Recensioni film ai festival, in home video, streaming e download

Ti trovi qui:HomeCinema e dintorniFuori salaThe Bar (El Bar) - Recensione (Festival di Berlino 2017)

The Bar (El Bar) - Recensione (Festival di Berlino 2017)

La nuova pellicola del 'pazzo' e pulp Alex de la Iglesia, re di un cinema personalissimo, presentata nel Fuori concorso della Berlinale 2017, è un girone infernale senza fine. In mezzo i più brutti aspetti e risvolti degli uomini e la suspense di un regista che, nonostante il suo barocchismo, crea un'opera compatta e coerente a cavallo tra i generi

E' una solita mattina a Madrid. Traffico, gente che corre, imprecazioni dalle auto e ai telefoni. C'è chi è seduto per strada a fare colazione, chi invece perde l'autobus e corre. C'è anche una ragazza che parla al telefono con una sua amica discutendo di ragazzi e foto su Facebook. Finita la telefonata e dopo aver causato l'ira di una vagabonda, la donna entra in un bar in cui si sta svolgendo una scena quotidiana. Tra caffè, dolci e imprevisti, uno dei clienti esce arrabbiato, perché ha fretta e non è riuscito a fare colazione a causa della lentezza della donna e dell'uomo dietro al banco. Varcata la soglia, viene freddato alla testa da un colpo di pistola. Chi ha sparato? Perché? Da dove? I clienti si chiudono nel bar, mentre la piazza antistante si svuota. Sale il panico. Un altro uomo esce per accentarsi che la persona a terra sia realmente morta ma anch'egli è ucciso. I clienti rimasti all'interno sono spaventati e ognuno a suo modo cerca di dare un senso agli eventi incomprensibili. C'è chi ha un pensiero più spirituale, c'è chi pensa ad attacchi terroristici, c'è chi teme che nascosto dietro ai palazzi ci sia un cecchino. La situazione precipita e mentre all'esterno le forze speciali isolano la zona, all'interno del bar i complessi e i dissidi tra i presenti si inaspriscono e le soluzioni per uscire da quella situazione diventano sempre più estreme.
Definire The Bar (El Bar) una black comedy è riduttivo. Etichettarlo come cinema di genere thriller è giusto anche se non basta. La pellicola, infatti, ha molto degli intricati giochi di rapporti umani descritti da Alfred Hitchcock, ma anche la complessità narrativa degli horror giapponesi in cui una scelta può aprire la strada verso la soluzione del problema o uccidere qualcuno.
Il regista spagnolo Alex de la Iglesia filma una sorta di commedia in cui terrore e ansia prendono il ruolo da protagonista solitamente deputato nella narrazione ai buoni sentimenti e all'amore. Il film, quindi, è dominato da corpi che esplodono, sangue a fiumi, colpi di pistola, omicidi e suicidi, topi, fogne e olio spalmato sui corpi per passare da pertugi. Poi ancora vaccini che preservano da una pestilenza, potere divino che governa le azioni umane e potere pagano sotto forma di imprecazioni e maledizioni. Sotto questa patina illogica e senza senso, così forte che allo spettatore sfugge come la storia si possa evolvere e quale obiettivo possa perseguire, c'è il messaggio di de la Iglesia. The Bar è la sua visione del mondo, inteso come una gabbia in cui dominano individualità, egocentrismi, giochi di potere. L'esistenza umana, secondo il regista, è divenuta una prigione da cui è difficile evadere per riuscire a dare una mano al prossimo. Rabbia, rancore, diffidenza, sospetti, sfiducia pervadono i protagonisti che non hanno intenzione di sacrificarsi, di compiere scelte adeguate per la sopravvivenza della collettività. A ciò prepongono, infatti, i loro interessi e il piacere individuale. Detta così, quindi, la pellicola spagnola sembra un thriller venato di moralismo. Qui interviene la bravura del regista che inserisce l'ironia, l'umorismo, il grottesco per dare allo spettatore la possibilità di evadere da ciò che sta vedendo e capire il senso del narrato.
Il finale finisce così per essere nelle mani di chi osserva e, nel film, in quelle di una donna, Elena (Blanca Suarez), la sola in grado di evolvere il suo personaggio da quando entra nel bar a quando ne esce scossa e tramortita. Per questo motivo appare la sola, secondo il regista, in grado di sopravvivere alla punizione divina arrivata sulla testa dei clienti del bar, l'unica che, forse, ha realmente scoperto sé stessa.

De la Iglesia
 infiamma a suo modo il pubblico con particolari barocchi, come i primi piani sui corpi morti o esplosi, mai fuori luogo, perché parte di un senso visivo e narrativo della pellicola preciso, con scene memorabili e un ritmo incalzante, accattivante e trascinante, sorretto da innovazioni narrative a tratti sorprendenti. Si pensa "Non lo faranno sul serio?" oppure "Come usciranno da questa situazione?". Con de la Iglesia alla regia tutto è possibile.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

  Vai alla scheda del film
  Trailer del film


Video

Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.

Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi avere maggiori informazioni, leggi la Cookies policy.