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This Must Be the Place

La locandina con Sean PennSean Penn è Cheyenne, una rock star dark che vive una vita borghese e appartata nella sua villa di Dublino con la moglie Jane. Da anni si è ritirato dalle scene e a causa della morte del padre, decide di ripercorrere la provincia americana alla ricerca del nazista che ha seviziato il padre in un campo di concentramento

Cheyenne sembra un folletto dark: capelli cotonati, occhi truccati di nero, rossetto rosso e cerone bianco. È una rock star dark che da anni si è ritirata nella sua immensa villa di Dublino con l’amatissima moglie Jane, conducendo una vita appartata e borghese. Nonostante l’aspetto bizzarro e un po’ inquietante, è un uomo malinconico e dolce, che vive le sue giornate in modo annoiato e vagamente depresso, vagando per le strade di Dublino trascinando con sé un vecchio trolley. Ha un’unica amica, un’adolescente dark che vorrebbe si fidanzasse con il commesso della tavola calda dove vanno a mangiare. Alla scoperta della morte del padre, un ebreo che viveva a New York e con cui non aveva più rapporti da molti anni, decide di andare negli USA alla ricerca del carnefice nazista che aveva umiliato suo padre nel campo di concentramento. Un percorso on the road che porta Cheyenne a vagare per la provincia americana, cercando indizi e conoscendo persone che possano ricondurlo al famigerato nazista che si è nascosto in America. Un viaggio non solo fisico, ma anche spirituale che permetterà a Cheyenne di diventare finalmente un adulto e riscoprire la sua voglia di vivere.

Paolo Sorrentino dirige la sua prima opera di produzione americana e lo fa con un attore d’eccezione, Sean Penn, affiancato da Frances McDormand. Uno dei pregi di questo film, scritto da Sorrentino e Umberto Contarello, è quello di portare sullo schermo un personaggio davvero unico, etereo e fragile, ma molto difficile da raccontare senza scivolare in una caratterizzazione ridicola o inconcludente. Invece Sean Penn, nel suo ruolo di un Peter Pan dark, risplende di tutta la sua forza e dà vita ad un personaggio grandioso e sfaccettato, che nel suo incedere dinoccolato, il suo parlare flebile e i suoi sguardi da bambino malinconico, fa trasparire tutta la dolcezza di un uomo che ha perso la strada e che nemmeno sa di essere sull’orlo della depressione.
Sean Penn è CheyenneRispetto ai film precedenti di Sorrentino questo personaggio rivela una bontà e una speranza che in passato non c’erano: se allora i protagonisti erano avvolti dal cinismo e dalla devianza, qui invece Cheyenne è un “portatore sano di gioia”, nonostante le prove difficili che dovrà affrontare e la sua incapacità di uscire dalla sua vita ovattata e annoiata.
Nel film ci sono molti momenti emozionanti, soprattutto grazie a dei dialoghi che amplificano un racconto sincero e “alto”, ma anche grazie a delle figure cardine che sono ispirate e magnetiche. Come tutte le persone che Cheyenne incontra lungo il suo cammino e che aggiungono un tassello in più alla costruzione della sua nuova consapevolezza di essere umano.
Cheyenne scegliendo di seguire le tracce del carnefice nazista, affronta una grande prova, riuscendo a vincerla e a ritrovare così un padre che aveva abbandonato. Ma riscopre anche il coraggio di uscire da un’incertezza in cui si era chiuso fin da ragazzo. Nel finale si palesa la sua crescita quando si accende per la prima volta una sigaretta e prende l’unico vizio che non l’aveva mai attratto, perché “i bambini non sono attratti dal fumo”. Una trasformazione rivelatoria che lo apre alla speranza di una possibile gioia.
La musica di David Byrne ripercorre tutto il film come una sinfonia e infonde quell’accezione retrò e raffinata che supporta ulteriormente l’iconografia di Sorrentino. Un regista che ancora una volta sa stupire per le sue scelte non convenzionali e per la capacità di creare dei ritratti umani complessi e spigolosi e per questo motivo immensamente emozionanti e poetici.

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