Dylan Dog – Il film
- Scritto da Francesco Siciliano
- Pubblicato in Film in sala
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Dylan Dog è un giovane detective privato con alle spalle un passato da investigatore del soprannaturale. Un tempo vigilava sulle attività occulte di gruppi di zombie, vampiri e licantropi che popolano indisturbati la città di New Orleans. Ora dedica il suo tempo ad aiutare persone normali alle prese con problemi di infedeltà coniugale. Il suo lavoro di investigatore del soprannaturale, però, non può considerarsi del tutto concluso: quando si verificano alcune brutali uccisioni per mano di esseri non umani, Dylan si ritrova costretto a tornare in azione per risolvere un enigma legato ad un antichissimo manufatto che, qualora finisse in cattive mani, avrebbe il potere di annichilire l’umanità. Inizia così un’indagine che lo porta di nuovo a contatto con il mondo dei morti viventi, mostri confusi tra la gente comune.
Fumetto sulla pagina e fumetto sullo schermo. Dylan Dog – Il film, rivisitazione cinematografica delle omonime strisce di Tiziano Sclavi che vede la luce dopo una lunga attesa, risulta schematico e prevedibile come lo sono i peggiori comics. Forse perché l’elemento più affascinante non è il celebre personaggio dell’indagatore dell’incubo (un’icona affidata alle doti recitative di Brandon Routh, già interprete di Superman Returns), bensì la ricostruzione di New Orleans (un paesaggio di architetture contrastanti che sostituisce la Londra un po’ minacciosa in cui erano ambientate le storie di Sclavi). Come lo scenario, Dylan Dog viene modernizzato dal regista Kevin Munroe
che ambisce a confezionare una sintesi d’immaginario giovanile, con risultati non certo entusiasmanti.
Dal punto di vista narrativo il film sembra troppo derivativo: riprende alcuni elementi della saga di Twilight, assomiglia ad una parafrasi al maschile di Underworld, sfrutta il repertorio de Il Corvo (vedi i sotterranei claustrofobici, la città tenebrosa, le luci livide). Per non parlare poi del look da macho di Dylan. È chiaro a quale tipo di spettatore si rivolge Munroe: giovane, devoto all’immagine dell’eroe positivo con tutte le sue debolezze, imbevuto di cultura pop, appassionato del mistery ed amante dell’azione condita di effetti speciali al computer. Difficile, dunque, far approvare la rilettura moderna del fumetto di Sclavi ai fan di Dylan Dog che tentano di riconoscere il loro beniamino tra una scazzottata e l’altra con i suoi nemici. Per fortuna del film, regista ed attori non fanno mancare un po’ di umorismo ed autoironia che non guastano mai in operazioni del genere.
Che dire, in sostanza? Siamo di fronte ad uno di quegli horror dalle atmosfere misteriose di fronte ai quali si ha l’impressione che la fantasmagoria con cui è realizzata la messa in scena non sia al servizio della creatività, ma del gusto di stupire e del piacere di abbagliare senza alcuna sostanza sotto.
Fumetto sulla pagina e fumetto sullo schermo. Dylan Dog – Il film, rivisitazione cinematografica delle omonime strisce di Tiziano Sclavi che vede la luce dopo una lunga attesa, risulta schematico e prevedibile come lo sono i peggiori comics. Forse perché l’elemento più affascinante non è il celebre personaggio dell’indagatore dell’incubo (un’icona affidata alle doti recitative di Brandon Routh, già interprete di Superman Returns), bensì la ricostruzione di New Orleans (un paesaggio di architetture contrastanti che sostituisce la Londra un po’ minacciosa in cui erano ambientate le storie di Sclavi). Come lo scenario, Dylan Dog viene modernizzato dal regista Kevin Munroe

Dal punto di vista narrativo il film sembra troppo derivativo: riprende alcuni elementi della saga di Twilight, assomiglia ad una parafrasi al maschile di Underworld, sfrutta il repertorio de Il Corvo (vedi i sotterranei claustrofobici, la città tenebrosa, le luci livide). Per non parlare poi del look da macho di Dylan. È chiaro a quale tipo di spettatore si rivolge Munroe: giovane, devoto all’immagine dell’eroe positivo con tutte le sue debolezze, imbevuto di cultura pop, appassionato del mistery ed amante dell’azione condita di effetti speciali al computer. Difficile, dunque, far approvare la rilettura moderna del fumetto di Sclavi ai fan di Dylan Dog che tentano di riconoscere il loro beniamino tra una scazzottata e l’altra con i suoi nemici. Per fortuna del film, regista ed attori non fanno mancare un po’ di umorismo ed autoironia che non guastano mai in operazioni del genere.
Che dire, in sostanza? Siamo di fronte ad uno di quegli horror dalle atmosfere misteriose di fronte ai quali si ha l’impressione che la fantasmagoria con cui è realizzata la messa in scena non sia al servizio della creatività, ma del gusto di stupire e del piacere di abbagliare senza alcuna sostanza sotto.
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