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Pixels - Recensione

I videogiochi Anni ’80 approdano sul grande schermo con Pixels, pellicola sciocca e sconclusionata povera di idee e avara di divertimento

Era il 2010 quando il regista Patrick Jean realizzava il suo primo cortometraggio, un prodotto indipendente in cui alcune famose icone videoludiche a otto bit degli Anni ’80 attaccavano New York, trasformando ogni cosa in un ammasso indistinto di voxel cubici. L’idea funzionò talmente bene che divenne subito virale in Rete, per poi essere premiata con un Annecy Crystal all’omonimo festival del 2011. A distanza di anni da quel debutto Chris Columbus ha adattato parte del materiale di partenza realizzando Pixels, lungometraggio sgangherato e a tratti demenziale che sfrutta in maniera indecorosa l’immaginario generazionale della cultura pop.
Gli sceneggiatori (Tim Herlihy e Timothy Dowling) sono partiti dallo spunto esiguo di Patrick Jean per tentare di strutturare un film con una vera e propria trama. Nel 1982 la NASA lancia nello spazio una capsula contenente riferimenti alla cultura terrestre, tra cui alcuni videogame arcade del periodo. La speranza è che possano essere intercettati da una qualche forma di vita extraterrestre, fornendo dettagli sulla nostra civiltà. Il messaggio giunge anni più tardi, ma sfortunatamente viene inteso come una dichiarazione di guerra. Gli alieni inviano allora un’armata di nemici plasmata sulle suggestioni di giochi come Pac-Man, Centipede e Galaga, seminando panico e distruzione. Il presidente degli Stati Uniti d'America (Kevin James) con l’aiuto di Sam Brenner (Adam Sandler), un ex bambino prodigio campione di videogame, tenterà di fermare l’invasione e salvare il pianeta.
La storia di Pixels è chiaramente un pretesto goffo per mostrare con poca fantasia e scarso talento il mondo del retrogaming, trascurando completamente lo sviluppo narrativo e la caratterizzazione dei personaggi. Si procede in maniera disarticolata attraverso un mosaico scomposto di trovate visive, la maggior parte delle quali mutuate proprio dal cortometraggio originale (prive quindi di vera originalità e inventiva). Molti dialoghi sono talmente ridicoli da risultare imbarazzanti, permeati di umorismo infantile e spesso incomprensibile. Si rimane veramente stupiti dal grado di superficialità con cui gli avvenimenti vengono raccontati, accumulando tutti i cliché del genere e ricorrendo costantemente a inserti comici di pessimo gusto. Non c’è spazio per omaggi nostalgici, e anche il parallelo fra il mondo dei videogiochi attuale e quello ormai passato dell’intrattenimento da sala giochi si esaurisce in poche battute scontate e sfacciato product placement.
La regia di Chris Columbus è atrocemente piatta e anonima, mal supportata dalla fotografia patinata di Amir Mokri. Il comparto degli effetti speciali alterna momenti di grande qualità ad altri di pessima fattura, creando un effetto straniante in varie scene che risultano totalmente scorporate dal resto del film. Completamente inutile l’utilizzo della terza dimensione: neanche il 3D è in grado di dare spessore alla piattezza di una pellicola costruita su una storia esile e priva di attrattiva.
Il ricchissimo cast offre una prova mediocre ai limiti della sopportazione: trascurando il ruolo inconsistente di Adam Sandler su cui è ritagliata la solita indigesta ironia, gli altri attori offrono prestazioni talmente poco riuscite da suscitare profonda antipatia. Sean Bean, Peter DinklageMichelle MonaghanBrian Cox si prestano a macchiette indecorose con poca convinzione e pessimi risultati, diminuendo ulteriormente lo già scarso interesse dello spettatore.

Pixels non solo è un brutto film, ma specula sulla mercificazione dell’immaginario di una generazione cresciuta con il mito dell’arcade, che qui che viene mortificato attraverso lo sfruttamento di ricordi condivisi e icone senza tempo.
Game over, restart? No grazie.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 1.5

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Simone Tricarico

Pensieri sparsi di un amante della Settima Arte, che si limita a constatare come il vero Cinema sia integrale riproduzione dell’irriproducibile.

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