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We Are Young. We Are Strong. - Recensione (Festival di Roma 2014 - Cinema d'oggi)

Opera seconda per il giovane regista di origine afghane Burhan Qurbani che racconta quel giorno di Agosto del 1992 in cui a Rostock espose la rabbia xenofoba: ritratto di una generazione che ha acquistato la libertà ma ha perso certezze

Nell'Agosto del 1992, a tre anni dalla caduta del Muro di Berlino che portò alla riunificazione della Germania, a Rostock, città portuale dell'est, scoppiò la rivolta xenofoba contro gli immigrati, prevalentemente asiatici, alloggiati in un complesso residenziale alla periferia della città. Di quel giorno il giovane regista Burhan Qurbani, afghano di nascita e rifugiato sin da bambino in Germania ai tempi dell'invasione sovietica dell'Afghanistan, ricostruisce gli eventi in questa sua opera seconda: un racconto che parte dalla mattina e si conclude a notte fonda con il rogo appiccato al centro di accoglienza.
Non si tratta di un film di cronaca però, sebbene il regista scandisca i vari episodi con precisione teutonica sottolineata da orari e luoghi ben precisi, semmai è un'analisi sociale di tutto quello che ci fu dietro quegli eventi, a partire dalle beghe politiche, dall'indecisione che regnò a tutti i livelli di competenza (governo centrale, governo locale e forze di polizia) e dai fremiti di coscienza che scossero i governanti, compressi tra il dovere istituzionale, le proprie convinzioni e le situazioni personali.
Quella giornata di Agosto del '92 viene raccontata attraverso le gesta di un gruppo di giovani, tipici figli di una società che aveva appena riacquistato la libertà e la democrazia ma che aveva al tempo stesso lasciati ampi spazi di vuoto e di profonde incertezze; i giovani protagonisti, alcuni poco più che adolescenti, trovano nella rabbia xenofoba una valvola di sfogo dalle loro frustrazioni che gli impediscono di vivere una normale esistenza come i loro coetanei: infatuati neonazisti, ex comunisti nostalgici, depressi e taciturni, violenti e attaccabrighe formano una falange compatta che trova nell'odio per gli asiatici, gli zingari, i profughi dall'est Europa la loro scintilla di falsa vitalità che colmi il vuoto di certezze che li circonda.
Qurbani non manca di ricordarci come questi giovani siano comunque figli del loro tempo e possiedano nel profondo quelle briciole di adolescenzialità che si manifesta nei turbamenti amorosi, nella gita al mare, nei corpi stesi al sole e nei giochi nell'acqua, ma per sentirsi vitali hanno bisogno di lanciare fuori la rabbia che è espressione di una paura profonda, la paura del futuro, la paura di una società che non sa offrire altro che libertà senza alcuna certezza.
Il lavoro di Burhan Qurbani possiede svariati spunti positivi, a cominciare dal bianco e nero usato che sa da una parte sembra ormai quasi un ovvio cliché per rappresentare le realtà comuniste o post-comuniste, dall'altra rende con forza ed efficacia la mestizia e lo squallore delle esistenze raccontate. Una scelta che solo nel finale, all'acme del racconto, viene abbandonata in favore di un colore che rappresenta l'esaltazione della (falsa)vittoria contro i fantasmi.

Se il regista usato con più sapienza le forbici e sfrondato la storia di una ventina di minuti, soprattutto laddove sembra scivolare su tematiche un po' troppo giovanilistiche da film per teenager a favore magari di tracce che accenna appena (la convivenza tra gli inni neonazisti e l'Internazionale ad esempio), We Are Young. We Are Strong. avrebbe potuto essere film di eccellente fattura. Di certo Qurbani mostra un buon talento cinematografico che non tarderà a mostrarsi ulteriormente nei prossimi lavori.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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