni del ben assemblato cast femminile, da Zoe Saldana a Selena Gomez ha il suo punto di forza. E se abbiamo capito poco il gran premio della giuria all’indiano All We Imagined as Light di Payal Kapadia, ben ha fatto la giuria a non assegnare uno dei premi più importanti a Mohammad Rasoulof, per Il seme del fico sacro. Meglio lasciar fuori la politica e l’urgenza della cronaca dai verdetti. La giuria di Cannes nel 2004 non ne tenne conto e premiò, maldestramente, il provocatorio Farheneit 9/11 di Michael Moore.
Certo, il bellissimo Caught by the Tides di Jia Zhang-ke e Parthenope di Paolo Sorrentino sono rimasti fuori, ma era prevedibile che la parabola sul passato, presente e futuro della Cina risultasse ostico alla giuria, così come la riflessione su Napoli e sulla bellezza del regista italiano.
Complessivamente, e non siamo gli unici a dirlo, la selezione di Cannes 2024 è stata piuttosto scadente, o comunque non all’altezza delle aspettative e delle ultime, ricche edizioni. Molte le delusioni; Audiard, Cronenberg, Coppola, Arnold, poche le sorprese, in particolare in concorso. Ottima la selezione di Un Certain Regard con Arnold, vincitore della Camera d’Or, e i sorprendenti Black Dog, interpretato, tra gli altri, da Jia Zhang-ke, September Says, The Village Next to Paradise e altri titoli convincenti come The Shameless, Santosh, Niki.
Più complesso il discorso per la Semaine de la Critique e la Quinzaine des Cinéastes che hanno, dallo scorso anno, dei nuovi direttori. Deludente, in particolare per quanto riguarda i film dall’Estremo Oriente, la selezione della Quinzaine, fiacca da molti punti di vista (alla Quinzaine solitamente si riesce a vedere qualche film importante che per mille motivi non è riuscito ad entrare in concorso), e senza nessuna vera sorpresa. Migliore la Semaine, con titoli come Julie Keeps Quite e come Simon de la montana, vincitore del Grand Prix.
Il Festival di Cannes, giunto alla sua 77esima edizione conferma di essere uno dei principali eventi mondani-culturali al mondo, con un mercato che rimane forte, punto di riferimento imprescindibile per buyers e sellers provenienti da tutto il mondo (anche se quest’anno al lunedì sembrava già terminato) con la presenza di star, starlette, influencer pronti a tutto pur di apparire sulla Croisette, anche solo per i famosi 15 minuti di celebrità.
Rimangono aperti due interrogativi: ha ancora senso proporre, con tensione quasi talebana, assolutista, il sistema di prenotazione dei biglietti online per tutti i film? Ha senso per i film più attesi, per il concorso, per il fuori concorso, ma ci chiediamo che senso abbia proporre questo sistema per film presentati a Un certain regard, Quinzaine e Semaine dove è sufficiente presentarsi qualche minuto prima per poter accedere senza problemi alle proiezioni.
Il secondo interrogativo non riguarda tanto e solo il Festival di Cannes, ma più in generale la politica dei grandi eventi e la capacità di assorbire masse enormi di gente da parte dell’Europa. A un evento come il Festival di Cannes transitano centinaia di migliaia di persone. Dal primo giovedì al secondo martedì è quasi impossibile fare colazione, cenare dalle 19 alle 23. Anche per chi come noi frequenta la Croisette da 25 anni e conosce trucchi ed escamotage per sottrarsi alla calca e alla concentrazione di gente. La politica dei grandi eventi che tende a concentrate tutto e tutti in pochi km, in spazi limitati, in pochi giorni regge in Estremo Oriente grazie alle città verticali e negli Stati Uniti grazie alla vastità del territorio. L’Europa non regge più, sia che si tratti di una località turistica sia che si tratti di un festival di cinema o di altro. La mia prima volta al Festival di Cannes, anno 2000, gli abitanti del pianeta erano 5 miliardi, ora siamo in 9, destinati, entro il 2050 ad essere 11. Una riflessione in questo senso si impone.

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