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Lo Stato contro Fritz Bauer - Recensione

Lo Stato contro Fritz Bauer - Film - 2015Lavoro che abbraccia il rinnovato anelito da parte dei cineasti tedeschi di nuova generazione di rileggere la storia post bellica del paese, Lo Stato contro Fritz Bauer è un interessante documento storico-biografico, forse freddo in alcuni momenti, ma efficace nel tentativo di rimuovere la coltre d'oblio che ricopre una fetta di storia recente della Germania

A quindici anni di distanza dalla fine della guerra che lasciò il Paese devastato e ridotto in rovina, la Germania stava iniziando a raccogliere i frutti di una prodigiosa ricostruzione che l’avrebbe lanciata nell’arco di pochissimi decenni nel ristretto gruppo dei paesi più ricchi e industrializzati del mondo. L’opera di pacificazione voluta dal cancelliere Konrad Adenauer era solidamente fondata su un processo di cancellazione della memoria storica delle nefandezze del regime nazista, una situazione imposta dalla necessità di dovere silenziosamente arruolare nei ranghi dell’amministrazione e della burocrazia una gran parte di funzionari e dirigenti fortemente compressi col regime nazista. A questa operazione che indubbiamente ebbe la sua efficacia dal punto di vista pratico si opposero poche figure, motivate invece a far sì che il Paese sapesse con precisione quello che il regime nazista aveva costruito e che le persone compromesse fossero rimosse dagli incarichi: una di queste figure fu il procuratore generale dell’Assia Fritz Bauer, ebreo, rientrato nel paese dopo il suo esilio in Danimarca.
Per ottenere che la memoria non fosse sepolta e che le persone più compromesse, a tutti i livelli, non restassero impunite, Bauer decise di iniziare la sua guerra personale contro gli ex gerarchi nazisti rifugiati all’estero, ritenendo che solo attraverso la loro cattura e il loro processo in suolo tedesco si potesse una volta per tutte metter la parola fine al tragico periodo del regime hitleriano. E’ proprio su questa battaglia personale intrapresa da Fritz Bauer che si basa il racconto, in certi tratti quasi documentaristico, di Lo Stato contro Fritz Bauer del quarantatreenne Lars Kraume, italiano di nascita ma tedesco a tutti gli effetti essendosi trasferito sin da bambino a Francoforte.
Ispirandosi ad un libro scritto da Olivier Guez (co-sceneggiatore insieme al regista del film) che tratta della storia degli ebrei in Germania a partire dal 1945, Kraume abbraccia pienamente uno stile asciutto che rimane molto fedele a personaggi e situazioni, quasi tutte reali, per raccontare una battaglia strenua, combattuta in mezzo alla ostilità diffusa a più livelli, sia politici che giudiziari, da un uomo per il quale la missione di ristabilire la verità storica va oltre lo sdegno personale e si colora di un alto valore ideale. Vediamo infatti Bauer osteggiato da colleghi e superiori, politici e funzionari statali proprio perché la sua battaglia per riportare Adolf Eichmann in Germania avrebbe significato il fragoroso appalesarsi delle migliaia di scheletri nascosti negli armadi del tessuto connettivo statale tedesco degli Anni '60: tra disinformazione, calunnie costruite ad arte, depistaggi, insabbiamenti Bauer riesce ad avere dalla sua parte solo qualche amico fidato ed il giovane procuratore Angermann, un giovane ed idealista, emblema di quella generazione che crebbe ignorando le nefandezze del regime nazista ma che, mossa da una curiosità intellettuale oltre che da un senso di giustizia, incarna il bisogno di verità.
Il film di Kraume è insomma un'attenta analisi anzitutto storica, che sembra voler schivare, forse fin troppo colpevolmente, il ritratto umano, con la sola eccezione del giovane Angermann. Racconta gli eventi in maniera precisa e circostanziata, soffermandosi sul paradosso per il quale, trovando insormontabili ostacoli alla cattura di Eichmann del quale si avevano ormai sicure tracce in Argentina ed essendosi rivolto al Mossad israeliano per la cattura del gerarca, Bauer rischiò persino l’accusa di alto tradimento. Come sappiamo il Mossad svolse il suo compito egregiamente, ma Bauer non ebbe la soddisfazione di vederlo processato in Germania, bensì in Israele. Qualche anno dopo, finalmente, il primo processo contro le SS che imperversarono ad Auschwitz fu finalmente portato a termine sul suolo germanico, sempre grazie all’opera di Bauer.
Il valore del film di Kraume, che come detto rimane piuttosto fortemente legato alla cronaca e alla Storia, sta in questa nuova ondata di appassionata rilettura storica non tanto del nazismo, quanto di quel periodo post bellico nel quale i tentativi di nascondere tutto sotto una spessa coltre di oblio furono una regola quasi imposta dal nuovo governo del Paese in nome del benessere e della pacificazione forzata. A questo filone che quest’anno ci aveva già presentato Il labirinto del silenzio di Giulio Ricciarelli, altro regista di origini italiane, si affianca ora Lo Stato contro Fritz Bauer, a dimostrazione di una rinnovata passione, soprattutto delle nuove generazioni, libere da ogni condizionamento storico, per la riscoperta di una storia che ancora oggi presenta troppe zone d’ombra.

Il film di Lars Kraume, vincitore del premio del pubblico all’ultimo Festival di Locarno, è lavoro che ha il suo interesse storico e sociologico sebbene dal punto di vista cinematografico non sia privo di difetti e non lasci certo lo spettatore con gli occhi sgranati. Alla solida prova di Burghart Klaussner, da autentico vecchio leone dello schermo, si affianca quella altrettanto convincente di Ronald Zehrfeld nei panni del personaggio più profondo e più sfaccettato.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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