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Far East Film Festival 2014: le conclusioni

Nove giorni, mille volti, grandi storie, piccoli sogni e forti desideri. Il 16esimo Far East Film Festival è stato questo e molto altro. Cosa resta in attesa della prossima edizione?

Dopo aver visto storie d'amore, drammi familiari, combattimenti aerei e umani, litigi, riappacificazioni, balletti, canzoni, violenza arbitraria, stupri, omicidi, prostituzione, corruzione, verità scomode, gialli irrisolti, solide amicizie, sogni da realizzare, tette, culi, viaggi in moto, battute facili, risate a crepapelle, attimi di vero terrore, silenzio drammatico, suspense, situazioni irrisolvibili, lavori precari, sport avvincenti, e infine bagni termali costruiti nel Colosseo, si può definire davvero concluso il 16esimo Far East Film Festival.
Da Manila in the Claws of Light di Lino Brocka, primo film proiettato venerdì 25 aprile, fino a Thermea Romae II di Takeuchi Hideki, film di chiusura, passando per il vincitore del Gelso d'oro The Eternal Zero di Takashi Yamazaki, il #FEFF16, nella dicitura del hashtag ufficiale, ha portato l'Oriente più vicino a tutti i presenti al festival. Questo è il grande potere degli organizzatori con a capo Sabrina Baracetti: saper ricreare la ricchezza dell'Oriente sia attraverso le attività collaterali di conoscenza e scoperta di questa cultura, raccolte sotto il nome di Far East Off, sia soprattutto grazie al cinema, a partire dai suoi divi. A Udine sono transitati circa cinquanta tra registi e attori provenienti da Cina, Hong Kong, Filippine, Malaysia, Giappone, Corea del Sud, ma solo al Far East ci si può sedere tranquillamente allo stesso tavolo di Fruit Chan e conversare di cinema o di Hong Kong, o spostarsi di poco e aiutare Eugene Domingo a confezionare scooby-doo. Nel Teatro Giovanni da Udine, sede delle proiezioni, si respira, infatti, un'aria di reciproca conoscenza in cui la volontà di dialogo e interazione è primaria e così fondamentale da conquistare l'Orso d'oro di Berlino 2014 Diao Yinan, secondo cui l'atmosfera del Far East lo fa sentire più a casa rispetto all'esperienza berlinese. Osservare, anche, Champan To quasi in lacrime per gli applausi insistiti alla fine della proiezione di 3D Naked Ambition o vedere lo sguardo di gratitudine negli occhi di Wong Yee-Iam, giovanissimo regista hongkonghese che a Udine ha presentato il suo corto Fall, sono tutti elementi che rendono unica l'esperienza al Festival di Udine.

Il valore aggiunto del Far East, dunque, è saper coniugare un ambiente caloroso e di conoscenza con una proposta cinematografica che pantografa efficacemente lo status del cinema asiatico. Il programma del FEFF16, infatti, ha alternato le commedie ai drammi, i film di genere ai capolavori restaurati, le emozioni all'asetticità del mondo in cui viviamo.
La cinematografia di Hong Kong è stata la più esaustiva, presente al Festival con dieci lungometraggi. Dalla commedia drammatica Aberden di Pang Ho-cheung, alle pollastrelle di Sandra Ng in Golden Chickensss, passando per la voce di Johnnie To in Boundless e le ragazzine perdute di May We Chat di Philip Yung, fino ad arrivare a, forse, il più convincente film presentato, The Midnight After di Fruit Chan, il cinema dell'ex protettorato inglese ha portato a Udine la sua crisi sociale di identità e di relazione con la Cina. Gli abitanti di Hong Kong potranno ancora godere della loro libertà, della salvaguardia della lingua cantonese, e sognare il cinema, come sostiene Johnnie To, o resteranno isolati dal mondo, come prefigura The Midnight After nella desolazione apocalittica e nel silenzio con cui è descritta Hong Kong? I dubbi restano, ma gli hongkonghesi sanno guardare al futuro e interpretano il cinema come il canale più adeguato per esprimere le loro idee. Dante Lam ha proposto un riscatto basato sulle proprie forze, mentre Matt Chow in Golden Chickensss suggerisce quale rimedio la capacità di adattamento del popolo di Hong Kong e il suo essere lungimirante.
Le altre cinematografie presenti al FEFF, invece, hanno privilegiato la proposta di commedie, drammi sentimentali, o rivisitazioni di generi come il thriller giapponese Bilocation o la suspense del coreano The Terror Live. Anche il cinema filippino, seppur attraversato da una sperimentazione cinematografica indipendente, si è presentato a Udine con poca originalità. La canonicità del dramma Barber's Tale o della storia giovanile Shift di Siege Ledesma si sono contrapposte a Dynamite Fishing in cui Chito S. Rono propone un nuovo linguaggio espressivo nel descrivere la dilagante corruzione del suo Paese. La Cina è andata un po' oltre, presentando uno spunto narrativo più ricercato con il misterioso noir Black Coal, Thin Ice o la velata riflessione sullo stato sociale di Einstein and Einstein. In particolare la pellicola di Diao Yinan, insieme solo al coreano The Attorney, ha proposto una più elevata fattura artistica, quasi autoriale all'interno di un programma incastrato su standard narrativi poco innovativi.

Questo è stato, dunque, il Far East di quest'anno, ma quali nuovi obiettivi attendono la squadra di Sabrina Baracetti? La sfida più grande è sicuramente non snaturare l'atmosfera del FEFF. Motivazioni economiche, amministrative, politiche possono rappresentare gli eventuali ostacoli alla creazione di quel clima di conoscenza, scoperta e apertura mentale caratterizzante il FEFF che passa soprattutto attraverso un programma cinematografico eterogeneo. Certo, sarebbe necessario da parte dei selezionatori un maggiore azzardo nelle scelte che potrebbe offrire la visione di un linguaggio cinematografico più sperimentale così da registrare con più accuratezza tutti i modi di fare cinema in Oriente. Appare giusta, in quest'ottica, sia la selezione della visione dei quattro documentari che la scelta di inserire nel programma i classici restaurati di Yasujiro Ozu, del filippino Lino Brocka, di Wancang Bu e Bae Chang-Ho. Questi focus rappresentano i primi tasselli di due sezioni che potrebbero completare l'offerta in quanto il documentario è il genere che meglio riesce a raccontare un Paese e i film dei grandi del passato possono fornire materia di confronto, di approfondimento e di comprensione sull'evoluzione delle idee e delle tecniche delle diverse cinematografie.
Queste, infine, sono le ultime considerazioni. Non resta che dire, arrivederci al #FEFF17.

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