Extra festival ed eventi: speciali, interviste e approfondimenti

Ti trovi qui:HomeFestival ed eventiExtra festivalVenezia 79, giorno 2: cronache di cinema e non solo

Venezia 79, giorno 2: cronache di cinema e non solo

Un resoconto fatto di news, rumors, eventi, volti, chiacchiere, battute, dichiarazioni e ovviamente cinema per spiegarvi bene cosa significa vivere ogni giorno la 79esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Oggi parliamo di famiglia, di Lars von Trier, dell’uomo Kei Ishikawa e di grandi dormite in sala

La famiglia per Venezia 79. Nonostante sia solo il secondo giorno di proiezioni, c’è già un tema che si può imporre come fil rouge trasversale alle selezioni: la famiglia con le sue dinamiche contemporanee, più di forza che di solidarietà soprattutto nei rapporti di coppia. Ciò è posto in evidenza anche da Fabio Ferzetti nel suo editoriale su Ciak in Mostra, il quotidiano dei giorni della Mostra. Ferzetti parla di “un trionfo di famiglie esplose o ricucite alla meglio, di identità di genere rimesse in discussione, di padri obesi che tentano di riconciliarsi con la figlia adolescente o di ex-mogli che riappaiono con erede problematico al seguito mandando a rotoli il nuovo ménage del padre”. La considerazione del giornalista si basa su tutti i film del concorso perché indirettamente cita The Whale di Aronofsky e The Son di Zeller, ancora da vedere. Comunque, se dovessimo guardare al particolare di questi primi due giorni, questo tema famigliare, tinteggiato di dramma, è già solido.
Un esempio l’ha fornito Noah Baubamch che con White Noise traduce il pensiero di Don DeLillo a riguardo, in maniera ironica, angosciante e sarcastica, come si confà al suo cinema; sullo schermo, infatti, si vede in che modo una famiglia americana degli anni Ottanta decide di relazionarsi con i più semplici conflitti della vita quotidiana, fino a raggiungere i grandi interrogativi, i massimi sistemi. La famiglia è anche al centro di Banu di Tahmina Rafaella, film della Biennale College, che abbiamo visto oggi. Qui la famiglia si sta sfaldando, i genitori si stanno separando, e in mezzo a questo conflitto a fuoco c’è un bambino, potenzialmente strumentalizzato da uno dei genitori, che ha soltanto un forte desiderio di affetto. La regista pone sullo sfondo il secondo conflitto nel Nagorno Karabakh che infuria lontano da Baku per raccontare una storia di una donna azera che si vuole imporre contro una società maschile, conducendo la sua battaglia parallelamente alla liberazione dei territori azeri. Sotto queste vicende, a parere nostro, il film non è mai banale, ma è ancora un po’ immaturo, perché Tahmina Rafaella non riesce a collegare adeguatamente la cornice della guerra alla storia famigliare. Anche Blue Jean, film delle Giornate degli Autori, visto ieri parla indirettamente di famiglia, di quella che le coppie omosessuali vorrebbero avere e che non possono creare nel contesto del film o anche delle famiglie che non accettano tali scelte. I giorni prossimi della Mostra ci diranno se questa riflessione sulla famiglia, come anticipato da Ferzetti, si consoliderà oppure svanirà per lasciare il posto ad altro.

Per la serie, chi si rivede! Kei Ishikawa. Torniamo a vedere alla Mostra del Cinema Kei Ishikawa, che abbiamo già incontrato a Venezia 73 nel 2016 con la sua opera prima Gukôroku - Traces of Sin presentato in Orizzonti. All’epoca avevamo avuto anche il piacere di intervistarlo perché il film ci aveva impressionato per la maturità registica e per come sbatteva in faccia la meschinità dell'uomo e l’ipocrisia sociale in una struttura di genere molto originale. A Venezia 79 Ishikawa, che abbiamo trovato uguale nell’aspetto e sempre accompagnato dal suo genuino sorriso largo, porta Aru otoko - A Man, inserito sempre in Orizzonti, incentrato sulla ricerca dell’identità, sulle storie personali, sulle vicende umane e sugli intrecci che il regista orchestra attraverso una storia famigliare (altro tassello che compone il nostro puzzle tematico!). Il punto di vista del giovane regista su questo argomento è che le famiglie non siano unite solo da legami di sangue soprattutto nella contemporaneità. Il nucleo famigliare di Aru otoko - A Man è molto spezzettato, frammentario, ma riesce, comunque, a trovare una sua armonia interna. Raccontando, infatti, di un ragazzo più legato al suo patrigno che al padre biologico, completamente assente, a tal punto da sentirne la mancanza anche quando si scopre la sua non identità, Ishikawa strizza l’occhio a Kore-eda non solo per l’indagine sui rapporti umani, ma anche per la fredda e acuta ricerca che un avvocato conduce per scoprire la verità su questo misterioso uomo. In questi tratti, il film ricorda Il terzo omicidio, film diretto sempre da Kore-eda e presentato alla Mostra del Cinema 2017. Il nostro Kei Ishikawa (ci permettiamo di usare l’aggettivo “nostro”) non si smentisce e anzi rilancia con un’idea di cinema ben chiara e precisa, nonostante i pochi film all’attivo e la giovane età. Sala Darsena piena ad accogliere Ishikawa e gli attori Satoshi Tsumabuki Masataka Kubota e scroscianti applausi al termine della proiezione. Ci siamo goduti la visione del film, se non fosse che durante tutte le due ore abbiamo avuto di fianco uno spettatore che ha pensato bene di addormentarsi alla seconda scena e risvegliarsi esattamente a dieci secondi dai titoli di coda. Durante tutta la proiezione ha dormito, ogni tanto di muoveva per mettersi comoda, appoggiandosi quasi all’altro suo vicino di posto, e soprattutto russato. Ha russato talmente tanto che gli spettatori seduti due file più sotto si giravano a guardarlo! Nessuno di noi, però, ha osato risvegliare il suo placido sonno. Chissà che sognava…

La voce della sala stampa. Più che dalla sala stampa, dove non si fanno vedere più i fotografi (sono spariti?) e dove si sente solo il rumore dei tasti dei pc, qui raccogliamo alcune dichiarazioni provenienti dalla sala delle conferenze stampa. Lars von Trier non è venuto a Venezia, ma in occasione della conferenza stampa de The Kingdom-Exodus, la sua serie tv presentata fuori concorso, si è mostrato via Zoom. Il regista danese ha, innanzitutto, rassicurato sulle sue condizioni di salute in quanto affetto dal morbo di Parkinson, affermando: “Sto bene, direi, a parte questo tremore che è difficile da combattere. Ma mi sento meglio, un po’ più stupido di quanto fossi in passato, e questo dice molto”. Poi in riferimento alla serie tv, ha affermato che ha preso ispirazione dai film di Bergman e dai suoi personaggi. Bodil Jørgensen, la sonnambula Karen, invece, ha affermato che Riget Exodus è qualcosa di straordinario, è come un poema lunghissimo, un luogo meraviglioso dove raccontare storie in cui rimangono vivi gli spiriti dei personaggi. Guardarlo è un’esperienza spirituale.
Oggi è stato anche il giorno di Bardo, falsa crónica de unas cuantas verdades di Alejandro G. Iñárritu che ritorna a girare in Messico dopo ventidue anni da Amores perros. Questo ultimo lavoro è un film sul Messico, raccontato attraverso gli occhi di Silverio GamaDaniel Giménez Cacho, un noto giornalista e documentarista messicano che vive a Los Angeles, costretto a tornare nel suo paese natale per ritirare un prestigioso premio. Il viaggio da lui compiuto oltre che fisico è soprattutto esistenziale, composto di ricordi, di paure, stupore, meraviglia e forti emozioni. A riguardo Iñárritu ha dichiarato che Bardo è stato fatto con tutto il suo cuore prima che con la testa e non c’è nulla di autobiografico in realtà, ma solo un viaggio emotivo molto forte. Questa parole ci rievocano le dichiarazioni di Alfonso Cuaron quando al Lido portò Roma. Anche Iñárritu è destinato a ripercorrere il successo del suo compatriota, nonché amico?

Ultime dichiarazioni (ma proprio ultime). Con grande gioia per il nostro osso sacro le poltroncine della Sala Giardino sono state cambiate e ora si possono definire tali. Finalmente un po’ di imbottitura e una struttura meno rigida e confortevole ci accoglie. Ancora oggi riportiamo i segni delle più di tre ora trascorse su un un castigo di sedia a guardare la versione rimontata di Tree of Life di Terrence Malick. Quanto male ci faceva la schiena!
Altra questione. L’affaire biglietti si sta complicando sempre più. Le soluzioni adottate da La Biennale per ovviare ai palesi problemi, stanno rendendo la questione sempre più insostenibile e non comprensibile: posti per proiezioni che appaiono e scompaiono magicamente. Chi c‘ha capito niente! Comunque a tal riguardo abbiamo assistito a un animato confronto in sala, prima della visione di Aru otoko - A Man, tra due accreditati Cinema (quelli verdi) che si lamentavano del sistema di prenotazione. A chiusura del discorso polemico e tinteggiato da un linguaggio poco “artistico”, uno di loro ha detto: “Se c’è la pelle di qualcuno da prendere, io sono pronto!” A La Biennale sono avvisati!

A domani! Scriveteci per qualsiasi dubbio o domanda!


Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.

Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi avere maggiori informazioni, leggi la Cookies policy.