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Eden - Recensione (Festival di Roma 2014 - Gala)

Quarto lungometraggio per la giovane regista Mia Hansen-Love, che in questo nuovo film racconta l'esplosione della musica elettronica francese negli anni a cavallo tra i due secoli. In un lento susseguirsi di scene e in un'evoluzione narrativa tutt'altro che chiara si articola la storia di due giovani dj alla ricerca del successo

Che la Francia nel ventennio dagli anni novanta del Novecento agli anni dieci del Duemila sia stata un propulsore per lo sviluppo internazionale di un certo tipo di musica elettronica è fuor di dubbio. Per descrivere la fertilità di questa scena è riduttivo citare solo i Daft Punk, i Cassius o Dimitri from Paris. Hanno contribuito alla crescita di questa scena una schiera di dj la cui storia ha deciso di raccontare Mia Hansen-Love nel film Eden.
I protagonisti sono due ragazzi parigini Paul e Stan, uniti dalla passione per la musica garage. Decidono, così, di formare il duo The Cheers per consolidare questo genere ancora sconosciuto in Francia alla fine del secolo scorso. Il successo non tarda ad arrivare. Ben presto ai due ragazzi si affiancano manager, produttori, ragazze e tutti insieme viaggiano per il mondo, aumentando così la voglia dei due di esibirsi e di affermarsi. Molte insidie, però, si inframezzano nella loro vita, soprattutto in quella di Paul, fino a quando arriva la parabola discendente del successo. I The Cheers dovranno fare i conti i debiti e i disaccordi con i presunti amici.
Eden si concentra sulla figura di Paul (Felix De Givry) e attraverso l'affermazione della sua carriera da dj, consacrata nel film con un dj set al PS1 del MoMA a New York, la storia prende corpo. Questa consacrazione si sviluppa nell'arco del ventennio di narrazione in cui si verificano principalmente tre avvenimenti: Paul suona in un qualsiasi locale, conosce una ragazza, la porta a casa, la mattina dopo si sveglia e non vuole più saperne di lei. Il secondo evento è che il ragazzo sviluppa la sua dipendenza dalla cocaina, ma stranamente nel film non ne accusa mai i sintomi di un'assunzione massiccia. Terzo evento è la richiesta continua di soldi da parte di Paul ad amici, alla famiglia, al suo manager, perché sempre indebitato. In mezzo a queste tre azioni si articola la relazione di Paul con Louise (Pauline Etiene). Poi nel film non accade nient'altro.
Interpretare, dunque, l'esigenza della regista, andando oltre queste tre azioni, è davvero impresa ardua. Se Eden avesse voluto ritrarre l'atmosfera musicale, il fermento alla base di quel French Touch che ha condizionato la musica contemporanea, non è riuscito nell'intento. La musica è velata, è nascosta, è solo accennata in alcuni punti e non riesce a liberare il suo suono nemmeno nei dj-set a New York. Come la musica anche i personaggi sono trattati con molta superficialità. Sembra quasi che la regista non abbia intenzionalmente descritto l'evoluzione psicologica di Paul da dj a uomo in crisi di vita, per proporre un discorso più in generale riguardo quella generazione di giovani francesi amanti della musica elettronica il cui mondo di illusioni e successo si è sfaldato nel momento in cui la sbornia musicale è terminata. In Eden, infatti, il giovane protagonista, dopo l'apoteosi iniziale, si trova a dover fronteggiare debiti e finte amicizie, ma si pone nei loro confronti con una totale mancanza di emozioni che non rende credibile il suo stato. Soprattutto perché questi ragazzi si trovano a passare dalla cresta dell'onda al baratro? Cosa succede nel contesto musicale e sociale della Francia e del mondo che possa motivare questo cambiamento? Cosa scatta all'interno di Paul tanto da farlo cambiare? Non è spiegato.

Eden, così, si propone come un film inespresso, per nulla memorabile, nemmeno per il suo valore musicale.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 1.5

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Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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