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Westworld: parte I, le premesse della serie tv di Jonathan Nolan e Lisa Joy

Come comprende sin da subito gli intrecci narrativi di una serie tv? Come soddisfare ogni tipo di curiosità su come potrà evolversi la storia? Come approcciarsi a una serie e capire se dalle prima battute può affascinare visivamente tanto da pensare di vivere del cinema seduto sul divano? Vi proponiamo un metodo, un'analisi suddivisa in due parti: la prima considera le premesse narrative e visive della prima puntata, la seconda in un altro articolo tira le somme, ossia se queste sono state o non sono state mantenute nell'ultimo episodio. Si inizia con Westworld di Jonathan Nolan e Lisa Joy, proposto in Italia su Sky Atlantic

C'è un episodio in ogni serie tv in cui la storia si presenta al pubblico, l'immagine si definisce e le linee narrative, gli incastri, le connessioni tra le vite dei personaggi si insinuano nella mente di chi osserva, catturando la sua attenzione. Questo episodio nasce, infatti, proprio con l'intento di conquistare e fidelizzare la visione dello spettatore. Si tratta del primo episodio, del 'pilota'. Qui sono presentati i fatti, gli interrogativi iniziali e le possibili direttrici di risposta. Affrontare, quindi, in modo sbrigativo l'organizzazione di questa puntata, significa lasciare indietro la reale portata drammatica di tutte le storie: l'impatto emotivo e l'effetto domino che lo accompagna, come afferma Neil Landau nel suo libro Showrunner. Grandi storie, grandi serie (ed. italiana Dino Audino Editore, Roma 2015). Il pilota, pertanto, deve intrattenere, sorprendere, fornire delle informazioni inaspettate e inevitabili per lo sviluppo della storia in un contesto visivo che risulti coinvolgente e accattivante. Questa è la cornice entro cui lo spettatore può capire, in definitiva, se vivrà nel prosieguo della stagione un'esperienza cinematografica. 
Joe Fields a riguardo ha affermato "Lo standard nelle serie televisive (americane, ndr.) è molto alto ora. Il pubblico oggi si aspetta un'esperienza cinematografica". Che cosa si intende con "esperienza cinematografica"? Forse lo showrunner di The Americans fa riferimento a una certo tipo di visioni, narrazioni, sensazioni che lo spettatore vorrebbe vivere mentre osserva le serie? O forse si tratta di un'espressione che riguarda prettamente il visivo, ossia il modo in cui lo scorrere delle immagini trascina chi osserva all'interno della storia per circa 60 minuti?

Ciò che vi proponiamo in questa prima fase è quindi analizzare il pilota, sviscerane le linee narrative e la struttura visiva per capire se ad un primo impatto, al termine della prima puntata della stagione, lo spettatore, oltre che essere catturato dalla storia, può avere la sensazione di vivere del cinema in televisione. Comprendere, pertanto, quali elementi contenuti nel primo episodio lo conducono a vedere un film, suddiviso in circa 10 puntate. Analizzeremo in particolare le produzioni made in USA, per dimostrare se il concetto di serialità in America si stia intessendo indissolubilmente con quello di visione cinematografica.
La prima serie tv che prendiamo in analisi è Westworld. Distribuita negli USA da HBO, nasce da un'idea di Lisa Joy e Jonathan Nolan e si ispira all'omonimo film del 1973 scritto da Michael Crichton. La produzione è di Warner Bros, Bad Robot, Jerry Weintraub Productions e Kilter Films, mentre i produttori esecutivi di tutte 10 puntate della prima stagione sono Joy, Nolan, J.J. Abrams e Bryan Burk. Il pilota intitolato The Original è stato diretto da Jonathan Nolan, scritto insieme a Lisa Joy ed è stato trasmesso negli USA il 2 ottobre scorso.

Il pilota di Westworld si apre con la dichiarazione del quesito principale, reso manifesto proprio sotto forma di domanda. In un laboratorio c'è una donna nuda seduta su uno sgabello con lo sguardo assente. Fuori campo si sente una voce maschile che dice di "risvegliarla". Successivamente prende avvio un dialogo tra questa voce e quella di una donna, chiamata Dolores, focalizzato sulle sue percezioni a riguardo del luogo in cui si trova, cosa sente e se ha desiderio di risvegliarsi dal sogno. La donna risponde che è spaventata e mentre l'uomo le chiede di calmarsi, le domanda: "Hai mai dubitato della natura della tua realtà?" La donna risponde di "no" e da qui prende avvio la puntata. Questi passaggi sono scanditi da precise inquadrature. Il laboratorio si illumina sulla donna nel momento esatto in cui la voce maschile vuole che si risvegli. La camera successivamente stringe sul suo volto, in particolare portando l'attenzione dello spettatore su una mosca che cammina sulla faccia, fino a posarsi sull'occhio aperto senza a sorpresa provocarle alcuna reazione. In questo preciso istante l'uomo rivolge il quesito alla donna, che si è capito essere Dolores, la quale risponde il "no" mentre è distesa a letto con gli occhi chiusi inquadrata in un'altra scena. L'attenzione dello spettatore è così catturata grazie a una compenetrazione tra immagine e parola. Il breve dialogo, infatti, determina la colonna vertebrale narrativa della serie, ossia l'asse dubbio-sogno-realtà mentre la camera conduce lo sguardo di chi osserva su quei particolari che danno maggiore valore alle parole.

Le realtà narrative sono, quindi, due. Una è il laboratorio in cui sono costruiti, aggiustati, conservati, riciclati gli androidi sintetici che popolano il parco a tema western in cui si snoda il secondo mondo narrativo. Qui i protagonisti principali sono Dolores (interpretata da Eva Rachel Wood), il giovane cowboy Teddy (James Marsden), le prostitute Maeve (Thandie Newton) e Clementine (Angela Sarafyan), e un uomo vestito completamente di nero (che ha il volto di Ed Harris). Nella realtà del laboratorio, invece, lavorano Bernard Lowe (Jeffrey Wright), capo della Divisione Programmazione di Westworld e creatore degli esseri artificiali, il Dr. Robert Ford (Anthony Hopkins), l'ideatore e direttore creativo di Westworld, Theresa Cullen (Sidse Babett Knudsen), capo del dipartimento della sicurezza, Ashley Stubbs (Luke Hemsworth), incaricato del monitoraggio degli androidi per la sicurezza degli ospiti, Elsie Hughes (Shannon Woodward), un tecnico della divisione programmazione, e Lee Sizemore (Simon Quarterman), direttore narrativo di Westworld. Questi i personaggi fondamentali del pilota, i quali popolano ugualmente entrambi i mondi. Gli androidi che vivono in Westworld, infatti, giungono nel laboratorio per essere riparati, interrogati dai tecnici, riprogrammati o disattivati, come mostrato nella parte iniziale del pilota da movimenti di camera che scivolano tra i diversi reparti così da rendere visibili tutte le attività creative e meccaniche dello studio di programmazione. Allo stesso modo il team di sviluppo può accedere al parco artificiale, per aggiustare alcune complicazioni narrative e rendere così per gli ospiti la loro esperienza sempre più realistica. Questi ultimi, infatti, sono essere umani, lì per vivere un'esperienza di assoluta libertà, essendo anche immuni a pallottole, sparatorie e uccisioni. Questo aspetto è mostrato nel pilota quasi immediatamente. In una delle prime scene, infatti, Dolores e Teddy sono vittime di un agguato da parte di alcuni uomini. Tra questi ce n'è uno vestito di nero arrivato per rapire la ragazza. Il giovane cowboy tenta di difenderla, sparando sull'uomo che non sembra essere scalfito dai proiettili. Queste elemento narrativo è sottolineato visivamente da un'inquadratura molto simile a quella della scena iniziale in cui la camera stringe sull'occhio di Teddy per mostrare l'uomo vestito di nero che trascina Dolores nel fienile.

All'asse dubbio-sogno-realtà si associa quello della violenza che emerge in particolare attraverso la contrapposizione tra due personaggi. Ogni scena del pilota, infatti, è interpretata da due o più protagonisti. Ad esempio nei confronti tra il dr. Ford, Lowe e Cullen si intuisce che il lavoro di riprogrammazione creativa degli androidi sta creando dei problemi sulla loro gestione. Ciò è manifestato da un dialogo-scontro sulle modalità di intervento. Questa stessa modalità si nota anche nei confronti tra Sizemore e Cullen, i quali dibattono aspramente su come sviluppare la sceneggiatura di Westworld, sulle interazioni tra androidi ed esseri umani, il cui sviluppo creativo, stando al giovane sceneggiatore, è compromesso dal potere di Ford. Al contrario, quindi, del manifesto uso della violenza del parco, nelle scene girate in laboratorio questa si tramuta in soprusi, accordi segreti, prevaricazioni accentuati da un linguaggio visivo che si concentra sulle espressioni e sui volti dei personaggi. La camera, infatti, dapprima li cinge, per poi soffermarsi su ciò che esprimono oltre le parole, utilizzando una linea di interesse visivo perfettamente centrata sul loro volto. E' sempre un dialogo, infine, tra il Dr. Ford e un host che permette al tema centrale del pilota di emergere: il confine tra reale e sogno, tra costruzione immaginaria e realtà, mentre il dialogo tra Stubbs e una disattivata Dolores pone in evidenza come la donna creda che la sua vita abbia una finalità reale, concreta, umana. Se il tecnico sembra non dare troppo peso alle parole della donna, le immagini mostrano il personaggio dell'uomo vestito di nero nel mondo di Westworld che dopo aver effettuato lo scalpo a un androide trova un labirinto, la chiave forse per capire se la vita di Dolores ha davvero uno scopo.

Queste le premesse narrative del pilota di Westworld. Non rimane che domandarsi se per come è scritto e diretto il primo episodio suggerisca allo spettatore la possibilità di vivere un'esperienza cinematografica pur non essendo al cinema. Si possono trovare alcune tracce di ciò, innanzitutto, nei percorsi narrativi del pilota, i quali pongono in risalto le situazioni problematiche di partenza caso per caso, l'una dopo l'altra senza sovrapposizioni o montaggi paralleli e con ognuna di esse strettamente connessa alla domanda iniziale. Poi ogni personaggio, androide o umano, è caratterizzato in modo tale da non risultare del tutto sincero, bensì parte e partecipe di un mistero più grande, da scoprire nel prosieguo della serie. Altro elemento indicatore è lo stile visivo. Jonathan Nolan, regista del primo episodio, utilizza inquadrature ampie in cui è manifestata la grandezza, fisica e concettuale, di Westworld. La sua camera scivola sul contesto naturale del parco in maniera continuativa alle inquadrature all'interno dello studio di progettazione che così non appare mai claustrofobico, ma organizzato in ampi spazi. I due mondi sono così collegati visivamente in una cornice di attesa, di aspettativa che si insinua nello spettatore, per trovare soddisfazione nella proposizione del particolare, del dettaglio visivo, del legame tra parola e immagine. Dubbio e sospetto fidelizzano, in questo modo, chi guarda, suggerendogli di essere l'unico depositario del mistero. Registicamente Nolan, infine, codifica linguisticamente la serie, permettendo in questo modo il cambio di regia di puntata in puntata senza modificarne il risultato visivo.





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Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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