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Sieranevada - Recensione

Giunge in sala Sieranevada, ultima fatica di Cristi Puiu, un racconto famigliare specchio delle incertezze, delle paure e della confusione di un Paese ancora alla ricerca della sua verità storica

A un anno esatto dalla sua premiere al Festival di Cannes, arriva sugli schermi italiani Sieranevada di Cristi Puiu, autore capofila di quella Nouvelle Vague romena che si è imposta negli ultimi anni come una delle correnti cinematografiche più interessanti e prolifiche del panorama mondiale.
Puiu, come la gran parte degli autori contemporanei romeni più apprezzati, appartiene a quella generazione che ha visto cadere il comunismo, che è stata parte attiva nella ricerca di una svolta democratica nel Paese e che, a ormai quasi trent'anni di distanza dalla 'rivoluzione' che partì da Timisoara e che portò alla caduta di Ceausescu, si interroga sul valore di quegli eventi e sul successivo cammino intrapreso dalla società. Per tale motivo i lavori della Nouvelle Vague romena sono quasi sempre intrisi di riflessioni politiche calate nel contesto di una contemporaneità difficile ed incerta.
Sebbene Sieranevada sia lavoro all'apparenza intimo, con note autobiografiche ed incentrato su una famiglia della media borghesia, al suo interno scorrono numerose tematiche sociali e politiche che Puiu, in perfetto stile neorealista, si guarda bene dal giudicare e dall'elaborare. In tal senso è emblematica la prima scena del film che dà subito una idea di come le quasi tre ore dell'opera siano strutturate: una macchina da presa fissa in un angolo di una strada che riprende una scena famigliare come tante con un sottofondo di rumori da strada che non consentono quasi mai di apprezzare i dialoghi. E' l'unica scena, insieme ad un altro breve inserto verso il finale del film, che si svolge al di fuori di un appartamento della periferia di Bucarest dove, secondo le tradizioni ortodosse, una famiglia si riunisce per commemorare il defunto patriarca, morto quaranta giorni prima.
La prospettiva attraverso la quale Puiu ci porta in questo appartamento dove regnano i chiaroscuri è quella di Lary, medico che da un anno ha abbandonato la professione per dedicarsi al commercio di apparecchiature elettromedicali. Nella casa si radunano parenti e qualche amico di famiglia: uno spaccato di umanità variegata e in certi casi anche bizzarra. Lary è un personaggio che quasi alla perfezione incarna l'occhio dello spettatore: disilluso, pacato, mai categorico e tendenzialmente accomodante e ben disposto verso il prossimo. In attesa dell'arrivo del pope che deve celebrare il rito religioso davanti ad una tavola imbandita, tra un bicchiere di vino e uno di birra le chiacchiere volano e si intrecciano: ossessioni personali, segreti, tensioni, contrasti serpeggiano come in ogni famiglia che si rispetti, in alcuni momenti sembra di essere di fronte ad una resa dei conti sempre rinviata da qualche imprevisto che azzera tutto, nella perenne attesa di sedersi finalmente a tavola.
Le dinamiche famigliari colorite, quando non addirittura comiche come quando compare Toni, lo zio di Lary, vanno però ad intersecarsi con discussioni politiche perché tra i presenti c'è un'anziana amica di famiglia nostalgica del comunismo che scatena la reazione isterica di una sorella di Lary, un cugino che, partendo dall'attentato a Charlie Hebdo avvenuto pochi giorni prima degli eventi raccontati, si lancia in teorie complottistiche sull'11 settembre, il fratello minore militare che spiega le incertezze del mondo e del Paese riportando tutto alla paura che attanaglia ogni angolo del pianeta.
E' così che quindi Puiu passa dall'intimità della famiglia ai grandi temi che tormentano la società romena: l'incertezza, la paura, la mancanza di un riferimento, la riflessione sul passato, temi che sono poi gli stessi che si riscontrano nelle dinamiche famigliari. Morto il patriarca manca il riferimento, si lotta per acquisire un ruolo in un contesto che è quello famigliare ma che, mutatis mutandi, è anche quello della società.
Si fa sera nel frattempo, i segreti personali sono svelati più o meno chiaramente, anche la lite violenta tra gli zii di Lary che si accusano a vicenda sul fallimento del loro menage famigliare, sembra placata, forse è giunta l'ora di sedere a tavola. Ma ecco che un nuovo piccolo episodio imprevisto riporta tutti lontano dalla tavola: alla fine Lary e il fratello minore, gli unici rimasti seduti, se la ridono di gusto, un sorriso amaro e ironico che sta a significare che affannarsi è inutile perché tanto cambiare il corso delle cose non è per nulla facile.
Non spaventino le quasi tre ore del film: Sieranevada, ove si escluda un inizio che crea non poche difficoltà per mettere a fuoco i personaggi e i vari gradi di parentela, è opera che non annoia per nulla, grazie soprattutto alla pregevole scelta dapprima narrativa e poi tecnica di Puiu: siamo infatti calati come degli spettatori neutrali, invisibili, in un contesto chiuso, la famiglia di Lary, di cui possiamo progressivamente comprendere le dinamiche e soprattutto le verità parziali, siamo insomma la classica mosca invisibile che vorremo essere tante volte per assistere a qualche situazione. Ma il presupposto narrativo trova un mirabile appiglio in una precisa scelta tecnica di ripresa: macchina da presa piazzata in un angolo dell'ingresso dell'appartamento, lunghi piani sequenza in cui porte si aprono e si chiudono, gente che passa da una camera all'altra, musiche provenienti da una radio e suoni di ambiente che coprono le voci, dialoghi carpiti, personaggi quasi sempre in primo piano, brevi incursioni all'interno delle stanze; noi guardiamo e ci pare di sentire passare le persone accanto, vediamo le porte che si aprono e chiudono come a svelare un microcosmo, ascoltiamo le voci e non vediamo chi parla perché mobilio, stipiti ed ante costituiscono gli arredi di un palcoscenico in continua trasformazione. E le tre ore passano veloci perché tutto si modifica sempre, così come le verità che ognuno dei personaggi riferisce.
A completamento di tutto le eccellenti prove di tutti gli attori che riescono, dopo l'iniziale momento di confusione, a disegnare i personaggi in modo netto e chiaro:in particolare va citata la prova di Mimi Branescu, il nostro medium che ci guida nel groviglio famigliare, di Dana Dogaru, la vecchia matriarca che funge da catalizzatore, e quella di Bogdan Dumitrache, il fratello minore che vede nella paura il motore del mondo.

Sieranevada è dunque un ritratto dalle tinte drammatiche e brillanti miscelate splendidamente di una famiglia che funge da specchio di un Paese che sembra avere perso la sua poderosa forza trainante seguita alla caduta del comunismo e con essa certezze e punti di riferimento, adagiandosi su quella stanchezza cronica dell'Europa che ormai da anni ha abbracciato la Romania nel suo vincolo politico.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 4

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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