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Venezia Classici 2022, uno sguardo al programma

Il grande cinema del passato che torna a risplendere. Uno sguardo a Venezia Classici, la sezione che propone i migliori restauri realizzati recentemente da cineteche, istituzioni culturali e produzioni di tutto il mondo. In programma film di maestri e titoli da (ri)scoprire

A un grande festival caratterizzato da anteprime, come la Mostra del Cinema di Venezia, si va ovviamente per scoprire nuovi film. Essere colpiti, si spera, da qualche opera capace di lasciare il segno. Non di rado, però, a fine proiezione ci si pente di essere entrati in sala per aver perso del tempo per un lungometraggio anonimo se non brutto. Per evitare brutte sorprese anche al Lido c’è una soluzione: rifugiarsi nei titoli della sezione Venezia Classici. Capolavori del passato da ammirare, restaurati, su grande schermo. Anche l’edizione 2022 presenta un cartellone interessantissimo se almeno ogni tanto si vuole lasciare la strada nuova per quella vecchia. Sempre la più sicura. Con una selezione dei migliori restauri realizzati recentemente da cineteche, istituzioni culturali e produzioni di tutto il mondo. Nata nel 2012, la sezione Venezia Classici torna nell’ambito della Mostra del Cinema dopo che nei due anni precedenti, a causa della pandemia, era stata ospitata a Bologna dal festival Il cinema ritrovato e nel centro storico di Venezia.

Grandi film italiani. Come sempre uno spazio importante è riservato al cinema nostrano, con titoli che servono anche a celebrare ricorrenze significative come il centenario della nascita di grandi registi e interpreti. Tra questi Pier Paolo Pasolini con il restauro di Teorema che fu presentato proprio alla Mostra di Venezia, nel 1968, portando il premio per la miglior interpretazione femminile a Laura Betti. Nati entrambi un secolo fa anche due dei moschettieri del cinema italiano: Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi protagonisti, quarantenni e a quarant’anni esatti della presa fascista della Capitale, del film La marcia su Roma di Dino Risi. Tognazzi è presente inoltre in un altro titolo della selezione, La voglia matta. Titolo quest’ultimo che permette di celebrare anche il centenario della nascita del regista Luciano Salce, spesso sottovalutato, e di ricordare Catherine Spaak, scomparsa di recente, nel film sempre del 1962 che lanciò la sua carriera. Altro omaggio, scontato quanto giusto, è quello a Monica Vitti che ci ha lasciato pochi mesi fa. Una delle più grandi attrici italiane di sempre, celebrata nell’occasione con un lungometraggio abbastanza dimenticato all’interno della sua straordinaria filmografia: Teresa la ladra diretto nel 1973 da Carlo Di Palma.

Resto d’Europa e America. Tra le altre cinematografie europee rappresentate c’è quella francese con due autori che sono pezzi da novanta, a cominciare da Le Patron del cinema transalpino: Jean Renoir con Le strane licenze del caporale Dupont, uno degli ultimi film che ha diretto. Realizzato agli inizi degli anni Sessanta è spesso accostato al suo capolavoro assoluto, La grande illusione, per l’ambientazione, un campo di prigionia durante la guerra, e la storia di evasione. L’altro francese è Jean Eustache con Mes petites amoureuses, film del 1974 d’ispirazione autobiografica (come il precedente e suo lavoro più noto La maman et la putain) dove racconta l’infanzia e l’adolescenza. Dall’Inghilterra arriva una delle opere di Peter Greenaway più affascinanti e influenzate dalla pittura, I misteri del giardino di Compton House di cui si festeggia il quarantennale dall’uscita, mentre dall’Europa orientale L’orecchio di Karel Kachyna (Cecoslovacchia, 1969) e Fratello di Bakhtyar Khudojnazarov (URSS, 1991). Una coproduzione Olanda e Germania è invece il titolo che forse meno ti aspetti di trovare nella selezione: l’erotico Therese and Isabelle, diretto da Radley Metzger nel 1968, proveniente dalla personale collezione di b-movie di Nicolas Winding Refn. Per quanto riguarda l’America, sono quattro i film che sventolano la bandiera a stelle e strisce. Della prima metà degli anni Trenta Cavalcata di Frank Lloyd, all’epoca pluripremiato all’Oscar, e l’horror The Black Cat di di Edgar G. Ulmer. Dell’immediato secondo dopoguerra è I conquistatori, uno dei western firmati da Jacques Tourneur. Un film della sezione è stato inoltre scelto per la serata di pre-apertura: Stella Dallas, un classico del cinema muto diretto da Henry King nel 1925.

Capolavori asiatici. Importante numericamente e notevolissima per gli autori dei film è la presenza di lungometraggi asiatici. Ben tre sono giapponesi, diretti da alcuni dei più grandi maestri del cinema nipponico. A partire da Yasujiro Ozu, con un lavoro da riscoprire anche perché per certi versi atipico rispetto alla sua filmografia più nota: Una gallina nel vento, realizzato nel 1948 (poco prima dell’evoluzione finale del suo cinema sancita con Tarda primavera). Con un salto temporale di una ventina d’anni si va a Seijun Suzuki, con il suo film simbolo La farfalla sul mirino, e Shohei Imamura del quale viene proposto restaurato Il profondo desiderio degli dei. Il giro del continente asiatico tocca anche l’India, con il grande Satyajit Ray e il suo I giocatori di scacchi del 1977, e Taiwan, con A Confucian Confusion diretto nel 1994 da Edward Yang. Un film che paga il confronto con i maggiori capolavori del regista, ma pur sempre di un autore unico nella capacità di immergere lo spettatore nel suo mondo cinematografico.

Documentari sul cinema. Pur se discutile come concetto, anche per Venezia Classici esiste una giuria. Chiamata ad assegnare il premio per il miglior film restaurato. A comporla un gruppo di studenti delle università italiane, con presidente Giulio Base. Giuria che dovrà premiare anche il miglior documentario sul cinema presentato all’interno della sezione. Accanto ai classici restaurati trova infatti posto una serie di nuovi film di approfondimento su registi, opere e figure del mondo del cinema. Questi i titoli: Ragtag di Giuseppe Boccassini, una specie di grande blob di immagini di film noir come lo ha definito Alberto Barbera durante la presentazione del programma della Mostra; Desperate Souls, Dark City and the Legend of Midnight Cowboy di Nancy Buirski, sul film Un uomo da marciapiede di John Schlesinger; Fragment of Paradise di K.D. Davison, omaggio a Jonas Mekas; Franco Zeffirelli, conformista ribelle di Anselma Dell’Olio; Jerry Schatzberg, portrait paysage di Pierre Filmon; Godard Seul le Cinéma di Cyril Leuthy; The Ghost of Richard Harris di Adrian Sibley; Bonnie di Simon Wallon, sulla casting director Bonnie Timmermann; Sergio Leone – L’italiano che inventò l’America di Francesco Zippel.


Fabio Canessa

Viaggio continuamente nel tempo e nello spazio per placare un'irresistibile sete di film.  Con la voglia di raccontare qualche tappa di questo dolce naufragar nel mare della settima arte.

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