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Kung Fu Jungle - Recensione (Far East Film Festival 2015)

Omaggio al Martial Arts Movie di Hong Kong, Kung Fu Jungle ha il pregio di essere uno dei pochi lavori che tenta di conservare una identità cinematografica che stenta a riaffermarsi

Nell’anno in cui anche il Far East Film Festival mostra in maniera netta come il cinema di Hong Kong viva una profonda crisi di identità, Kung Fu Jungle è un po’ come un faro nella notte tra i marosi: autenticamente di genere, seppur traslato ai giorni nostri, uno tra i pochi esempi di lavori che rimandano ai canoni che più di ogni altro hanno caratterizzato la storia del cinema dell’ex colonia britannica. Motivo per il quale il lavoro di Teddy Chen è un altro di quelli che vanno valutati al di là della loro reale validità  artistica.
Il senso più profondo di Kung Fu Jungle sta nei titoli di coda: un ringraziamento rivolto a personaggi che hanno fatto la storia del kung fu movie hongkonghese, molti dei quali presenti nel cast del film stesso e altri, come Jackie Chan e Liu Chia Liang, citati con spezzoni di scene sparse qua e là nel contesto della pellicola. Insomma il lavoro di Teddy Chen è anzitutto un revival dichiarato di un genere che ha fatto la storia della cinematografia e che sempre più va scomparendo, per lo meno nella sua impronta tradizionale che era poi l'espressione di una cultura ben caratterizzata.
Kung Fu Jungle è film che sia nella storia che nei suoi aspetti tecnici, seppur rivisitati nell'ottica dei moderni effetti speciali, rimanda al classico. Tutto il film è incentrato sulla contrapposizione tra i due personaggi principali che è prima di tutto un confronto ideologico: arti marziali come disciplina ferrea di autocontrollo e di esaltazione dello spirito interiore contrapposta al concetto del Kung Fu come arma per uccidere. Da un lato c'è Hahou Mo, maestro di arti marziali d'oggi che per un eccesso di foga ha ucciso un uomo in combattimento e per tale motivo si è costituito, con grande senso di rettitudine, e sta scontando la galera; dall'altra un serial killer, Fu Yung-Sau, che ammazza utilizzando le varie tecniche delle arti marziali e che sceglie le sue vittime tra gli ex maestri marziali collaboratori di Mo. Quest'ultimo si propone di aiutare la polizia a catturare l'uomo in cambio della libertà.
Il lato bianco e quello nero delle arti marziali a confronto quindi: da un lato la lealtà, dall'altro la rabbia feroce segnata da una vita disgraziata e dal dolore per la perdita dell'amata moglie. Mo paladino del melodramma che vuole difendere la sua amata, figlia dello shifu, e che si presta alla sfida mortale contro Fu solo perché obbligato dalle circostanze, quest'ultimo che cerca invece una affermazione che la vita gli ha sempre rifiutato gettandolo nella disperazione. Vagando tra vicoli e terrazzi della vecchia Hong Kong così come nei villaggi della Cina continentale, seguiamo questa caccia all'uomo combattuta a suon di combattimenti, di inseguimenti persino in motoscafo e che si conclude in un lungo spettacolare duello in strada tra camion che sfrecciano e automobili strombazzanti, autentico climax del film.
Nella sua dinamica narrativa il film sfrutta un cliché consolidato, quello del serial killer che agisce secondo percorsi stabiliti, ma per gli amanti del genere indubbiamente Kung Fu Jungle è lavoro da vedere perché c'è azione, c'è tecnica di combattimento, ci sono acrobazie mirabili, c'è melodramma, c'è l'essenza delle arti marziali, c'è Donnie Yen, attore e action director. E soprattutto, sorpresona, c'è un grande Wang Baoqiang che si conferma non solo come uno tra i migliori attori cinesi, ma anche uno dei più versatili, visto che passa senza colpo ferire dai toni da commedia di
Lost in Thailand a quelli autoriali e drammatici de Il tocco del peccato per finire col mostrare le sue grandi capacità tecniche, tenacemente ricercate e affinate, in Kung Fu Jungle. Probabilmente è proprio lui, più del divino Donnie, la vera punta di diamante del film.

Insomma il film di Teddy Chen, che si produce in una buona regia, è di quelli da nicchia cinematografica e al tempo stesso testimonianza di un genere che stenta a ritagliarsi uno spazio tra le mega produzioni e i blockbuster, ma anche tra i non cultori del martial art movie troverà non pochi estimatori, perché come film d'azione ha svariate cose da raccontare.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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