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Angels of Revolution - Recensione (Festival di Roma 2014 - Cinema d'Oggi)

Con Angels of Revolution Aleksey Fedorchenko prosegue il suo viaggio nelle tradizioni e nelle culture delle minoranze etniche della Russia: un racconto di grande impatto visivo nel quale poesia e atmosfere quasi magiche si fondono in un'opera dal respiro vastissimo

E' il 1934: la Rivoluzione Russa dilaga nell'immenso ex impero zarista, impregnando col suo ardore ogni zona, anche la più remota. Rimangono delle sacche di resistenza però, ed in particolare due comunità, quella degli Ostiachi e dei Nenci, fieri popoli che abitano la tundra, che vivono seguendo le leggi delle loro tradizioni millenarie e che non mostrano alcuna intenzione di soggiogarsi al potere dei Soviet. Le autorità decidono di mandare sul posto una compagnia di artisti, capeggiata dalla fervente rivoluzionaria Polina, eroina sovietica, con lo scopo di sottomettere con le buone, attraverso una manovra prevalentemente culturale, la recalcitrante popolazione che vive sul fiume Amnjia. Il manipolo di arditi prende sede nel villaggio di Kazym, dove vengono costruite una scuola, un ospedale, un museo e un ambulatorio veterinario: nulla da fare, la popolazione autoctona rifiuta ogni forma di cultura diversa dalla propria incentrata sullo sciamanesimo e su divinità severe e guarda i colonizzatori con diffidenza.
Nonostante il tentativo basato sulla forza della cultura e non su quella delle armi, è la potenza delle tradizioni e del legame ancestrale con la terra ad avere il sopravvento, fino al finale che ci proietta nella Kazym odierna ormai circondata da fabbriche moderne e dove vive ancora la prima nata tra gli Ostiachi sovietici, opera di quei pionieri di 80 anni prima.
Proseguendo il suo percorso a metà strada tra il racconto fantastico e lo studio etnologico, Aleksey Fedorchenko, insignito del Marc'Aurelio del Futuro dal Festival del Film di Roma in occasione dell'anteprima mondiale del suo nuovo lavoro, dirige Angels of Revolution (Angely Revoluciji), un'opera dalla forza prorompente che si erge anch'essa, come fu due anni orsono sempre a Roma con Celestial Wives of the Meadows Mari, a monumentale esempio di cinema che scruta le realtà più nascoste dell'ex Impero Sovietico. Il confronto, prima di tutto culturale, tra gli inviati dalle autorità deputati alla colonizzazione e le tradizioni, la religione, le divinità che abitano i laghi e i severi sciamani degli Ostiachi e dei Nenci, regala grandi momenti di cinema attraverso atmosfere che si agitano sempre tra il gioco teatrale e l'analisi socio culturale.
La forza visiva poetica che possiede Angels of Revolution è capace di offrire un nutrimento delizioso per gli occhi, i personaggi brillano di luce vivida, le atmosfere sempre al limite tra realtà e sovrannaturale impregnano l'opera di colori e di contrasti spettacolari. Peccato solo per un eccessivo avanguardismo di stampo quasi teatrale, troppo votato alla sperimentazione che in alcuni momenti intacca la soavità e la fluidità del racconto.
Angels of Revolution
è comunque lavoro solido, diretto con mano ferma e sapiente da Fedorchenko che ammalia e sorprende con uno spiritualismo legato alla terra e alle tradizioni che ribollono di leggende ed usanze singolari; sottotraccia scorre anche una riflessione su quella che è la situazione della odierna Russia, erede di quell'impero prima zarista e poi sovietico che stenta a omogeneizzare le piccole culture locali.

Alla riuscita del film concorrono le buone prove degli attori, soprattutto quella eccellente di Darya Ekamasova nei panni della eroina Polina, attrice dal volto arcigno e dal fisico tosto che già aveva lavorato nelle precedenti pellicole del regista russo.

Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 4

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