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One Night in Miami... - Recensione

Un momento storico, tra realtà e immaginazione, si consuma in una stanza di un motel di Miami. Qui si incontrano quattro afroamericani per discutere del destino dei diritti civili dell'America degli anni Sessanta. Regina King parla del passato, per illuminare il presente, filmando una pellicola che poteva avere un altro ritmo e un'altra linfa

In una storica sera del 1964 Cassius Clay sconfisse Sonny Liston in un incontro di boxe indimenticabile tenuto alla Convention Hall di Miami. Quella sera stessa, sempre a Miami, il giovane campione di pugilato partecipa a un altro speciale incontro in una stanza di un motel in compagnia di Malcolm X, in quel periodo all'apice della sua attività di leader a favore dei diritti della popolazione afroamericana negli Stati Uniti, Sam Cooke, cantante e compositore afroamericano, Jim Brown, atleta afroamericano e stella della NFL, la lega di football americano. La notte, tra finzione e realtà, riserva molte sorprese e i festeggiamenti lasciano ben presto spazio a un lungo confronto sull'impegno dei quattro uomini per i diritti civili.
Per analizzare l'opera prima alla regia di Regina King, bisogna distinguere due piani: il testo e le immagini. Il copione, scritto da Kemp Powers, drammaturgo e regista teatrale e autore, tra l'altro, anche dell'omonima pièce del 2013 a cui il film si ispira, si raccoglie intorno alle quattro figure protagoniste. C'è Malcolm X, interpretato da Kingsley Ben-Adir, che in quel 1964 sta maturando la sua scissione dalla Nation of Islam e si trova accerchiato dall'accusa di tradimento dei suoi stessi fratelli; poi c'è Sam Cooke (Leslie Odom Jr.) che usa le regole del mercato discografico per promuovere artisti neri e vendere cover ai gruppi inglesi. Di fronte a loro c'è Jim Brown (Aldis Hodge) che sostiene la vita dei bambini delle periferie e vuole mollare la NFL per diventare attore, e infine Cassius Clay (Eli Goree). Il giovane e robusto ragazzo quella sera a Miami si sente il re del mondo dopo la cintura da campione appena conquistata e ha capito che grazie alla sua forza fisica e ideologica, sostenuta dalle teorie di Malcom X, può diventare un mito e un'icona. I quattro, quindi, si ritrovano a parlare in una stanza di un motel, perché le leggi in quella fase della storia degli Stati Uniti non permettono ancora agli afroamericani di trovarsi in altri luoghi, e ognuno di loro, sulla base delle loro aspirazioni, delle loro necessità si confronta sul terreno dei diritti civili. Come affermarsi nell'America del 1964, razzista e discriminatoria? Questa appare la domanda che si pongono la sceneggiatura e la regia della King. La risposta della regista risiede nel permettere alle parole, alle teorie, ai pensieri di fluire, di scontrarsi tra loro, dettati dalle diverse visioni dei protagonisti, di impregnarsi di speranze e di sogni su quel presente. La macchina da presa inquadra i volti dei quattro uomini che esprimono discorsi più seri, discorsi più evanescenti, confronti più rigidi e volontà di cambiamento. Lo spettatore, così, comprende l'importanza di quell'incontro, suggellato dalle fotografie di Malcom X.
Qui arrivano le parole, poi ci sono le immagini. Per One Night in Miami... la King decide di ritrarre le interpretazioni in un film prevalentemente di montaggio. La regia, infatti, tolta dei dialoghi, delle parole e del modo in cui le propone, non è presente. Non ci sono movimenti della macchina che indagano e segnano più particolarmente il confronto; non sono presenti scelte fotografiche che permettono di isolare i diversi pensieri, né tanto meno ipotesi di caratterizzazioni che aiutino a definire i personaggi. Ben-Adir nella sua interpretazione di Malcom X non fa molto di più che toccarsi gli occhiali, toglierseli e giocarci ogni tanto, e in uno sguardo prevalentemente basso, cerca di definire il conflitto, e anche la paure del suo personaggio. Ciò non basta, però, a trasmettere il conflitto dell'uomo. Il film, inoltre, è girato prevalentemente in un interno, la stanza del motel, e proprio per questo la regista, che nella sua lunga carriera di attrice ha sicuramente appreso molto bene i meccanismi del filmare, poteva prendere delle scelte di linguaggio che proponessero una maggiore dinamicità della scena, che si scandiscono nel film solo grazie all'esuberanza fisica di Goree-Clay.

L'importanza di One Night in Miami... risiede prevalentemente in ciò che dicono i quattro Malcom X, Cooke, Brown e Clay. È necessario anche sottolineare che trattandosi di cinema, le immagini e la loro definizione, soprattutto in un film con un tema come questo, se studiate meglio, potevano sorreggere con maggiore vigoria l'impianto verbale e sottolineare la storica rilevanza di quell'incontro.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 2.5

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Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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