Peter, un affermato architetto tutto d’un pezzo, deve recarsi da Atlanta a Los Angeles per assistere alla nascita del suo primo figlio. Anche Ethan, un esuberante e pasticcione attore alle prime armi, è diretto a Los Angeles, dove lo attende un provino che potrebbe risultare decisivo per la sua carriera artistica. A pochi minuti dalla partenza, l’architetto si ritrova impossibilitato a prendere l’aereo che lo avrebbe portato a Los Angeles per via di una serie di sfortunate circostanze scatenate da un comportamento intemperante dell’attore. Per farsi perdonare dell’accaduto, Ethan offre a Peter l’opportunità di raggiungere insieme a lui la città a bordo di una macchina noleggiata a suo nome. Nonostante siano caratterialmente incompatibili, i due superano la diffidenza che l’uno nutre nei confronti dell’altro e decidono di mettersi in cammino. Inizia così un lungo viaggio pieno di sorprese, durante il quale imparano a conoscersi meglio, al punto da trasformare il loro rapporto conflittuale in un’amicizia speciale.

Dopo il successo del best-seller Una notte da leoni, Todd Phillips riprova a scalare le vette del box office mondiale con Parto col folle (in originale Due Date). Ancora una volta il regista newyorkese si cimenta con una commedia divertente che combina il road-movie (i film di viaggio) con il buddy-movie (le pellicole che parlano dell’amicizia tra uomini): al centro dello schermo fanno di nuovo capolino le altalene esistenziali della vita maschile a colpi di risate. Il viaggio come crescita interiore, e come chiave di lettura di un film-ritratto per la generazione di trentenni americani. Tutto in una storia in perfetto stile hollywoodiano che, per una volta, resta ben lontana dalla volgarità che imperversa in molte altre commedie che si affacciano sul grande schermo negli ultimi tempi.
Attorno ai protagonisti – due uomini che mettono a nudo la propria vita e se stessi in un gioco di specchi che, attraverso le tappe di un percorso irto di ostacoli, li conduce ad una nuova consapevolezza – Phillips ha costruito un racconto che riesce ad alternare, tra una sorpresa ed un contrattempo, il serio ed il faceto, dando il giusto rilievo alle diversità psicologiche di Peter ed Ethan e, di conseguenza, al loro diverso modo di agire, a volte privilegiando i ritmi affannati dell’azione, altre volte concedendosi pause umoristiche. La regia è 'invisibile': è tenuta in pugno con piglio sicuro da Phillips, che però non si spinge un po’ più in là del previsto, quanta bastava per rendere ogni scena più sorprendente.
Si ride spesso, soprattutto nella prima parte, quando l’impasto di umanità e tenerezza, cinismo e ironia con cui il film avvolge i suoi personaggi regala frangenti molto godibili. Piccoli pregi che, tuttavia, si vanno perdendo in una seconda parte più compiacente, nello sforzo di accontentare un vasto pubblico. Dopo un po’ quello che dovrebbe essere il motivo conduttore del film (l’amicizia maschile rappresentata come un incubo) viene quasi abbandonato a favore di personaggi intrisi di un’allegria troppo derivativa e di facile presa sul pubblico. Gli attori sono tutti bravi, ma il migliore in campo è Robert Downey Jr., al quale è stato affidato il ruolo dell’odioso Peter.

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