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Far East Film Festival 2014: intervista a Sabrina Baracetti

A pochi giorni dall'inaugurazione della rassegna di Udine dedicata al cinema popolare asiatico Sabrina Baracetti, direttrice della kermesse, ci parla di contenuti, sorprese e ospiti della 16esima edizione del festival

Tra pochi giorni si alzerà il sipario sul Far East Film Festival di Udine, la più grande rassegna cinematografica in Occidente sul cinema popolare asiatico, giunta alla sedicesima edizione (che si svolgerà dal 25 aprile al 3 maggio). Per l'occasione abbiamo intervistato Sabrina Baracetti, presidente e direttrice artistica della kermesse.

Il Far East è universalmente considerato il festival di cinema asiatico più importante in tutto l’Occidente. A parte l’ovvio e meritato orgoglio che questa definizione comporta, cosa significa per te organizzare da tanti anni un evento così importante?
Comporta un lavoro assiduo di coordinamento, aggiornamento, organizzazione, promozione, comunicazione, che non si esaurisce nei giorni prima o dopo il festival, ma si svolge durante tutto l’anno. Il Far East Film Festival ha dietro a sé una rete di contatti e relazioni che copre molta Asia ed è una rete che va seguita e coltivata tutto l’anno. Questo è impegnativo, ma anche molto divertente e costruttivo.

Nel corso degli anni numerosi sono stati gli eventi, gli ospiti e il film che hanno fatto grande il FEFF: quale è stato tra questi quello che ti ha dato più soddisfazione?
Aver presentato all’occidente Johnnie To moltissimi anni fa e averlo visto poi negli anni partecipare con le sue opere ai maggiori eventi festivalieri del mondo è una delle grandi soddisfazioni che abbiamo avuto nel tempo. Lo stesso iter sta facendo il giovane hongkonghese Pang Ho-cheung, che incontrerete ancora a Udine il prossimo 25 aprile. Aver portato nelle sale italiane (grazie alla Tucker Film, casa di distribuzione che si è sviluppata e affermata in connessione con il festival di Udine, ndr.) alcuni titoli come Departures del regista giapponese Yojiro Takita, o Poetry del coreano Lee Chang-dong o A Simple Life della regista hongkonghese Ann Hui, sono state tappe della nostra storia importanti. Ci sarebbero troppe cose da citare… troppi momenti belli.

L’anno scorso chiudesti il festival con un accorato “non molleremo mai!”, momento che anche noi che eravamo in sala vivemmo con emozione: le difficoltà legate al particolare momento economico del nostro Paese e alle congiunture locali sono state superate o tenere in piedi un evento come il FEFF rimane un'impresa quasi ciclopica?
Rimane un’impresa ciclopica che necessiterebbe di molte più risorse anche per potersi sviluppare e aprire nuovi orizzonti e prospettive. Ma per ora direi che è già un miracolo essere arrivati fino a qui e ce lo godiamo interamente questo miracolo, nonostante le difficoltà e i sacrifici, senza però smettere di sognare il futuro.

Sappiamo bene che l’impegno per organizzare un evento di tale portata occupa praticamente l’arco dell’anno intero. Potresti raccontarci come nasce e come si struttura ogni anno il tuo lavoro e quello dei tuoi collaboratori? In che modo selezionate i film e gli ospiti?
Io viaggio in Asia per circa 3 mesi l’anno, seguo le produzioni, i festival. E' molto importante coltivare le relazioni sul posto e seguire quello che succede presenti sul luogo. Nei miei viaggi sono spesso accompagnata dai consulenti del festival che vivono lì e mantengono i rapporti durante il resto dell’anno. E’ una parte fondamentale di lavoro all’interno dell’organizzazione del festival.

L’impressione quando si è a Udine è quella di vivere in una sorta di santuario per una cerchia seppur non ristrettissima di iniziati. Credi sia difficile organizzare un festival che guarda all’Estremo Oriente in un contesto nazionale in cui quel tipo di cinematografia appare ancora troppo emarginata? Hai notato in questi ultimi anni un atteggiamento diverso verso il cinema orientale?
In realtà noi abbiamo una risposta dalla città che è più che incoraggiante e soddisfacente. A Udine il Far East è un evento atteso dai cittadini e ti devo dire che questa risposta positiva c’è stata da subito, fin dai primi anni. Poi è stato difficile catturare l’attenzione nazionale - rispetto a quella del resto d’Europa più pronta  - anche a causa di un vuoto di conoscenza di queste cinematografie: non vengono distribuite in Italia e la cultura orientale in generale non fa parte del nostro quotidiano. Ma siamo convinti che tutto questo sia una ragione in più di interesse, tanto che con la Tucker Film stiamo facendo tutto quello che ci è possibile per diffondere la conoscenza di questo universo: produciamo, distribuiamo, promuoviamo... E grazie anche all’aiuto di operatori attenti che ci sostengono abbiamo già potuto vedere i cambiamenti negli anni.

Sta per partire la sedicesima edizione del FEFF. Puoi dirci quali sono stati gli obiettivi che vi siete prefissati per quest’anno e se dovremo aspettarci sorprese?
L’obiettivo, come ogni anno, è quello di mostrare al pubblico che ci segue una selezione dei migliori prodotti dell’anno rispetto ai paesi che indaghiamo. La missione è quella di far conoscere quello che gli spettatori asiatici valutano come successi in patria. Quindi ci piace mostrare i grandi blockbuster, i titoli che hanno sbancato i botteghini. Anche se non manca uno sguardo attento anche su prodotti più autoriali e i registi emergenti.

Per finire approfitto della tua straordinaria competenza cinematografica riguardo l’Oriente per chiederti una valutazione sul momento del cinema in Asia: quali sono le caratteristiche che emergono dalle varie cinematografie nazionali?
Il discorso è molto ampio, le cinematografie che presentiamo hanno caratteristiche molto differenti, situazioni socio-politiche molto diverse… Però posso dire che la grande sorpresa di quest’anno saranno le Filippine, che dopo anni in una situazione economica disperante – pensate che sono stati chiusi tutti i laboratori di stampa per le pellicole – finalmente grazie all’avvento delle tecnologie digitali mostra una ri-fioritura di produzioni. Quest’anno a Udine ne vedrete ben 6! È un record!
Poi ci sarà Hong Kong, sempre attivissima e super produttiva che oggi lotta per le proprie radici culturali, per la lingua cantonese, insomma per la propria libertà rispetto alla cultura imperante della Cina continentale. Saranno grandi star a parlarcene a Udine come la diva Sandra Ng, il popolarissimo Chapman To, il regista Pang-ho Cheung, il regista indie Fruit Chan e tanti altri…

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