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Superstar al Lido

Una immagine tratta da BetrayalArchiviata l'apertura un po' sottotono (cinematograficamente parlando) con Mira Nair e il suo The Reluctant Fundamentalist e la prima invasione di divi e divette nostrani sul tappeto rosso della serata inaugurale (tra gli altri, come dimenticare le presenze di Valeria Marini e Bruno Vespa, che col cinema hanno molto poco da spartire...) ma anche per fortuna di gossip girl del calibro di Kate Hudson, la Mostra del Cinema di Venezia, la 69esima, con a capo Alberto Barbera, ha iniziato a prendere il largo.

Sveglia. Come per ogni buon giornalista di stanza al Lido, la nostra giornata inizia alle 7.30. Ci svegliamo con il cervello ancora impegnato a sbobinare i significati nascosti del laconico film di ieri sera, l'opera prima del concorso Izmena (Betrayal) del russo Kirill Serebrennikov (già vincitore del massimo riconoscimento alla Festa di Roma con Playing the Victim nel 2006). Una pellicola che sembra scritta da Tonino Guerra e diretta da Michelangelo Antonioni. Atmosfere rarefatte, incomunicabilità, dialoghi straniati: questo e poco altro ci offre il regista russo per parlare di tradimenti che coinvolgono due perfetti sconosciuti intenti a stringere una relazione dopo aver scoperto che i rispettivi coniugi sono amanti. Cosa si prova a essere traditi? Come si può affrontare la consapevolezza che la persona che amiamo ha un altro uomo o un'altra donna? Sono le domande senza risposta che il film sembra porre allo spettatore. Il teorema del regista è: siamo preda di un fato che ci mette costantemente nelle condizioni di non riuscire a dominare le nostre pulsioni sentimentali (tant'è che anche i due protagonisti, dopo un'iniziale ritrosia, si comporteranno allo stesso modo dei loro coniugi: cioè finiranno a letto insieme). Fatalismo col fiato corto a cui non basta una messa in scena di indubbio talento (soprattutto nel modo in cui trasmette il disorientamento di cui sono vittime i due protagonisti) per convincerci della bontà delle intenzioni dell'assunto. Molti sbadigli a fine proiezione e la consapevolezza che un cinema antoniano (di cui siamo grandi amanti, sia chiaro) non può che essere anacronistico negli anni Duemila.

Una immagine tratta da SuperstarLa superstar. Ma ritorniamo alla giornata di oggi. Quando la luce del giorno è ancora fioca, ci fiondiamo in sala per vedere Superstar di Xavier Giannoli. È la storia di un uomo qualunque, Martin, che, di punto in bianco, diventa famoso, suo malgrado, senza aver fatto nulla per meritarlo. La gente lo ferma per strada per chiedergli di farsi immortalare con lui e di firmare gli autografi, i fotografi lo pedinano notte e giorno, le televisioni e i giornali non fanno che parlare di lui, i social network e la Rete sono pieni delle sue immagini. Martin vuole vivere una vita normare, ma una semplice foto scattata mentre lui era in treno e poi diffusa in Internet lo trasforma in una star, in un idolo della gente comune, in un feticcio dell'audience. Si crea un'incredibile empatia tra Martin e il pubblico, finché non arriva il giorno in cui l'idillio finisce di colpo così com'era iniziato, senza una ragione precisa. Dall'adorazione si passa al ribrezzo.
Andy Wahrol aveva visto giusto quando preannunciò che ognuno di noi potrà vivere 15 minuti di celebrità. Il regista Giannoli mostra per immagini l'altra faccia della medaglia della profezia di Wahrol: una società in cui la proliferazione delle immagini fai-da-te, il giornalismo partecipativo, la dittatura degli indici di ascolto, la cultura imperante per il trash, le reti dei social network hanno costruito una realtà artificiale che partorisce fenomeni da baraccone (noi italiani ne sappiamo qualcosa: basta sfogliare una delle tante riviste di gossip che popolano le nostre edicole o accendere la tv) per il puro gusto di continuare ad alimentare l'ossessione della celebrità, diventata il motore della nostra civiltà. Si ride con gusto, ma a denti strettissimi: il grande schermo sembra uno specchio deformato – ma veritiero – dei nostri tempi. Bravo Giannoli, quindi, per come usa il registro del grottesco-comico lasciandoci una terribile sensazione di inquietudine.       

Winona RyderWinona. A proposito di superstar. Al Lido ne è arrivata una da novanta: Winona Ryder, più bella che mai, a Venezia per la premiere del noir The Iceman (presto ve ne parleremo approfonditamente), in cui interpreta la moglie di un sicario (realmente esistito) che ha ucciso 250 persone in circa quarant'annni di attività killeristica. Lei e l'attrice russa Albina Dzhanabaeva (protagonista di scene hot di Betrayal), altro incanto femminile da capogiro che abbiamo visto circolare per il Lido (una testimonianza la trovate sulla nostra pagina di Facebook!), si contendono già il primo posto tra le bellezze più ricercate dagli obiettivi dei fotografi. Del resto di non solo cinema si vive alla Mostra di Venezia: anche l'occhio vuole la sua parte.

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