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Educazione siberiana

Accurato sotto ogni aspetto, stilisticamente ben costruito in ogni dettaglio. Nonostante questo, nel nuovo film di Gabriele Salvatores si sente la mancanza di emozioni forti

La vita di due ragazzi che crescono nel sud della Russia, in una città divenuta una sorta di ghetto per criminali di varie etnie e famiglie e la loro educazione, basata sui segreti di furti, rapine e uso di armi: è questa la storia che Gabriele Salvatores racconta nel suo ultimo film, Educazione siberiana.
Kolima (Arnas Fedaravicius) e Gagarin (Vilius Tumalavicius) sono le due facce di una stessa medaglia: appartengono allo stesso clan, guidato da nonno Kuzja (John Malkovich) che detta loro regole tanto precise quanto ineludibili; tuttavia, l’uno cresce con un enorme rispetto per tutti quei precetti appresi durante l’infanzia, l’altro si ribella e prova violentemente a uscire da una situazione di miseria, per diventare finalmente un individuo rispettato dalla società in cui vive.
Il premio Oscar Salvatores prova a 'osare', sfornando un film che è praticamente perfetto (una fotografia spettacolare, nonché una particolare attenzione alla cura della scenografia e alla scelta del cast) ma colpisce poco a livello emotivo. Tanta violenza, il più delle volte espressa in maniera del tutto gratuita, senza senso, ma dei rapporti interpersonali tra i protagonisti non traspare granché. Malkovich dovrebbe rappresentare colui che fa da collante tra il passato e il futuro, ma ha un ruolo effettivamente preponderante solo nella primissima parte del film; tutto il resto della pellicola è incentrato sul conflitto tra i due ragazzi, amici sin da bambini ma inesorabilmente rivali nel momento in cui uno dei due decide di uscire da una sorta di codice d’onore che inizia a stargli stretto.
L’ispirazione all’omonimo libro di Nicolai Lilin è sicuramente una componente fondamentale, anche per capire come questo film sia tanto diverso dallo stile di Salvatores. Gli attori meritano tutti grande attenzione, dal pluripremiato e noto John Malkovich ai giovani attori lituani alla prima esperienza cinematografica.

Quello che manca è l’emozione forte, uno dei tratti più distintivi del regista di film pieni di pathos come Mediterraneo e Io non ho paura. Insomma, sarà pur vero che chi non risica non rosica, ma le potenzialità di un film come questo erano tante e la maggior parte di esse sono andate sprecate.

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