The Possession
- Scritto da Anna Maria Possidente
- Pubblicato in Film in sala
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Clyde (Jeffrey Dean Morgan) e Stephanie (Kyra Sedgwick) sono i genitori appena divorziati di due adolescenti. La più piccola, Em, si lega in maniera morbosa a una scatola acquistata insieme al padre in un mercatino da cortile. La bambina comincia a comportarsi in modo sempre più strano fino a che diventa chiaro che questo atteggiamento è legato allo scrigno, contenente uno spirito malevolo chiamato Dibbuk, in grado di impossessarsi e poi di divorare la persona che lo ospita.
Bambini, possessioni, spiriti maligni: viene subito da pensare a film come L’esorcista.
Il regista Ole Bornedal si inserisce quindi nel solco del fortunato filone cinematografico: peccato che non vi aggiunga alcun tratto di originalità. Gli espedienti piuttosto triti e ritriti che utilizza per incutere terrore, fanno anzi paradossalmente sorridere, tanto che in diverse scene sembra di assistere alla parodia di una pellicola dell’orrore. Se si esclude questo, il film presenta sicuramente alcuni tratti di pregio: ne è un esempio l’interpretazione della piccola Natasha Calis, nei panni di Em. Se ne doveva essere accorto prima delle riprese lo stesso regista (che ha fatto provini a diversi adolescenti per trovare l'attrice giusta!), perché per il resto la sceneggiatura non mostra particolari slanci. I due genitori che si separano e credono che il problema della loro figlia sia dovuto alla situazione familiare e non a fattori ultraterreni, sembra essere il tema centrale e spesso si ha la chiara sensazione che la possessione faccia soltanto da sfondo al dramma domestico.
L’ultimo barlume di speranza che qualcosa di originale possa accadere viene smorzato dal modo in cui viene affrontato il rito dell’esorcismo ebraico: un argomento nuovo nel cinema, che poteva sicuramente avere uno sviluppo migliore, anziché diventare una sorta di farsa (per non dire una caricatura). La fotografia, affidata a Dan Laustsen (già noto ai cinefili grazie a film come Wind Chill, Ghiaccio rosso sangue, Silent Hill, Il patto dei lupi), è una delle cose più riuscite e si rifà ad atmosfere solitarie e cupe: la nuova casa acquistata da Clyde fa parte di un complesso di villette a schiere a molti chilometri dal centro cittadino che paiono tutte disabitate. Particolarmente grottesca, invece, la scena della risonanza magnetica, in cui il viso del demone accenna un ghigno facendo capolino dal cuore di Em.
Il regista Ole Bornedal si inserisce quindi nel solco del fortunato filone cinematografico: peccato che non vi aggiunga alcun tratto di originalità. Gli espedienti piuttosto triti e ritriti che utilizza per incutere terrore, fanno anzi paradossalmente sorridere, tanto che in diverse scene sembra di assistere alla parodia di una pellicola dell’orrore. Se si esclude questo, il film presenta sicuramente alcuni tratti di pregio: ne è un esempio l’interpretazione della piccola Natasha Calis, nei panni di Em. Se ne doveva essere accorto prima delle riprese lo stesso regista (che ha fatto provini a diversi adolescenti per trovare l'attrice giusta!), perché per il resto la sceneggiatura non mostra particolari slanci. I due genitori che si separano e credono che il problema della loro figlia sia dovuto alla situazione familiare e non a fattori ultraterreni, sembra essere il tema centrale e spesso si ha la chiara sensazione che la possessione faccia soltanto da sfondo al dramma domestico.
L’ultimo barlume di speranza che qualcosa di originale possa accadere viene smorzato dal modo in cui viene affrontato il rito dell’esorcismo ebraico: un argomento nuovo nel cinema, che poteva sicuramente avere uno sviluppo migliore, anziché diventare una sorta di farsa (per non dire una caricatura). La fotografia, affidata a Dan Laustsen (già noto ai cinefili grazie a film come Wind Chill, Ghiaccio rosso sangue, Silent Hill, Il patto dei lupi), è una delle cose più riuscite e si rifà ad atmosfere solitarie e cupe: la nuova casa acquistata da Clyde fa parte di un complesso di villette a schiere a molti chilometri dal centro cittadino che paiono tutte disabitate. Particolarmente grottesca, invece, la scena della risonanza magnetica, in cui il viso del demone accenna un ghigno facendo capolino dal cuore di Em.
Insomma, diciamo con tutta sincerità che Bornedal ha provato a fare un film orrifico che risulta, se si passa il gioco di parole, davvero orribile.
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