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Vitriol

Una immagine tratta da VitriolDi carne al fuoco ce n'è tanta: decisamente troppa. Vitriol si presenta allo spettatore come un'accozzaglia di idee poco chiare già dalla sua definizione volutamente confusa di mockumentary, ossia un falso documentario

Napoli, giorni nostri: Lola Verdis, studentessa universitaria laureanda in architettura, decide di imbarcamenarsi in una tesi di laurea sulle correlazioni che sussistono tra costruzioni e simbologia massonica presenti negli edifici di Napoli. Grazie all'uso di una handycam e di un amico esperto dell'argomento, Lola troverà un oggetto fuori dal comune che la porterà ad una concatenazione di scoperte su un antico ordine esoterico la cui cultura è occultata da tempo: l'Ordine Osirideo Egizio.
Di carne al fuoco ce n'è tanta: decisamente troppa. Vitriol si presenta allo spettatore come un'accozzaglia di idee poco chiare già dalla sua definizione volutamente confusa di mockumentary, ossia un falso documentario.
Il giovanissimo regista Francesco Afro De Falco, qui alla sua opera prima, ci tiene a dar luce proprio a questa scelta, che vede correlarsi più piani linguistici, dove si passa in continuazione dalle riprese handycam a normali piano sequenza secondo la troupe "sapientemente incastrati".
Purtroppo il risultato non è quello sperato: l'errore, se così lo si vuol chiamare, non è da collegarsi al low-budget, ma ad una vera e propria spocchia un po' dispotica che ha portato gli ideatori del film a pensare di poter mettere in gioco troppa narrazione.
Indiscutibile però l'importanza che rappresenta un esperimento del genere, che arriva a mostrare sul grande schermo il lavoro di uno staff di giovanissimi, tutti under trenta, il cui intento primario dopo tutto risiedeva nel mostrare una realtà napoletana che fosse diversa da quella della 'monnezza': e ci sta, è lodevole. Tuttavia la mission intrinseca non basta a salvare un pastrocchio di plot che getta continua benzina sul fuoco, ma che non riesce a farlo ardere. Alchimia, Massoneria, storia napoletana, dramma e amore, mixati in modo poco sapiente da attori (ripetiamolo però: molto giovani) che non riescono a supportarne veridicità e tensione.

Vitriol tocca tanti, troppi argomenti, per poi affondare in un finale semi-aperto che sfiora il ridicolo (il paragone inevitabile con l'ultimo capitolo di Indiana Jones, palesato in modo incosciente) e sembra urlare "facciamo di questo una mini-serie per la tv". Ed effettivamente se lo si vede come tale, è allora che il film assume una valenza più coerente, un perfetto piccolo prodotto studiato per un qualche canale tematico o come serie ad episodi in stile mystery (come poteva essere il serial Il Tredicesimo Apostolo).
Ma per il grande schermo, decisamente, non è ancora il momento.
 

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