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Al di là delle montagne - Recensione

una-scena-di-mountains-may-departLavoro che segna un inequivocabile punto di svolta per Jia Zhangke, Al di là delle montagne racconta 25 anni di Cina proiettata fino ad un futuro grigio in cui l'emigrazione diventa diaspora e la ricerca dell'identità la via per il possibile ritorno a casa

Le note di Go West dei Pet Shop Boys accompagnano i primi fotogrammi di Al di là delle montagne (titolo internazionale Mountains May Depart): un gruppo di giovani balla al suo ritmo seguendo coreografie caserecce. Siamo a Fenyang, città natale del regista nonché abituale proscenio per la gran parte dei suoi lavori, alla vigilia della Festa di Primavera, l’ultima del millennio, prima che la nuova era per la Cina si apra definitivamente con l’alba del nuovo. Ottimismo, speranze di benessere, ricchezza da toccare con mano, basta avere un minimo di intraprendenza che permetta di saltare sul treno che corre veloce, sullo sfondo le miniere che chiudono, le difficoltà per chi invece viaggia su un treno a scartamento ridotto.
L’orologio del tempo segna venti anni in più rispetto a Platform, ma le generazioni distano millenni: dove lì, in piena Rivoluzione Culturale, c’era la voglia di libertà espressiva, di ideologia, la passione per l’arte, le ambizioni personali, qui c’è la corsa al denaro, c’è il materialismo che getta le prime ombre nefaste, c’è la sfrenata voglia di essere ricchi. E anche il triangolo amoroso che unisce le due epoche assume colori diversi. Tao, Liangzi e Jingsheng, amici da una vita, gli ultimi due innamorati della ragazza, passano dalle divertite corse in macchina (la rossa macchina tedesca simbolo del benessere di Jingshen) alla lite per sapere chi Tao sceglierà: Liangzi è un tenebroso minatore, Jingsheng un ambizioso nuovo ricco, la ragazza, forse abbacinata da una promessa di futuro radioso, opta per quest’ultimo, mentre l’altro addolorato lascia la città.
Nel 2014 Tao vive separata dall’ex marito cui è stato anche affidato il figlio Dollar (emblematico figlio della rivoluzione economica, marchiato col fuoco a vita nel nome), anche lei vive in agiatezza sebbene la sua solitudine e la mancanza del figlio creino un malessere profondo. Il ritorno a Fenyang di Liangzi, sposato e con un figlio, gravemente malato, è il cerchio che si chiude su una mondo che rimane legato alle tradizioni (emblematica la scena del funerale del padre di Tao), contrapposto a quello che vede sfoggio di iPhone e iPad ovunque, treni ad alta velocità e auto lussuose.
Nell’ultimo segmento, ambientato nel 2025 in Australia vediamo Dollar ormai adulto, in un paese dove l’emigrazione cinese ha raggiunto le dimensioni di una gigantesca diaspora che porta i cinesi a parlare inglese e ad andare a scuola di mandarino, dove un padre per parlare col figlio ha bisogno dell’interprete e dove l’insegnante di Dollar, Mia, una cinese anche lei, diventa l’edipico ologramma della figura materna per il ragazzo, il cui unico legame con le sue origini sta nelle chiavi di casa che tiene legate al collo da quando la madre gliele consegnò 15 anni prima. Un ritorno che Dollar, spinto dal legame di sangue ma anche, probabilmente, da una ricerca di identità, inizia a prendere in considerazione, proprio mentre, concludendo con ciò un percorso ellittico venticinquennale, Tao, da sola nella sua Fenyang, ritorna a ballare Go West.
Al contrario di quanto si possa pensare guardando alle apparenze, Al di là delle montagne è film complesso, ricco e ambizioso che segna probabilmente il punto di svolta definitivo e irreversibile del cinema di Jia Zhangke: dopo Il tocco del peccato - A Touch of Sin, che segna l’inequivocabile spartiacque nella sua produzione cinematografica, il regista diluisce la sua autorialità, la complessità narrativa, l’introversa visione dell’umanità, rimanendo però intimamente legato alle tematiche a lui care. Non a caso i tre segmenti di cui si compone Al di là delle montagne hanno dei paradigmi ben precisi nelle opere passate del regista: Platform, The World, Still Life e 24 City per l’ epilogo australiano, ipotetico punto di non ritorno della rivoluzione sociale ed economica che ha cambiato i connotati della Cina moderna. Il passato raso al suolo come le fabbriche che si ritrova in un futuro freddo impersonale e senza identità, che molti hanno letto come debolezza narrativa nel terzo segmento, laddove, semmai, i problemi nascono dall’uso dell’inglese che crea inevitabili difficoltà storiche ai registi asiatici.
Qualcuno ha definito il lavoro di Jia come una svolta commerciale, ed in effetti il film presenta una maggiore capacità di coinvolgimento anche grazie all’insinuante tematica melodrammatica e alla capacità di toccare le corde emotive, in realtà Al di là delle montagne è una evoluzione del linguaggio cinematografico che il regista ha intrapreso anzitutto sotto l’aspetto della sperimentazione visiva: l’aver usato formati diversi (dal 4:3 al cinemascope) per i tre segmenti temporali con una sonorità inusuale fatta di musiche altissime e di frequenti boati siano essi fuochi d’artificio o tritolo o onde infrante sulle scogliere, l’uso di frequenti riprese sfocate, l’utilizzo di musiche tradizionali o comunque popolari come Zhen Zhong di Sally Yeh, sono tutti tasselli di un puzzle narrativo che Jia mai aveva costruito in questa maniera.
Le tematiche però rimangono quelle a lui più care: la trasformazione della Cina osservata dalla natia Fenyang, dove, non a caso, Tao rimane legata per tutta la vita quasi a difendere strenuamente una identità in pericolo, la dissoluzione dei legami famigliari, la tradizione messa ai margini di una società che ha perso riferimenti culturali, il ritorno a casa simboleggiato dalle chiavi che Dollar conserva o Liangzi ritrova. Quello che cambia è l’occhio del regista che si arricchisce di una poetica umanità capace di emozionare e di essere più universalmente comprensibile.
La prova di Zhao Tao è superba: capace di passare dalla freschezza giovanile alla maturità rassegnata con grande naturalezza. Nonostante l’attrice non sia il perenne fulcro del film, il suo personaggio è carico di un carisma e di una umanità che abbagliano e fanno da inesauribile traino (evidentemente le prove di Emmanuelle BercotRooney Mara debbono essere state strabilianti per meritare il premio come miglior attrici all'ultimo Festival di Cannes, dove il film di Jia era in Concorso).

Quanto Al di là delle montagne sarà importante nello scrivere la storia cinematografica di questo straordinario regista non lo sappiamo; di certo però Jia Zhangke ha dato prova di un coraggio e di una vitalità che ne accrescono la statura nel panorama del Cinema del Terzo Millennio.


Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 4

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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