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Joaquin Phoenix: “Gli Oscar? Ca**ate”

Una immagine di Joaquin Phoenix in The MasterA Joaquin Phoenix i premi non piacciono. Lo ha ammesso candidamente al microfono di Elvis Mitchell, definendo gli Oscar e tutte le altre onorificenze cinematografici come “ca**ate”. 

Eppure il tormentato Joaquin di premi ne ha abbastanza da riempirci una casa intera. Il suo ultimo film The Master, dove interpreta un ex soldato in crisi d’identità, gli ha fatto vincere il premio come miglior attore alla recente Mostra del Cinema di Venezia. E come se non bastasse la sua performance è stata acclamata come la migliore di sempre. La nomination agli Oscar come miglior attore non protagonista è quasi scontata.
E proprio a tal proposito Phoenix non le manda a dire “Penso sia una ca**ata. E’ una ca**ata totale e non voglio prenderne parte. Non ci credo. E’ un contentino, dopo le bastonate ti offrono una carota, ma è la carota con il peggior gusto possibile. Non la voglio questa carota. E’ totalmente soggettivo. Mettere le persone contro le altre… è la cosa più stupida possibile al mondo”. Il ragazzo ha le idee chiare, non c’è che dire.
Eppure J.P. è stato nominato all’Oscar già due volte, la prima per il ruolo di Commodo nel Gladiatore e la seconda per l’interpretazione di Johnny Cash in Walk the Line.
Ma ovviamente non ci trova niente di bello: “E’ stato il periodo peggiore della mia vita quando Walk the Line ha vinto tutti quei premi e robaccia varia. Non voglio vivere un’esperienza simile, mai più”. Poi forse resosi conto di averla sparata grossa (mettersi contro il sistema Hollywood può costare la perdita di parecchi ruoli e quindi di soldi) ha rettificato parzialmente dichiarando: “Non so bene come spiegarlo. Diciamo che non sono a mio agio con questa parte del mio lavoro”.
Spirito anticonformista e controcorrente, Joaquin Phoenix si dimostra ancora una volta come un personaggio mai banale. Ma saranno sincere le sue affermazioni oppure si tratta di una trovata per far continuare a parlare di sé? Alla fine la prima legge dello showbiz recita proprio questo: nel bene o nel male purché che se ne parli.
 
 
 
 

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