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Jurassic World - Recensione

I rettili preistorici tornano al cinema in un nuovo deludente capitolo privo di fascino e povero di idee. Un’occasione sprecata per tentare di ridar vita a una saga ormai fossilizzata nell’ombra di se stessa

Sono passati oltre vent’anni dal primo Jurassic Park, una pellicola che ha senza dubbio segnato l’immaginario cinematografico recente formando più di una generazione di fan. I capitoli successivi hanno purtroppo evidenziato l’incapacità della serie di rinnovarsi, mostrando una progressiva debolezza creativa e cedendo spesso a esigenze sfacciatamente commerciali. I timori sulla reale riuscita di un nuovo film erano quindi decisamente fondati, soprattutto in virtù della gestione assai travagliata dell’intero progetto nel corso degli anni.
Dopo varie vicissitudini, nel tentativo di rilanciare il mondo perduto dai lui ideato, Steven Spielberg ha voluto come regista il quasi esordiente Colin Trevorrow, colpito dal suo precedente (ed unico) lungometraggio Safety Not Guaranteed (2012), un interessante prodotto indipendente in grado di mescolare fantascienza, comicità ed introspezione con una riuscita alternanza di registri. Trevorrow sembrava potesse essere una scommessa vincente su cui puntare, specie dopo il coinvolgimento nella stesura della sceneggiatura di Derek Connolly, autore proprio del suo film di debutto. Purtroppo il connubio artistico ricreatosi in questo quarto episodio non è riuscito a dare un apporto nuovo e convincente alla storia, evidenziando una serie di debolezze essenziali nella trama.
Il parco giurassico sognato da John Hammond (il compianto Richard Attenborough) è ormai diventato realtà: un gigantesco complesso situato su Isla Nublar accoglie ogni anno migliaia di visitatori, offrendo loro attrazioni di ogni tipo in cui interagire con i dinosauri in maniera finalmente controllata e sicura. Claire Dearing (Bryce Dallas Howard) gestisce il parco con maniacale attenzione, tentando di arginare costantemente le potenziali perdite economiche dovute a un graduale calo di interesse del pubblico. Per aumentare l’affluenza viene quindi creato un nuovo tipo di dinosauro: l’Indominus Rex, un ibrido ottenuto incrociando l’iconico tirannosauro con specie differenti (non solo estinte). Tuttavia la nuova attrazione si rivela estremamente intelligente ed aggressiva, mettendo in pericolo la sicurezza dell’intera struttura e rivelandone l’imprevista fragilità. L’ex militare Owen Grady (Chris Pratt) tenterà arginare l’emergenza, utilizzando come inaspettati alleati proprio un gruppo di letali rettili preistorici.
Jurassic World soffre di una sostanziale incapacità di emanciparsi dai film precedenti, il cui patrimonio ereditario riaffiora sempre con le sue caratteristiche dominanti. Nonostante la scelta volontaria di abbandonare alcuni tratti distintivi della serie (a partire dall’inserimento dei nuovi personaggi), non ci si discosta mai realmente da un impianto narrativo classico e ormai logoro. Non c’è il coraggio di osare, e anche se alcuni spunti sono interessanti (l’idea di vedere il parco funzionante è senza dubbio riuscita), la costruzione dell’intreccio procede in maniera scontata attraverso dinamiche già abbondantemente viste, in cui le soluzioni adottate sono irrilevanti e spesso fuori contesto. Escludendo i nuovi dinosauri e l’approccio visivo aggiornato ai moderni standard tecnologici (per la prima volta non si fa uso di animatronics ma solo di modelli digitali), non c’è una vera idea forte in grado di sostenere l’intero film. Alcune scelte sono addirittura stonate: l’espediente mortificante di ammaestrare alcuni tra i predatori più temibili per usarli come arma militare grida vendetta, così come gli inserti e le pause emotive tratteggiate con una banalità a tratti sconcertante. I cliché sono spesso in agguato, e la caratterizzazione dei personaggi è spesso talmente stereotipata da sembrare caricaturale. Le uniche parti realmente riuscite sono quelle in cui si abbandona momentaneamente lo spirito di servilismo verso la saga e il fan service per lasciarsi andare a qualche attimo di leggerezza o ironia.
La regia di Trevorrow è priva di particolare inventiva, e si limita a offrire qualche discreta sequenza costruita principalmente sull’effetto dell’impatto scenico. La fotografia di John Schwartzman si presta bene a questo tipo di approccio, ma mostra tutte le sue debolezze in alcuni momenti in cui si avverte un senso di evidente artificiosità. Michael Giacchino firma nuovamente una colonna sonora fiacca e disarticolata, basata sulla riproposizione ridondante del tema di John Williams. Inconsistente la prova del cast, in cui appare anche un dimenticabile Irrfan Khan e un sottotono Vincent D'Onofrio.

Jurassic World è un film anonimo e privo di spunti, incapace di dare nuova linfa a una saga che sembra aver esaurito il proprio potenziale. L’omaggio è ormai indistinguibile dalla ripetitività, e l’accumularsi di situazioni e soluzioni narrative già abbondantemente sfruttate rende l’intera pellicola un’operazione inconcludente e avara di attrattiva. Lo stupore è ormai svanito, estinto (quello sì) forse definitivamente.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 2

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Simone Tricarico

Pensieri sparsi di un amante della Settima Arte, che si limita a constatare come il vero Cinema sia integrale riproduzione dell’irriproducibile.

2 commenti

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