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Intervista a Chinlin Hsieh per Flowers of Taipei - Taiwan New Cinema

Una immagine di Flowers od Taipei"Credo che il Nuovo Cinema Taiwanese sia nato perché negli anni '70 i film erano quasi tutti melodramma": a tu per tu con Chinlin Hsieh, regista di Flowers of Taipei - Taiwan New Cinema, un documentario che ripercorre gli anni ruggenti del cinema taiwanese che portarono Hou Hsiao-hsien alla conquista del Leone d'oro con Città dolente alla Mostra di Venezia

Abbiamo incontrato la regista taiwanese Chinlin Hsieh a Venezia 71, dove era presente col suo documentario Flowers of Taipei - Taiwan New Cinema, interessante e appassionato lavoro che ripercorre, attraverso le testimonianze di registi, produttori e critici cinematografici, quello che fu un breve ma intensissimo periodo di fulgore del cinema di Taiwan che molto influenzò il panorama cinematografico mondiale.
La regista ci ha raccontato di come è nato ed è stato sviluppato il progetto, del significato di quella stagione cinematografica, della sua esperienza a Venezia e della sua idea di cinema.

Come mai hai avuto l'idea di fare un film su un movimento cinematografico di circa trenta anni fa?
E' un progetto del Taipei Film Festival finanziato dalla Città di Taipei. In occasione dei trenta anni dalla nascita di quella stagione cinematografica sono stati organizzati seminari sul tema e qualcuno ha pensato "perché non fare un film?". La cosa è stata commissionata al mio produttore che è venuto da me, abbiamo parlato riguardo al progetto, ci siamo scambiati idee e così è nato il film. Posso dire che è il film che è venuto da me.

Quanto tempo ha impiegato per completare il film?
C'è voluto circa un anno e mezzo, lavorando alacremente.

Hou Hsiao-hsien verso la fine del film dice che probabilmente la loro opera all'epoca fu troppo grande e importante per poter essere continuata, quasi rendendosi conto che l'eredità lasciata alle nuove leve fosse insostenibile.
Lui afferma ciò, è vero, ma in effetti il Nuovo Cinema Taiwanese funzionò molto bene al box office per 2-3 anni. Qualcuno dice che il Nuovo Cinema Taiwanese era composto di film difficili dai quali il pubblico si allontanò abbastanza presto. Questo non era vero, ma molti lo hanno creduto, quindi le generazioni successive che volevano fare cinema soffrirono ma non perché quelli precedenti avevano prodotto capolavori insostenibili, ma solo perché erano considerati film difficili che il pubblico non andava a vedere.

E tu cosa pensi del Nuovo Cinema Taiwanese?
Io credo che il Nuovo Cinema Taiwanese sia nato perché negli anni '70 i film erano quasi tutti melodramma. Il cinema d'azione era quello di Hong Kong, ma soprattutto a Taiwan quella imperante era la cultura cinematografica americana hollywoodiana. All'epoca Taiwan fu protetta e in qualche modo salvata dalla Cina da parte degli americani, ma essi imposero sull'isola un predominio culturale fortissimo al punto da far apparire Taiwan una sorta di colonia. Quando ero giovane, c'era America dappertutto: serie televisive, film hollywoodiani, western ovunque e alla radio musica pop americana, tutte le produzioni taiwanesi erano finanziate dagli americani. Prima del Nuovo Cinema Taiwanese i film erano commerciali, le case di produzione non sapevano cosa fare con il grande budget che avevano a disposizione. Quando Hou Hsiao-hsien iniziò a produrre i primi film, ci fu un grande successo perché si presentavano come una rinascita e ben presto i giovani registi iniziarono a seguire le orme di Hou. Ma nel 1985 Taipei Stoy di Edward Yang, scritto e prodotto da Hou Hsiao-hsien, fu un flop clamoroso al box office e da lì iniziò una pagina veramente buia per il cinema taiwanese. All'inizio degli anni '80 si producevano oltre 200 film, a metà degli anni '90 si era scesi a meno di 20 film e così le generazioni degli anni Novanta si trovarono in uno stato di profonda sofferenza. Visto che non c'era possibilità di finanziamenti, non c'era cinema. Ma a partire dagli anni 2000, con Cape No. 7, c'è stato un boom spettacolare, la gente è tornata al cinema felice di rivedere film taiwanesi e si cominciò a parlare di Rinascita del Cinema Taiwanese. Indubbiamente c'è stata una grande reazione rispetto ai precedenti 25 anni.

In questa Rinascita Taiwanese il ruolo dominate lo hanno svolto i film romantici?
Certamente, perché volevano fare film che attirassero in qualche modo il pubblico, sono stati visti come una rottura col passato. La gente era felice di vedere questi film ed il box office ha dato grandi risultati ed ha portato felicità al pubblico e successo agli autori.

In questi ultimi anni si è creato un importante legame con l'industria cinematografica cinese anche a livello di coproduzioni: pensi che questo fatto possa creare problemi un po' allo stesso modo di quanto sta accadendo con il cinema di Hong Kong?

Vero, siamo esposti allo stesso pericolo, ma credo che il cinema di Taiwan abbia un livello culturale abbastanza solido, è solo un problema commerciale credo. Io sono ottimista perché la Cina ha molto da portare soprattutto a livello economico, inoltre è un mercato immenso, quindi può rinforzare l'industria che ha sempre bisogno di soldi, tecnici e risorse. Siamo quindi fiduciosi che un mercato così grande non può che far bene al nostro cinema, ci può essere uno scambio culturale anche a livello di cast tecnico, perché è vero che abbiamo la stessa lingua ma la mentalità e la cultura presentano grosse differenze.

Per realizzare il film hai intervistato molti personaggi del mondo del cinema di varie parti del mondo. Volevo chiederti quali di questi personaggi sono stati una sorpresa per te.

Grosse sorprese non ne ho avute perché comunque molti di loro li conoscevo già, lavorando da diverso tempo nel mondo del cinema come selezionatrice. Due sorprese ci sono state, però: ero giurata nel Festival di Buenos Aires e stavo iniziando a preparare il progetto e così ne parlai con qualcuno e ricevetti pareri entusiastici sul cinema di Taiwan, anche da parte di registi e gente del cinema che magari non erano mai stati a Taiwan, non conoscevano la lingua, ma sembravano molto vicini alla nostra cinematografia, amavano Hou Hisao-hsien e così iniziai a girare nonostante fossi impegnata con la giuria del festival e quindi improvvisai e mi ritrovai a girare con alcuni amici registi ed è stato veramente divertente. Un'altra sorpresa è stato l'incontro con Wang Bing e Yang Chao e il loro duello verbale: li ho messi insieme perché sapevo che erano diversi, avevano idee e sensibilità opposte, così mi aspettavo che avessero differenti opinioni, ma non mi aspettavo che fossero così battaglieri, lo scontro è stato molto bello, una  sigaretta dopo l'altra (risata).

Tu lavori come selezionatrice per il Rotterdam Film Festival. Quanto è difficile trovare film taiwanesi da proporre?

E' difficile perché ci sono molti film commerciali, non perché questi debbano per forza essere brutti, ma trattano un po' tutti le stesse tematiche, quindi è difficile trovare qualcosa che si discosti da questo. Alcuni film sono interessanti, ma trovare qualcosa che sia adatto per un festival non è per nulla facile.

Abbiamo notato che è difficile trovare film taiwanesi a Venezia, Cannes o Berlino negli ultimi anni.

Beh, sì perché non ci sono film tali da giustificarne la presenza nel programma.

Noi stiamo ancora aspettando il nuovo lavoro di Hou Hsiao-hsien The Assassins…

(risatina…) Mi ha detto che sarà pronto per Cannes, è in post-production, ha dovuto rigirare alcune scene, ma sarà pronto per la rassegna francese.

E' la prima volta che vieni a Venezia?
No, ma è la prima volta che sono qui come regista, e non ho neppure avuto molto tempo per guardarmi intorno, sono arrivata all'inizio della Mostra, ho avuto da fare con la presentazione del film e quindi non ho avuto modo di vedere molto. Mi pare di capire che c'è una certa delusione intorno alla rassegna, io ho visto poco per giudicare ma ad esempio ho visto Good Kill di Andrew Niccol che ha delle premesse interessanti, ma poi diventa un film fatto di cliché, ripete luoghi comuni del cinema americano, non c'è profondità nei personaggi e tutto appare troppo prevedibile.

Conosci qualcosa del cinema italiano?
Beh, a parte i classici degli anni '60-'70 non conosco moltissimo, credo però che anche il cinema italiano sia troppo conforme agli standard anglosassoni, sia un cinema troppo mainstream. Mi è piaciuto molto Le quattro volte di Michelangelo Frammartino, qualche anno fa La leggenda di Kaspar Hauser di Davide Manuli. Ho trovato interessanti Garrone e Sorrentino e mi è piaciuto molto il lavoro di Alice Rohrwacher presentato a Cannes quest'anno. Inoltre qualche anno fa ero una appassionata di Cinico Tv che trovavo molto divertente. Ma anche il cinema italiano mi sembra che soffra del male comune al cinema di oggi: non basta avere una storia da raccontare, certo è un buon punto di partenza, ma il cinema contiene molto altro oltre una storia.



 


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