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Underground Fragrance - Recensione (Venezia 72 - Giornate degli Autori)

Uno sguardo attento e appassionato alla vita sotterranea di una Pechino stretta tra solitudine e speculazione immobiliare: l'opera del regista esordiente Pengfei risulta una delle più autenticamente sentite tra quelle viste in Laguna

Inserito nella rassegna collaterale delle Giornate degli Autori - Venice Days, Underground Fragrance, opera prima del giovane regista cinese Pengfei, risulta al momento una delle opere più valide viste all'interno della Mostra del Cinema di Venezia.
Sostenuto in maniera massiccia da varie Istituzioni per lo più francesi, con il contributo anche del TorinoFilmLab, il film prende di petto in maniera decisa, seppur con toni non roboanti, il problema delle abitazioni a Pechino, stretta nella morsa degli aumenti vertiginosi dei prezzi da un lato e dalla aggressività degli immobiliaristi sempre alla ricerca di terreni edificabili ricavati dall'abbattimento delle vecchie abitazioni dietro compenso per i proprietari.
La storia si focalizza su due giovani che vivono nei sotterranei di un grande complesso immobiliare, nei quali sono state ricavate delle mini unità abitative molto più simili a tuguri che a dignitose dimore. Lui lavora col suo furgone smantellando e riciclando vecchi mobili, lei giunta da poco in città è alla ricerca di un lavoro proprio nel ramo immobiliare attraverso selezioni spietate da parte delle imprese di costruzione e di notte si guadagna da vivere (ed il buco sotterraneo dove dormire) come ballerina in un locale di lap dance di quarto ordine. Tra i due nasce un affettuoso rapporto che sta a metà strada tra l'amicizia e l'amore, dai contorni molto sfumati in cui lei dapprima aiuta il ragazzo ferito agli occhi durante un lavoro e quindi bendato che si muove a tentoni nel cunicolo sotterraneo dove vive. Lei crede di aver trovato il modo di dare una svolta alla sua vita, ma qualcosa sembra inceppare questo processo di avvicinamento di due persone sole e alla ricerca di una sopravvivenza dignitosa nelle limacciose e tempestose acque della metropoli.
Se la storia dei due giovani è il racconto di una situazione apparentemente fluttuante tra disagio sociale e abbandono, Pengfei introduce pesantemente l'aspetto della speculazione edilizia attraverso la figura di una coppia di coniugi pronti a riceve il compenso per abbandonare la loro vecchia casa e reinvestirlo in una nuova abitazione ancora in fase di costruzione in uno dei giganteschi complessi edilizi della periferia pechinese, mettendo chiaramente in luce un rapporto di causa ed effetto tra la speculazione edilizia e il degrado in cui vivono gli abitanti dei sotterranei. Ma nonostante ciò, nel ventre profondo di Pechino esistono ancora personaggi come i due protagonisti nei quali la scintilla della solidarietà e la volontà di non sentirsi abbandonati è capace di scoccare. Il regista sembra però porsi nel finale del film la domanda: fin dove si è liberi di poter fare le proprie scelte senza dovere rinunciare a qualcosa in una società come quella cinese che sembra aver perso ogni tipo di ideale morale?
Underground Fragrance è lavoro palpitante, seppur raccontato con toni sommessi, ben diretto, con un'ambientazione originale e delle atmosfere che riescono a coinvolgere, e nel quale è chiara la metafora classista tra i piani alti della società e quelli più bassi che si materializza nel palazzone dove si svolge il racconto. Non c'è la ipocrita pietas per i losers né la loro esaltazione attraverso la denuncia che spesso può apparire un alibi, semmai c'è un racconto intriso di umanità palpitante che affonda nelle viscere malsane di un palazzo.

L'attrice protagonista Ying Ze, nei panni anche di produttrice, è qui al suo primo ruolo di un certo livello e dimostra stoffa per andare lontano, il suo volto è di quelli che una volta si diceva che riempivano lo schermo; Lu Wenjie, modello professionista di buona levatura, esordisce con un ruolo dall'apparenza sommessa nel cui profondo però batte forte il cuore.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 4

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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