X Lago Film Fest 2014: un primo sguardo
- Scritto da Davide Parpinel
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Il primo week-end di contenuti e proiezioni al X Lago Film Fest è alle spalle. In questi giorni, a partire dalla cerimonia di premiazione fino al focus sui lavori di Joonas Makkonen, giovane regista finlandese e giurato di questa edizione, i volti, le sensazioni, le idee, le riflessioni hanno solcato e inciso il borgo di pietra in cui si svolge il festival.
Il premio alla sceneggiatura intitolato a Rodolfo Sonego ha già proclamato il suo vincitore, Massimo Morlando con Le stelle ci guardano. Gianfranco Angelucci, presidente di giuria della selezione sceneggiature, ha parlato, nell'incontro di presentazione del suo nuovo libro Giulietta Masina attrice e sposa di Federico Fellini di come abbia inteso la sua vita con il cinema, anche e soprattutto grazie alla sua collaborazione storica con il regista romagnolo.
Le perfomance di Open Space hanno preso avvio con Loop di Sweet Cicuta in cui, in una commistione tra danza, teatro e musica, spiega come la quotidianità sia gestita da un opprimente controllo mediatico. Allo stesso modo le presentazioni musicali, i focus, gli incontri con il pubblico sul video hanno animato i diversi cortili del festival, cominciando a delineare la tradizionale atmosfera del LFF di laboratorio a cielo aperto sul mondo visuale.
C'è anche il cinema e ci sono, soprattutto, i corti e i documentari. La proposta Internazionale al momento si segnala come armoniosa ed eterogenea nel dichiarare contenuti a volte non troppo originali. Vegas di Lukas Konopa, 2013, è un documentario con uno sguardo asettico e puntuale che identifica una Las Vegas alternativa all'immaginario collettivo. Nella città del regista il sogno americano è vissuto fuori dai lustrini, per invece concentrarsi nei sogni di successo di un ragazzo di 18 anni. Egli vuole essere protagonista, ma si relaziona con un gruppo di ospiti di un ricovero per anziani che ne mette in evidenza la stucchevole e autoreferenziale finta brillantezza. Vegas racconta, anche, di un uomo che vive da solo sotto un ponte il cui sogno è semplicemente condividere, dialogare, interagire con un gatto. Il doc di Konopa, quindi, propone, mostra, osserva, attraverso esempi umani indicativi ed efficaci, i quali potevano però essere indagati con maggiore profondità.
Con Electric Indigo di Jean-Julien Collette si passa alla finzione di una famiglia atipica e diversa costruita sulla volontà di trovare la propria armonia. La donna protagonista ha due padri, eterosessuali, che si amano platonicamente, perché simili nei gusti e nei gesti. La ragazza ha anche una madre da cui è tenuta lontana, perché vista come l'elemento di disturbo dell'unione dei due uomini. Il dramma non tarda ad emergere e la protagonista si trova ben presto a dover ricordare la sua allargata famiglia, uccisa dalla confusione e dall'anarchia sentimentale su cui si erge. Il corto appare, soprattutto nelle scelte musicali e in alcuni spunti narrativi didascalici, come la scena dell'uccisione dei due padri, come fintamente facile per invece proporre un sottotesto che, però, non emerge. Il tema della ricerca dell'armonia e dell'amore come unica soluzione a tutti i mali, che si concretizza nella scelta di vita della protagonista, è un messaggio a cui non ci si accontenta, se si intende la confusione sentimentale, emotiva e di vita che pervade la famiglia protagonista, come, al contrario, un punto di vista originale e poco scontato per ritrarre la famiglia di oggi. Collette propone una critica? Vuole porre in luce una devianza o porre l'accento sull'universalismo dell'amore come reale motore di unione? Non è chiaro in quanto il regista appare più concentrato a stupire, a creare disarmonia, piuttosto che a scavare nella psiche dei suoi personaggi.
All'interno della proposta Internazionale trova collocazione anche l'animazione. Rabbitland, di Ana Nedeljkovic e Nikola Majdak Jr, del 2013: un ironico e caustico esperimento visivo in cui dei coniglietti rosa, fisicamente senza cervello, sono lobotomizzati dalla televisione e da un gruppo di ragazze cattive che li schiacciano. Il paradosso e l'improbabile rendono l'animazione divertente e comica, pur lanciando una non troppo velata critica alla società attuale.
Il primo momento di approfondimento al XLFF sul lavoro di un regista è stato dedicato a Joonas Makkonen, regista poliedrico e coraggioso. Dieci corti, selezionati da lui stesso, hanno ritratto un universo visivo costellato da un marcato black humor, da un'ironia accentuata e tagliente, dalla banalizzazione della tragedia e da un'atmosfera surreale e non certo realistica. Il giovane filmmaker passa dalla fiction, al horror, alla sperimentazione, da storie contemporanee ad ambientazioni storiche e di finzione lasciando immutati questi stilemi. Osservando le disavventure con il cane di una ragazza del giovane nerd protagonista di Peto (2011) o ridendo guardando come il malefico coniglio di pezza di Case Rabbit (2012) rapisce e porta in un altro mondo il padre e la ragazza della famiglia che lo accoglie, il pubblico osserva l'improbabile, il bizzarro, e soprattutto la capacità di un regista che si diverte lui stesso nel narrare in maniera folle e apparentemente sconclusionata il mondo di oggi.
Insomma, in questo primo fine settimana della kermesse di Revine sono stati proposti molti momenti di intrattenimento e di condivisione. C'è stata anche la proiezione di Hybris di Fabio Masi all'interno della collaborazione con Blob. Con la sua camera a mano il regista indaga il mondo pop plasticoso pieno di vip e addetti al settore del Lido durante la Mostra del Cinema. In questa lunga galleria degli orrori ciò che vince è lo stile Blob, sconquassante e teorizzatore di una televisione ancora oggi innovatrice.
Il XLFF si presenta al momento, dunque, come un mix tra la comicità di Jerry Lewis e il fascino di Dean Martin in cui il pubblico arriva e si diverte in attesa di avere una visione completa della proposta cinematografica.
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