Diario da Venezia 78: giorno 1
- Scritto da Davide Parpinel
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1 settembre 2021, giorno 1. La nostra avventura alla Mostra del Cinema 2021 ha preso avvio finalmente dopo settimane di attesa e confronti, studi e ricerche, indagini e preparazione. Il tempo, infatti, che intercorre tra fine luglio, quando sono presentati i concorsi, e l’inizio della Mostra, lo dedichiamo a capire cosa andremo a vedere. Vi assicuriamo che non è facile prepararsi a un mega evento di cinema come questo. Certo si può anche approdare al Lido con l’incoscienza e il disincanto di coloro che vogliono solo godersi un po’ di cinema e riempirsi gli occhi delle sue immagini. Noi, però, purtroppo apparteniamo al gruppo dei 'perfettini', a quelli che prima dell’interrogazione studiano, studiano e studiano fino allo sfinimento. Considerate, quindi, per prima cosa che il direttore Alberto Barbera e il suo comitato di selezione (che vorremmo citare perché sono loro che fanno il più del lavoro sporco, ossia guardare un numero imprecisato di film circa da fine maggio a metà luglio. Questi intrepidi eroi, denominati anche esperti del Settore Cinema sono: Paolo Bertolin, Giulia D’Agnolo Vallan, Bruno Fornara, Mauro Gervasini, Oscar Iarussi, Elena Pollacchi, Angela Maria Prudenzi, Emanuele Rauco, Michel Reilhac, Liz Rosenthal, Marina Sanna) scelgono un bel quantitativo di pellicole suddivise nelle varie categorie: Concorso, Fuori Concorso, Orizzonti, più le altre selezioni che si ripetono più o meno ciclicamente ogni anno; a queste selezioni si aggiungono le selezioni, sempre ricchi e accattivanti, della Settimana Internazionale della Critica e delle Giornate degli Autori. Capite bene, anche leggendo i nostri articoli di presentazione, che dobbiamo perciò, approfondire il lavoro di numerosi registi, a volte sconosciuti e anche se sono conosciuti, dobbiamo cercare nuove informazioni e notizie per capire cosa potremmo vedere. Insomma, il mese di agosto tra una vacanza e uno spostamento fuori città, lo trascorriamo a 'studiare' e aggiornarci, ma è un sacrificio che facciamo volentieri.
In diretta dal Lido. Detto questo, la giornata è iniziata con un sole splendente sopra al mare del Lido di Venezia. Il caldo al momento è sopportabile. Il primo atto della nostra avventura è ovviamente il ritiro dell’accredito che ci ha messo di fronte alla lunga, seppur necessaria, pratica di controllo. La cittadella, infatti, si compone di diversi punti di accesso in cui è controllata la temperatura corporea, la tessera di accredito, il Green Pass ed è effettuata una blanda perquisizione. Il certificato verde risulta l’elemento a oggi più verificato, anche più dell’accredito. Infatti nell’accedere al piano terreno del Palazzo del Casinò, luogo deputato al ritiro di quest’ultimo, questo documento è stato scansionato più volte, senza creare troppe problematiche da parte di chi vi scrive, in quanto La Biennale nelle settimane precedenti ha per bene informato i suoi accreditati che i controlli sarebbero stati frequenti e stringenti. Quindi così sia. Abbiamo notato, inoltre, nella parte di giardino adiacente al Casinò una postazione riservata a chi volesse effettuare un tampone rapido. Iniziativa apprezzabile.
Ritirata la tessera dell’accredito, in cui è stato inserito definitivamente il green pass, siamo, dunque, saliti nella sala stampa, lo splendido terzo piano del Palazzo del Casinò che come ha più volte affermato l’ex presidente de La Biennale, Paolo Baratta, è la più vasta area riservata ai giornalisti di un festival di cinema. Concordiamo e inoltre sottolineato che siamo sempre stati grandi sostenitori del suo confort e della sua luminosità anche quando abbiamo dovuto lavorare seduti su un gelido pavimento di marmo, per mancanza di posti a sedere. Per accedere in questa sala è prevista una registrazione, fatto anch’esso nuovo. Gli addetti, che si presentano ai nostri occhi bardati con giacche e sciarpe perché l’aria condizionata è gelida, registrano l’accredito e assegnano un posto a sedere a seconda delle proprie volontà e della disponibilità. Sinceramente stamattina, come anche nel primo pomeriggio, la popolazione della sala era davvero minima, forse anche perché la registrazione potrebbe risultare invadente, ipotizziamo. Non ci lamentiamo molto nemmeno di questo spazio extra. Un po’ di spazio in più per poter stare non comodi, ma almeno in una posizione accettabile con la schiena, non ci dispiace.
Altro da segnale: finalmente, e dico finalmente, sottolineandolo, dopo anni trascorsi nell’incertezza e nel pericolo sono stati ristrutturati e messi a nuovo gli ascensori del Casinò! È una grossa novità da evidenziare, perché questi elevatori erano arrivati a un livello di vetustà davvero impressionante. Ogni anno degli impavidi artigiani gli davano una mano di vernice e cercavano di coprire i fili scoperti, ma al termine della Mostra la loro anzianità riaffiorava, accentuata da inquietanti rumori e cigolii. Adesso sono nuovi, spaziosi (perché i precedenti erano minuscoli) e soprattutto con un pannello touch screen. Il nostro obiettivo è fare giri a vuoto su questi avveniristici ascensori per ore e ore… solo per provarne l’efficienza. Se, poi, erano già stati rimessi a nuovo l’anno scorso, meglio ancora. Secondo elemento da porre in evidenza: la borsetta con cui La Biennale omaggia i suoi accreditati quest’anno è sempre non eccezionale, ma almeno è un po’ più rigida, rispetto alle precedenti edizioni. Certo siamo lontanissimi dagli zainetti del Festival di Berlino o dalle borse a tracolla di Cannes, ma apprezziamo l’evoluzione.
Capitolo conferenze stampa. Oggi abbiamo seguito solo quella di presentazione con il direttore della Mostra, Barbera, il presidente de La Biennale Cicutto e seduti vicino a loro i presidenti di giuria: Uberto Pasolini per Venezia Opera Prima, Jasmila Zbanic per la sezione Orizzonti e Bong Joon-ho per il Concorso Venezia 78. Seduti poi nelle prime file gli altri membri delle giurie, come testimoniato dalla foto pubblicata sul nostro profilo Instagram. La conferenza stampa si è svolta nel solito clima di cordialità. Le domande dei giornalisti nostrani e internazionali si sono concentrate sui criteri di valutazione dei presidenti; su come Barbera abbia convinto Pedro Almodóvar a portare il suo film al Lido dopo anni di presenza a Cannes (pare che il regista spagnolo sia rimasto molto affascinato dall’accoglienza calorosa ricevuta in occasione dell’assegnazione del Leone d’oro alla carriera, oltre al fatto che i tempi di creazione di quest’ultimo film si adattavano a quelli di Venezia); stesso discorso per l’arrivo a Venezia Jane Campion e Paolo Sorrentino. A detta del direttore pare la loro presenza sia dovuta soprattutto alla produzione con Netflix che a Cannes è non ben accettato; infine vari auguri per un buon lavoro da parte di tutti. Segnaliamo solo che Bong in risposta a una domanda sul suo amore per il cinema italiano, ha detto che il direttore Barbera ha la faccia di un personaggio di un film di Fellini; lo stesso direttore ha affermato che Pasolini ha vinto con Still Life nel 2013 il premio come miglior film in Orizzonti. A noi risulta che abbia vinto il premio per la Miglior Regia e infatti il regista scuoteva il capo. Sempre Barbera a proposito del manifesto a favore del cinema firmato da tutti i direttori dei maggiori festival europei l’anno scorso alla Mostra, ha affermato che tale simposio non si è troppo sviluppato, ma si auspica che la pausa imposta ai festival dalla pandemia riduca nel corso degli anni la competizione e l’antagonismo tra questi nell’ottica di premiare tutto il cinema. Forse queste parole dovrebbero essere girate al caro Fremaux e al super programma di Cannes 2021.
Finalmente in sala. Oggi abbiamo visto anche dei film. Nella fase di studio di cui sopra, abbiamo deciso quest’anno di non considerare immediatamente alcuni film del Concorso e del Fuori Concorso perché potremmo recuperarli in sala e goderceli con la giusta attenzione. Certo ci duole un po’ il cuore non vedere i film di Pedro Almodóvar, Michel Franco, Paul Schrader e a molti altri, ma la scelta è stata di vedere quelle primizie cinematografiche che potremmo vedere solo alla Mostra. Ecco quindi che abbiamo trascorso la prima giornata a guardare (quasi tutti) i cortometraggi inseriti nel concorso di Orizzonti, come testimoniato dalle belle locandine inserite nel nostro profilo Instagram. Sono diversi e per brevità ne daremo un rapido commento, senza dividerli tra promessi e bocciati. Don’t Get Too Comfortable della regista di origine yemenita Shazam Al-Tamini è un racconto per immagini ben studiato e sempre mutevole (sembrava quasi un lavoro da Biennale Arte più che da Biennale Cinema) che pone in evidenza, attraverso la lettera di una ragazza a suo nonno, le dinamiche della diaspora e dei continui mutamenti a cui il popolo yemenita è costretto da sempre nella speranza di un presente e un futuro migliori. Techno, Mama del lituano Saulius Baradinskas incolla alla sedia. A tenere unita questa storia famigliare drammatica e sanguigna c’è appunto la musica techno che irrompe prepotente nelle orecchie degli spettatori e pone in risalto il difficile rapporto tra una madre e suo figlio e più in generale inquadra il difficile presente dei giovani lituani, costretti a vivere in una società che non li apprezza. Un’altra società, quella pakistana, integralista e conservatrice, sembra non tenere particolarmente conto della protagonista di Sandstorm diretto dalla giovane Seemab Gul. La ragazza protagonista, infatti, cerca nel web una boccata d’aria da scuola e famiglia che le impongono un determinato stile di vita. La libertà che tanto cerca, però, è davvero alla sua portata? Anche il corto basco Hold di Mikel Gurrea pone al centro della sua riflessione un’adolescente che cerca di affermarsi e di scalare i suoi problemi, imparando ad arrampicarsi. Il problema di questa idea di storia è che il regista ha voluto porre come cornice il conflitto basco che nel 2000 ebbe una notevole espressione, in maniera pretestuosa e non collegandola adeguatamente al profilo della ragazza. Cerca di uscire dalla sua contemporaneità intrisa di violenza e soprusi la ragazzina protagonista di Hair Tie, Egg, Homework Books del regista cinese Luo Runxiao. L’atmosfera è tetra, la fotografia cupa e la macchina da presa è incollata al viso immobile e allo sguardo basso della giovane Lin Yuqi, la prima della classe, ma l’ultima nell’apprezzamento da parte di chi le sta attorno. Con pochi elementi il regista identifica e ritrae i problemi di una generazione. 4 AM (Descente), invece, parla degli abusi di potere perpetrati dalla polizia francese a seguito dello stato d’emergenza dopo gli attacchi terroristici a Parigi del 2015. Mehdi Fikri gira il suo corto in un lungo piano sequenza, come fosse un unico respiro dinnanzi alle gratuite brutalità condotte dalla polizia nei confronti di innocenti cittadini. Sottogruppo animazione e simili. The Bones di Cristóbal León e Joaquin Cociña racconta una favola tetra in stop motion in cui i registi immaginano di aver trovato il primo film girato con questa tecnica, datato 1901. Il loro intento è porre in evidenza tra cadaveri e rituali, l’autorità di due figure storiche cilene da non dimenticare nell’attuale particolare momento storico di questa nazione. Fall of the Ibis King di Josh O’Caoimh e Mikai Geronimo è strana opera lirica composta di scontri, all’inizio appartenente astratti, ma poi sempre più concreti. The Boob Fair della francese Léahn Vivier-Chapas invece è un’animazione retorica in cui una bambina desidera avere un seno gigantesco come quello di sua madre e una leonessa è maltrattata dal suo domatore in un circo. Il finale è scontato e non basta la Fatina delle tette a rendere un po’ più originale tutta la narrazione. Ultimi accenni per: Il turno di Chiara Marotta e Loris Giuseppe Nese è un corto inutilmente chiassoso e sfrontato nell’aggressione sonora che consuma ai danni dello spettatore e sembra dedicarsi più alla forma che alla sostanza. Due giovani donne sono le badanti di un’anziana inferma, ma a un certo punto entrano in conflitto: perché? New Abnormal del regista thai Sorayos Prapapan è una riflessione ironica e drammaticamente divertente sull’abuso di potere del governo thailandese in occasione dell’emergenza pandemica. Infine, il corto giapponese The Last Day della regista Momi Yamashita ha un carattere intimo e personale che diviene archetipico e universale, grazie soprattutto alla volontà della regista di raggelare il contesto intorno alla coppia protagonista giunta l’ultimo giorno della loro relazione. Piccole scene, sottili inquadrature e un universo di sentimenti in cui rispecchiarsi.
Altri due cortometraggi. Abbiamo visto altri due corti inseriti nel Fuori concorso. Anche quest’anno è giunto al Lido Tsai Ming-liang, questa volta con The Night in cui il regista di Taiwan ha deciso di inquadrare Causeway Bay in una notte del 2019 alla fine della frenesia delle manifestazioni che durante il giorno l’hanno sconvolta. Una fermata dell’autobus, una tavola calda e alcuni manifesti strappate sui muri, mentre una vecchia canzone dice: “La dolce notte svicola via”. Camera fissa, semplicità e immediatezza, il tutto estremamente efficace. Null’altro da aggiungere. Sad Film di Vasili, invece, è un documentario drammatico. L’autore, celato dietro uno pseudonimo, racconta le atrocità, la mancanza di libertà, le paure e i tentativi di sopravvivenza del popolo birmano a seguito del Colpo di Stato da parte dei militari a inizio 2021. Il regista ci ricorda il dovere del cinema nel testimoniare anche questo e come, allo stesso tempo, sia l’unico motivo per un uomo di andare avanti e combattere. La scena finale è raggelante.
Ultime considerazioni. L’atmosfera al Lido, almeno per oggi, è stata strana. Abbiamo visto poco movimento lungo la cittadella, poco pubblico, nessuna schiera di accreditati e in generale un clima di stasi. Anche in sala stampa abbiamo notato pochi volti noti e poca stampa straniera se non fosse per la nutrita delegazione spagnola. Forse la pandemia porta ancora i suoi segni e molti preferiscono lavorare negli hotel e nelle loro case e giungere alla cittadella solo per guardare i film. Le barriere, poi, poste a limite del red carpet impediscono al pubblico di riunirsi in attesa dei loro divi. Ci auguriamo che da domani, il Lido e la Mostra brillino nuovamente. Intanto per oggi era importante tornare in sala e vi assicuriamo che è stato bellissimo e ci ha fatti tirare un sospiro di sollievo. Domani, infine, vi parleremo di come funziona la prenotazione dei posti in sala o come l’ha definita il direttore delle Giornate, Giorgio Gosetti, secondo una fonte certa: “La lotteria dei posti!”. Verità assoluta.
Davide Parpinel
Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.