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Venezia 79, giorno 4: cronache di cinema e non solo

Un resoconto fatto di news, rumors, eventi, volti, chiacchiere, battute, dichiarazioni e ovviamente cinema per spiegarvi bene cosa significa vivere ogni giorno la 79esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Oggi parliamo di identità e famiglia, di Paul Schrader e di un libro sulla Mostra molto bello

Nelle nostre cronache di ieri ci siamo lasciati prendere la mano nel parlare di Athena e Bones and All e non abbiamo messo in evidenza un carattere importante dei due film ossia quel valore famigliare che si sta consolidando come tema portante di Venezia 79. La famiglia del film di Gavras è in lotta, si esprime nel conflitto tra i tre fratelli in maniera così accesa e intensa che nemmeno la madre riesce a sedare e ricucire. C’è un vincolo di sangue, di amore e fratellanza che tiene uniti tutti i pezzi, ma si manifesta nel modo più sbagliato. Non migliora la famiglia descritta da Guadagnino. Per Lee e Meren, i due fragili protagonisti di Bones and All, il nucleo famigliare non esiste, anzi rappresenta il primo momento di esclusione, di emarginazione. Insomma, considerando i film finora visti, possiamo dire che la famiglia di oggi non se la passa bene!
Accanto a questo nucleo tematico di racconto del cinema lidense, oggi sul Ciak in Mostra nel suo editoriale, Cristiana Paternò pone l’accento su un altro punto di visuale per inquadrare la proposta globale di Venezia 79: l’identità. La giornalista prende spunto dal film Monica di Andrea Pallaoro, presentato oggi nel concorso, che ha per protagonista Trace Lysette, attrice transgender a cui la Paternò, potenzialmente, già pone sul capo l’alloro della Coppa Volpi. Il tema dell’identità, quindi, si palesa in Monica in quanto è “un film sull’identità di ciascuno di noi, un’identità messa alla prova dalle trasformazioni del corpo e dell’anima e dalla necessità di fare i conti con le ferite del passato, di ricucire i legami famigliari sfilacciati, Al di là del gender”, come affermato dal regista. L’analisi della Paternò sul tema, si allarga al cortometraggio della Settimana della Critica, Pinned Into a Dress di Guillaume Thomas e Gianluca Matarrese che racconta della supermodel Miss Fame costretta a incatenare il suo corpo in corsetti asfissianti per renderlo adeguato ai dettami della moda. O ancora il film Trois nuits par semaine di Florent Gouëlou, sempre della SIC, in cui nei locali notturni di Parigi, il fotografo eterosessuale Bapitiste si innamora della drag Cookie Kunty, ripensando, così, ai canoni della relazione tradizionale. La giornalista, inoltre, sul tema dell’identità cita anche Le favolose di Roberta Torre, film proiettato nelle Notti Veneziani all’interno delle Giornate degli Autori, che affronta un altro importante problema in merito all’identità ossia la sua cancellazione, per mano delle famiglie, subita da molte transgender dopo la morte che rende ancora più drammatica la vita di queste donne tempestata da compromessi e rinunce, abusi e discriminazioni. Identità e famiglia, due filoni di analisi molto vicini che si intrecciano nel percorso di Venezia 79, in risposta a chi diceva che il cinema è morto!

News dalla sala conferenze stampa. Ieri, venerdì, si è svolto un importante appuntamento di dialogo e confronto alla presenza di uno dei maggiori storici italiani del cinema, Gian Piero Brunetta (che noi conosciamo molto bene non solo perché abbiamo studiato dai suoi libri, ma anche perché abbiamo dedicato una recensione a una delle sue ultime opere, Il cinema che ho visto), del presidente Roberto Cicutto e del direttore Barbera. In questa sede è stato presentato il libro La Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia 1932-2022, scritto appunto da Brunetta ed edito da Marsilio in collaborazione con La Biennale di Venezia. Il libro è uscito attorno a giugno e noi lo abbiamo già sul comodino in corso di lettura. In 1328 pagine (prezzo 42€) lo storico racconta la nascita e la consacrazione della “Madre di tutti i festival del cinema”, come ha sottolineato l’autore, attraverso il racconto dei suoi film (il libro ne analizza 18.000), dei divi, del pubblico, del ruolo della critica, il tutto inquadrato nell’ottica dell’evoluzione del cinema e dei cambiamenti storico-culturali attraversati. Il libro, come emerso anche nella conferenza stampa, è da leggere perché non raccoglie solo dati e resoconti, ma soprattutto l’emozione di Brunetta nel riportare la storia della Mostra e tutto l’affetto che prova nei suoi confronti. 
I più mattinieri, invece, stamattina alle 9 al posto di infilarsi nel buio delle sale cinematografiche, hanno seguito nella sala conferenza stampa l’incontro dal titolo Comporre per il cinema, Masterclass Cartier Art Dialogues coordinato da Alexandre Desplat, Solrey e Andrea Morricone. I tre musicisti hanno mostrato la bellezza della colonna sonora come elemento portante, sia emotivamente che narrativamente, in un film, mostrando gli esempi più conosciuti. Nella sala, come nelle sale adiacenti, riecheggiavano le suadenti note delle colonne sonore. È stato un dolce risveglio!


Oltre che di Monicaoggi è stato anche il giorno di un altro film in concorso, All the Beauty and the Bloodshed di Laura Poitras. La regista in questo suo nuovo documentario racconta la fotografa americana Nan Goldin, presente alla conferenza stampa, attraverso diapositive, dialoghi, rari filmati e soprattutto le sue fotografie nella battaglia per ottenere il riconoscimento della responsabilità della famiglia Sackler per le morti di overdose da farmaco. Il punto di vista della Poitras non si limita a questo, ma allarga la trattazione alla sorella Barbara morta suicida, ai genitori poco inclini a dimostrarle affetto, e alle amicizie. La regista ha affermato che il suo documentario è un “processo organico, attorno a un’artista che ha usato la sua influenza artistica per raccontare i fallimenti della società”. Ciò è avvenuto, spiega il documentario, prima con Witnesses Against Our Vanishing, mostra del 1989 sul tema dell’AIDS e ora con P.A.I.N., il gruppo fondato dalla Goldin per indurre il Met a rifiutare i fondi Sackler che ha guadagnato moltissimi soldi producendo l’ossicodone di cui conoscevano gli effetti di dipendenza assoluta. Nel fare ciò la Goldin si è svelata con la Poitras in interviste molto personali, fino a toccare corde dolorose e significative per la sua esistenza. 

Basta, ora si parla di Schrader! Il sabato di Venezia 79 è dedicato soprattutto a Paul Schrader. Oggi, infatti, è stato presentato fuori concorso il suo nuovo film, Master Gardener interpretato da Joel EdgertonSigourney WeaverQuintessa Swindell. In serata, inoltre, il nostro Schrader ha ricevuto il Leone d’oro alla carriera. Per chi conosce il cinema, per chi ha amato il cinema della New Hollywood questo premio allo sceneggiatore e regista americano arriva un po’ tardi, perché Schrader è stato per troppi anni accantonato dalla scena internazionale del cinema, messo in disparte, nonostante sia un profondo intellettuale, un grande conoscitore di letteratura, soprattutto europea, e colui il quale ha definito al meglio confini e pregi dell’uomo contemporaneo. Con le sue indagini sull’animo umano, con i suoi racconti dell’uomo peccatore, distratto e corrotto dalla società capitalista contemporanea, in particolare quella americana, costretto a discendere all’inferno per poi tornare alla luce delle stelle grazie a un profondo viaggio di espiazione e sacrificio, ha inquadrato i limiti dell’essere umano, come nessun pensatore ha mai fatto negli ultimi cinquant’anni. Pertanto, grazie Paul perché con te e per te noi amiamo il cinema e la sua ontologica capacità di mostrare il bello e il dannato; perché con ogni tuo film capiamo qualcosa in più sull’uomo; perché grazie a te sappiamo riconoscere i nostri difetti e vergognarci della nostra pessima natura che però solo noi possiamo migliorare. Queste parole rappresentano il nostro personale tributo a questo unico pensatore e autore di cinema.

Per quanto riguarda Master Gardener, il film funziona e si guarda con piacere. Lo schema narrativo è quello consolidatoche il regista ha utilizzato a partire da Taxi Driver fino a First Reformed Il giocatore di carte: un uomo dal passato traumatico si pente di ciò che ha fatto e cerca la sua redenzione attraverso il sostegno di una figura più giovane. In questo caso il peccatore è un giardiniere, Narvel Roth (Joel Edgerton) che insegna il mestiere e i trucchi del giardinaggio a Maya (Quintessa Swindell) sbandata e giovane nipote della proprietaria della villa in cui lavora (Sigourney Weaver). Ovviamente il passato dell’uomo è presente e piano piano emerge, mettendo in discussione il rapporto con entrambe le donne, soprattutto con la ragazza. Il protagonista, quindi, la aiuta a fuggire dai suoi fantasmi, la tossicodipendenza, e nel frattempo prende coscienza di se stesso e capisce che deve affrontare ciò che è stato, fino alla liberazione finale. Master Gardener al contrario dei film precedenti del vecchio regista, nel finale riesce a essere maggiormente ottimista e meno sentenzioso. Forse perché, come lui stesso ha affermato, negli ultimi anni Schrader ha avuto maggiore libertà espressiva nello scrivere e girare le sue idee; forse perché sta invecchiando e quindi diventando più buono; o forse perché, ed è la motivazione più probabile, il regista si è lui stesso emancipato dal suo pessimismo, che ci ha regalato capolavori come Taxi DriverToro scatenato o L’ultima tentazione di Cristo, per citarne alcuni, per rivolgersi a pensieri più fiduciosi nei confronti dell’uomo. Il linguaggio, poi, è sempre il medesimo: fotografia cupa, interni claustrofobici e poco curati, dialoghi scarni e taglienti, e personaggi che si mettono in ginocchio per esprimere il proprio pentimento. Master Gardener è esattamente come te lo aspetti e, come tutti gli altri film scritti o diretti da Schrader, instilla in chi guarda un seme del dubbio sull’uomo, proprio come un giardiniere pianta i semi nella terra. Domani, domenica, il regista condurrà una Masterclass di cui vi relazioneremo ogni singolo dettaglio.

Prenditi il tuo meritatissimo Leone d’oro alla carriera, caro Paul Schrader, e grazie per il tuo cinema.

A domani, cari nostri lettori! 


Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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