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Scene da un matrimonio, puntata 1: la coppia

Il fortunato creatore e showrunner israeliano Hagai Levi ha scritto e riadattato per l’oggi la miniserie Scene da un matrimonio di Ingmar Bergman. Al centro la (logora) vita matrimoniale di una coppia adulta americana, borghese e benestante. Cosa dice la prima puntata? Quali scenari di sviluppo si possono aprire? La miniserie è stata presentata Fuori Concorso alla Mostra del Cinema 2021

Nessuno può negare che il progetto è ambizioso. Ciò che si è messo in testa Hagai Levi, l’ideatore di In Treatment nonché lo showrunner di The Affair, è stato di riscrivere in lingua inglese, spostandola in un’ambientazione contemporanea, la miniserie televisiva andata in onda nel 1973 in Svezia dal titolo Scene da un matrimonio (titolo originale Scener ur ett äktenskap), scritta e diretta da Ingmar Bergman. Il progetto seriale di Levi che riporta il medesimo titolo, Scene da un matrimonio, è stato prodotto da HBO, Media Red e Filmlance International e distribuito internazionalmente da HBO e Warner Bros. (in Italia è trasmesso su Sky Atlantic a partire dal 20 settembre 2021); la sceneggiatura è stata scritta da Amy Herzog e dallo stesso Levi il quale ha diretto tutti e cinque gli episodi della miniserie. Davanti alla camera, nelle vesti degli attori principali, appaiono Jessica Chastain e Oscar Isaac, mentre Michael Aloni, Nicole Beharie, Corey Stoll nel ruolo dei personaggi secondari. 
La miniserie è stata proiettata per intero in anteprima internazionale alla 78esima Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Fuori Concorso Series, raccogliendo grandi lodi e apprezzate critiche. Piccola nota di colore: il passaggio a Venezia sarà anche ricordato per quanto accaduto durante il red carpet prima della proiezione ufficiale in cui la coppia di interpreti principali alla presenza dei fotografi ha dimostrato un grandissimo feeling, esprimendosi in sottili baci, sguardi intensi e profondi, abbracci molto coinvolgenti e qualche ammiccamento.

Venendo più alla serie, al momento è meglio non considerare l’originale opera bergmaniana. Per quanto il riferimento è forte, il lavoro di Levi è una nuova opera con proprie caratteristiche e peculiarità. Stando a quanto dichiarato dal regista in occasione della presentazione alla Mostra, la sua serie tv prende vita da un episodio personale: all’età di diciotto anni, quando viveva in un kibbutz religioso al centro di Israele, il regista vide la serie di Bergman e rimase colpito dai temi che quest’ultima prendeva in analisi, dall’onestà con cui ne parlava come anche dallo stile registico-narrativo asciutto, minimale e radicale. Lo showrunner israeliano ha pensato, pertanto, di riproporre, quasi cinquant’anni dopo, le riflessioni del regista svedese per portarle nella contemporaneità, riflettendo su una storia d’amore, sul legame che esiste tra i due componenti della coppia e cosa questo comporti: amore, odio, desiderio, egoismo, potere salvifico e/o distruttivo della coppia e l’influenza della cornice sociale nella vita matrimoniale. Scene da un matrimonio di Levi sembra parlare, dunque, di un matrimonio e della sua prospettiva in una coppia americana nei giorni nostri. Scopriamo cosa ci dice la puntata pilota. 

Mira e Jonathan sono una coppia? La prima puntata, dal titolo Innocenza e panico, non presenta un vero e proprio interrogativo iniziale. Al termine della puntata, infatti, mentre scorrono i titoli di coda scanditi da una musica ansiogena, lo spettatore si pone diversi quesiti: “Come potrà svilupparsi la vita di coppia di Mira e Jonathan?”, “Sono davvero una coppia oppure fanno finta?”, “Potrà risolversi per il meglio la loro situazione?”. La puntata si apre con Jessica Chastain inquadrata di spalle, mentre sta entrando sul set della serie e si prepara a vestire i panni di Mira. Questa subito dopo, raggiunge il marito Jonathan, interpretato da Isaac, seduto sul divano di casa; qui l’uomo la sta aspettando in compagnia di una dottoranda che si occupa di studi di genere e psichiatria. La coppia deve essere intervistata sullo stato del loro matrimonio. Questo è lo spunto narrativo per presentare i due personaggi. Lui, Jonathan, si definisce con la sigla: “Egli, lui, suo” e come un uomo, ebreo, padre, accademico, democratico, asmatico, marito; Mira invece si presenta come “Ella, lei, sua”, sposata, madre, quasi quarantenne, si occupa di tecnologia in veste di vicepresidente di una grossa azienda. L’intervista procede abbastanza bene, tra dichiarazioni sul passato della coppia e frasi fatte sull’idea sociale del matrimonio da parte dell’uomo, fino a quando ai due non è rivolta questa domanda: “Qual è il fattore primario che contribuisce al successo del vostro matrimonio?”. La risposta di Jonathan è di massima, mentre Mira si rifiuta di rispondere e anzi fugge dall’intervista, visibilmente scossa, con il pretesto di vedere cosa combina la loro figlia di pochi anni. Già a questo punto lo spettatore comincia a interrogarsi sulla strana reazione da parte di entrambi. Il dubbio, quindi, che il matrimonio di Mira e Jonathan scricchioli è confermato quando la sera stessa i due condividono la cena con una coppia di amici, Kate e Peter, rispettivamente Nicole Beharie e Corey Stoll, che cominciano a litigare a causa dei loro problemi matrimoniali, accentuati, pare, dalla scelta di essere poligami. La litigata apre la strada ad alcune confessioni da parte di Mira vero l’amica su un malessere di vita che la circonda, confermato da ciò che accade dopo. Mentre sono a letto, infatti, la donna dice al marito di aspettare un bambino. La notizia è recepita con molta incredulità e un filo di ansia dall’uomo, mentre Mira parla con voce tremolante e cerca nel marito uno sguardo di conferma sul da farsi: tenere o no il bambino? Decidono, senza troppa gioia, di intraprendere una strada, ma quanto accade dopo sconvolge l’apparente e non troppo sentita serenità. L’indeterminatezza della coppia è, così, portata al suo punto più alto. Quanto deciso sul futuro del nuovo nascituro fa emergere la fragilità e l’inconsistenza della coppia. Questa è espressa soprattutto dalla recitazione che è sia per Isaac che per la Chastain tremolante, indecisa, paurosa ed espressa da tanti non detti, da risatine imbarazzanti, dalla paura di parlare, di prendere decisioni, dire la verità e quanto si pensa. La domanda, dunque, che consegna la prima puntata è anche: “Mira e Jonathan davvero si conoscono e cosa gli accadrà?”.

Incomunicabilità e difficoltà nel parlarsi. La principale e unica linea narrativa che si sviluppa nella puntata pilota riguarda il presente e il futuro della coppia. La scrittura di Levi e Herzog contestualizza lo stato delle cose, sfruttando l’intervista della dottoranda in cui i due protagonisti parlano di come si sono conosciuti, del perché hanno deciso di costruire una famiglia e delle scelte che hanno compiuto da sposati. Lo spettatore intuisce, così, le caratteristiche dei due personaggi: Mira, donna fragile dal passato studentesco abbastanza oltre i limiti che cerca la stabilità in un giovane ebreo ortodosso, Jonathan, che per condurre una vita meno inquadrata e più libera, soprattutto a livello famigliare, decide di liberarsi dal fardello dell’ortodossia. La parabola della vita matrimoniale della coppia quindi, si sviluppa tra alti e bassi, tra scelte forzate, decisioni prese con tanto stress e l’incapacità di schierarsi, soprattutto in occasione del litigio degli amici Kate e Peter. L’incomunicabilità o per meglio dire la difficoltà a parlare in maniera sincera è la linea narrativa principale che permette diverse trame di sviluppo. Riusciranno a dirsi tutto? Si lasceranno? Resteranno in questo perenne stato di non detto? Che conseguenze potrà portare alla vita matrimoniale la sofferta decisione presa al termine della prima puntata? 

La casa dell’amore (?). Scene da un matrimonio di Levi è una serie di scrittura di contenuti più che di regia o di linguaggio. Ciò che dice la prima puntata è che l’elemento sintattico principale è il testo, i dialoghi, le parole che si scambiano i due protagonisti. La regia di Levi, infatti, si concentra sui loro volti e sulle loro espressioni inquadrate in primissimi piani o seguendoli con la camera a mano, come nelle primissime scene. Il campo si allarga solo per mostrare a chi guarda, l’interazione tra Mira e Jonathan seduti sul divano durante l’intervista che si sfiorano con poco sentimento. Anche quando sono a letto intenti a scegliere che fare in merito alla gravidanza, la camera apre l’obiettivo per mostrare piccoli gesti di affetto e abbracci pieni di ansia. La visione è del tutto concentrata sui due protagonisti, a tal punto che la scena non si sposta mai dalla loro casa perfetta, precisa, curata. Questa è il terzo protagonista della storia da intendersi come lo scrigno svuotato della magia del matrimonio, inquadrata a inizio dell’intervista, per definire la cornice di quanto sarà detto, e nei titoli di coda, per definire l’universo finto, artefatto, borghesemente stabile entro cui si muove la vita della coppia. La serie di Levi, quindi, è di contenuto e montaggio, in cui la musica, stridente, assillante, che pone l’accento sul crescere della tensione, è l’elemento linguistico prevalente. La sceneggiatura appare scritta, quindi, con grandissima cura, incastrata narrativamente con le giuste intuizioni, ponendo al centro il tema del matrimonio oggi. Ciò si intuisce anche dalla prima scena in cui si vede l’attrice Chastain entrare nel ruolo di Mira, scelta visiva che serve al regista per indicare allo spettatore come la serialità entra e interpreta questo tema. L’elemento contemporaneo è, inoltre, posto in evidenza dal linguaggio, dalla caratterizzazione estetica e, in particolare, nella classificazione di genere dichiarata dai due protagonisti all’inizio dell’intervista. 
La visione totale della cinque puntate ci dirà quanto è stato ambizioso il lavoro di Levi soprattutto in riferimento all’opera di Bergman.



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Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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